L’anno che sta per concludersi ha visto nascere la diciottesima Legislatura.
Alla vigilia del voto avevo parlato di una pagina bianca su cui gli elettori avrebbero scritto con le loro scelte.
Sulla base dei risultati delle elezioni del 4 marzo, si è aperto, in Parlamento, un difficile confronto tra le forze politiche per dare un governo al Paese.
In quelle settimane, segnate dall’acuirsi di tensioni internazionali in aree non lontane dall’Italia e caratterizzate da forti instabilità dei mercati, occorreva ricercare una soluzione che, attraverso un’assunzione di responsabilità, non rendesse vano il voto espresso dai cittadini.
Individuare, in modo trasparente e lineare, una maggioranza parlamentare per dar vita a un governo è stato, istituzionalmente, lo scopo delle lunghe consultazioni.
La Legislatura ha preso le mosse sulla base di un accordo tra le due forze politiche disponibili a dar vita all’unica maggioranza parlamentare che si era rivelata possibile.
Rivolgo ai componenti del Governo, al Presidente del Consiglio, ai Vice Presidenti, ai Ministri, ai Sottosegretari, un ringraziamento; e un augurio affinché ciascuno possa adempiere il proprio mandato secondo quel che richiede la nostra Costituzione a chi svolge pubbliche funzioni, accompagnando l’adempimento dei propri compiti con il rispetto dei limiti del potere che la nostra Carta indica a chi è chiamato a esercitarlo.
Sono doveri che riguardano ciascuno di noi. Riguardano tutte le donne e gli uomini – a partire dal Presidente della Repubblica – che hanno il privilegio di servire le istituzioni e, attraverso di esse, dare il loro contributo alla realizzazione del bene del Paese.
La nostra vita politica si impernia su Parlamento e Governo. Accanto ad essi la Costituzione prevede modi e forme di partecipazione attiva del tessuto sociale.
Abbiamo ricordato, quest’anno, il settantesimo anniversario dell’entrata in vigore della nostra Carta.
Vi sono alcuni valori di fondo che ne costituiscono l’ossatura e la chiave di lettura.
Uno di questi valori è il pluralismo, che sostiene l’intero impianto della Costituzione, in conseguenza della scelta di porre la persona – ogni persona – al centro dell’azione dello Stato in tutte le sue articolazioni.
Pluralismo nell’assetto dell’ordine istituzionale che presenta organi con diverse fonti di legittimazione e che svolgono funzioni differenti in modo autonomo e indipendente.
Pluralismo nell’assetto della società civile, nel cui ambito sorgono e si affermano formazioni autonome di diversa natura e, tra queste quelle delle rappresentanze sociali: in queste formazioni, nel rispetto dei principi democratici, si manifesta l’esercizio di diritti inviolabili dei cittadini.
Pluralismo nel dovere di assoluto rispetto della libertà dell’arte e della scienza; dell’autonomia delle università e delle altre realtà attraverso cui si esprimono.
Pluralismo nella libertà riconosciuta al mondo dell’informazione e alle molteplici voci che ne costituiscono espressione; da salvaguardare perché rappresentano un presidio irrinunciabile dello Stato democratico
Pluralismo nella libera iniziativa economica che garantisce solidità, innovazione e ulteriore sviluppo al tessuto imprenditoriale che fa, tra l’altro, dell’Italia il secondo Paese manifatturiero d’Europa.
Le autorità di governo hanno compiti di definizione dell’orizzonte progettuale e dei relativi indirizzi politici, per perseguire gli interessi generali della collettività, al contempo riconoscendo e promuovendo l’esercizio delle libertà assicurate alle formazioni sociali, alle rappresentanze, agli enti intermedi, all’associazionismo, in dialogo costante con questi soggetti. Vi sono spazi e realtà per le quali l’autonomia costituisce garanzia di libertà, con benefici per tutti i cittadini.
Le organizzazioni della società civile, per parte loro, devono essere sempre consapevoli della loro corresponsabilità nel perseguire gli interessi generali; e del contributo che sono chiamate a dare alla crescita civile, sociale, economica e culturale del Paese. In questo si esprime la responsabilità repubblicana che grava su ciascuno.
Tutta l’Europa è attraversata da profondi processi di trasformazione, che mutano velocemente equilibri tradizionali. Cambiano soggetti politici. Si modificano i rapporti tra istituzioni e opinioni pubbliche. Emergono nuove questioni.
Le grandi tematiche del nostro tempo – dall’immigrazione, al cambiamento climatico, a una nuova domanda di sicurezza sociale, al contrasto al terrorismo e alla criminalità – sfidano la politica a dare risposte adeguate.
Pur tra evidenti difficoltà va evitato il rischio di un cortocircuito tra l’urgenza di fornire risposte veloci, sollecitate dall’emotività che disorientamento e comprensibili timori provocano nella pubblica opinione, e la necessità di tempi più lunghi, necessari alla definizione di soluzioni efficaci, durature e sostenibili.
Tutte le leadership del Continente ne sono interrogate.
Naturalmente ogni Paese ha la sua storia, la sua specificità. Eppure, se si alza lo sguardo dal particolare e si prova ad avere una visione di insieme, ci si accorge che, in Europa, i grandi problemi sono gli stessi e le dinamiche sociali si somigliano. Così come si somigliano i nostri popoli. In particolare le nuove generazioni, abituate a viaggiare, a confrontarsi, a scambiare conoscenze, culture, stili di vita, abitudini.
L’Europa di cui si parla troppo poco è quella radicata nelle attese dei nostri giovani, nel loro modo di pensare, di vivere, di guardare al futuro.
Non è un caso se i più recenti dati di Eurobarometro dicono che è forte il sentimento europeista nei paesi dell’Unione. Anche in Italia questo sentimento è solido. Risulta anzi essersi rafforzato. E questo al di là di ogni possibile critica, talvolta fondata, al funzionamento dell’Unione.
In Italia, non viene posta realmente in dubbio in maniera significativa la scelta europea ma questo non è sufficiente. L’Italia è un Paese fondatore dell’Unione europea e deve svolgere al suo interno un ruolo da protagonista.
Vi è una tendenza, risalente nel tempo, diffusa in tutta l’Unione, a osservarla, e a giudicarne i comportamenti, come se si trattasse di un soggetto estraneo. L’Europa non è un “vincolo esterno” ma piuttosto un moltiplicatore della nostra influenza internazionale, della nostra capacità di espansione economica e commerciale, oltre che della preziosa libertà di movimento, particolarmente per i nostri giovani.
Ho valutato molto positivamente, anche per questa ragione, la scelta del Governo di avviare un dialogo costruttivo con la Commissione europea – che ha agito con spirito collaborativo – sulla manovra di bilancio per giungere a soluzioni condivise, raggiunte in questi giorni.
Vi è una ragione in più per impegnarsi nel rilancio della costruzione Europea in quanto l’affermazione a livello internazionale dei valori e dei diritti alla base dell’Unione europea, ampiamente coincidenti con quelli delle Costituzioni nazionali, non appare affatto scontata.
Una recente ricerca ha presentato l’immagine di un’Italia delusa e incattivita, preda della paura.
L’animo, lo spirito che gli italiani hanno sempre nutrito e tradotto in pratica non è quello dell’ostilità, del pregiudizio, dell’intolleranza. Purtroppo dobbiamo registrarne diversi episodi.
Sulla strada di questi sentimenti negativi si andrebbe, inevitabilmente, verso una contrapposizione crescente e sempre più frammentata tra gruppi, tra territori, tra soggetti, tra singole persone. Una condizione che tradurrebbe la convivenza in un insieme di solitudini: nazionale, di gruppi, di singole persone.
Ricercare coesione nel tessuto sociale – nel bel tessuto sociale -costituisce una necessità, oltre che un dovere, per le istituzioni.
Il contrasto degli interessi e la competizione delle idee non devono spingersi fino a generare ostilità, delegittimazione, intolleranza perché la democrazia non teme la diversità – al contrario, ne ha bisogno – ma va sempre coltivato e difeso il senso del futuro comune.
È necessario contrastare la tendenza alla disgregazione, al ripiegamento su se stessi che si manifestano diffusamente in ambito interno e in ambito internazionale.
Anche per questo, in una fase di rallentamento dell’economia, il lavoro resta, come sempre, la priorità dell’impegno pubblico. Il tasso di occupazione è inferiore alla media europea, e particolarmente penalizzati sono il lavoro femminile e quello dei giovani.
Vi sono rischi di marginalità per diverse componenti sociali e territoriali. Occorre intervenire per sanare le fratture sociali, a partire da quella che minaccia le giovani generazioni e a quella che si registra tra il Nord e il Sud del Paese.
Fa riflettere la circostanza che oggi i giovani dai 15 ai 34 anni sono poco più del 20% della popolazione complessiva e che solo in dieci anni questa quota è scesa del 9%. E’ doveroso pensare al futuro e non limitare il nostro sguardo al presente.
In Italia in questo anno sono accaduti alcuni eventi tragici che richiedono una attenta riflessione e l’assunzione di responsabilità e di impegni collettivi. Avvertiamo tutti come incancellabile il ricordo dei ripetuti eventi alluvionali a partire da quello del Parco del Pollìno, del crollo del ponte Morandi a Genova, della discoteca di Corinaldo; delle morti, intollerabili e ingiustificabili, che quegli eventi hanno provocato.
Il ponte di Genova è oggi una grande questione nazionale: dalla sua ricostruzione dipende un collegamento vitale per la città e anche una parte della nostra credibilità internazionale.
La sicurezza delle infrastrutture, come dei territori, è fattore cruciale della qualità della vita e dei diritti personali. Lo ripetiamo ogni qualvolta siamo colpiti da eventi particolarmente gravi ma dobbiamo essere consapevoli che non sono sempre frutto del caso ma, troppo spesso, di comportamenti gravemente lesivi.
Mentre riconosciamo questi limiti, tuttora presenti nella nostra organizzazione sociale, e mentre assumiamo la responsabilità comune di alzare gli standard della sicurezza civile, dobbiamo manifestare gratitudine ai Vigili del Fuoco, a tutti i Servizi e i Corpi dello Stato che operano a protezione delle nostre comunità, alle associazioni di volontariato. La loro professionalità, la loro dedizione, la loro qualità è tale che l’Italia ne ha sempre tratto benefici davvero grandi.
Un pensiero riconoscente e un augurio alle nostre Forze di Polizia, impegnate in tutto il territorio nazionale, a contrastare la criminalità e il terrorismo; a garantire, anche a prezzo di sacrifici personali, la legalità e la tranquillità dei nostri cittadini.
E ai nostri Servizi di informazione e sicurezza per la loro preziosa opera di vigilanza.
Un ringraziamento va alle Forze armate, apprezzate in tutto il mondo per la presenza nei contesti di crisi e per le attività, nel Mediterraneo, di contrasto ai trafficanti di esseri umani e di salvataggio di persone in pericolo. Costituiscono un vanto per il nostro Paese.
Così come i tanti volontari che recano, in luoghi difficili, impegno e solidarietà, come la giovane Silvia Romano che speriamo di rivedere presto in Italia.
Desidero, inoltre, inviare il mio saluto e il mio apprezzamento attraverso i vertici delle istituzioni e delle diverse articolazioni dello Stato, qui presenti, a tutte le donne e gli uomini che, a ogni livello, giorno per giorno, con il loro impegno e il loro lavoro, consentono il buon funzionamento della macchina pubblica.
A tutti voi, e a tutti coloro che qui rappresentate – dal Quirinale, casa di tutti gli italiani – il mio ringraziamento e il mio augurio.
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Intervento Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla cerimonia per lo scambio degli auguri di fine anno con i Rappresentanti delle Istituzioni, delle Forze Politiche e della Società Civile