Il fermento ormai dichiaratamente preelettorale tradisce al di là delle problematiche interne delle diverse fazioni – peraltro anch’esse sintomo di una strutturale incoerenza – timori ed incertezze di non chiara identificabilità e preannuncia scenari futuri sfuggenti ed improbabili.
Negli anni ormai lunghi dal dopoguerra, Il Paese ha dovuto assistere a lotte ed a confronti in qualche momento anche aspri ed apparentemente irrisolvibili, ma oggi affronta un problema in qualche misura inedito e al tempo stesso non nuovo per chi abbia da sempre saputo osservare. Quello di una concreta e ormai evidente, grave, dispersione culturale.
Nell’ultimo decennio, molti commentatori hanno cominciato ad analizzare il fenomeno senza mai pervenire all’individuazione delle sue cause, probabilmente perché – a seconda dei casi o della collocazione politica – vittime di una inconfessabile resipiscenza. Oppure vittime di quella totale cecità che a volte appare connotare proprio quei pensatori, i quali ritengono che le responsabilità della storia siano sempre di altri e mai proprie.
Il quadro sociale, politico e rivelatore di quella dispersione culturale, si è via via manifestato nel tempo attraverso una sistematica (e al momento irreversibile) distruzione del valore dell’essere umano, soprattutto nei suoi profili di cosciente partecipazione alla vita collettiva.
In proposito va detto che in una visione filosoficamente condivisa di capacità intellettive originarie non necessariamente di altissimo livello (comunemente riscontrabili in tutti i bambini, fin dalla più tenera età) l’incontro con adulti consapevoli ed impegnati per una loro crescita relazionale e formativa diventa decisivo, affinché ciò li possa rendere soggetti e protagonisti della propria esistenza.
Senza perdersi nelle antiche e luminose radici di quella visione, ma semplicemente analizzando la piccola, significativa fase della Storia che ha visto partecipi gli adulti contemporanei, è possibile proporre alcuni spunti di riflessione.
In diversa misura e incisività, i movimenti culturali, rivoluzionari o anche solo riformisti, che hanno investito tutto l’Occidente dagli anni ’60 in poi, hanno certamente segnato in ciascuno di noi una grande svolta nel modo di essere persona e cittadino. Ed essi erano espressione di una forte esigenza di rinnovamento anche, ma forse soprattutto, nei metodi e nei riferimenti formativi.
Quella imponente spinta è stata tuttavia tradita da una consapevole scelta politica, e non – come si sarebbe voluto e forse potuto – nella direzione di un ampliamento degli spazi di affermazione di sé, ma nella attuazione di un appiattimento inesorabile degli intelletti secondo logiche di massificazione. Logiche che si sono rivelate ben più efficaci di quelle precedenti. Aggiungerei: vibratamente, quanto retoricamente e sterilmente, denunciate come dominanti.
Ne è derivata, infatti, una progressiva destrutturazione dell’essere umano come soggetto identitario, regolatore dei propri impulsi ed artefice di una concezione di sé stesso quale protagonista e responsabile della propria vita, così come di quella degli altri, in una visione interrelazionale e solidale dei rapporti, prima con i genitori, poi con la scuola nella sua interezza e, quindi, con la società.
A cosa si assiste, dunque?
Alla presa di coscienza , tutt’ora solo embrionale, di una diffusa, capillare, incapacità di interlocuzione democratica, ad un macroscopico vuoto di contenuti ideologici o anche vagamente propositivi, ad una sostanziale assenza di una ordinaria affettività, o anche soltanto riflessività, capace di contenere e risolvere i conflitti. Ed ancora: ad una evidente tendenza, in entrambi i casi perniciosa, a semplificazioni o drammatizzazioni del tutto sproporzionate e senza alcuna aderenza con la realtà, ad una proposizione di sé priva del benché minimo profilo di autocritica o ad una supina accettazione dell’altro senza alcuno spazio di critica ragionata.
Di fronte a tutto questo sembrano esserci solo smarrimento e, come logicamente correlabile a quel quadro formativo che tutto e tutti ha permeato, incapacità di riparazione del danno.
Non molti anni fa ha circolato nelle sale cinematografiche un film, americano, se non sbaglio intitolato “Trash”, che vedeva il risveglio dall’ibernazione di due persone che si ritrovavano in un mondo futuro fatto – solo – di montagne di spazzatura con masse di persone volgarmente vocianti e profondamente ignoranti, genericamente e pericolosamente le une contro le altre, comandate da un unico capo violento, arrogante e, se possibile, ancora più ignorante.
Sarà questo anche il nostro futuro?
CATIA SUMMARIA.
MAGISTRATO.
Nominata uditore giudiziario con DM 13.5.1980, dopo lo svolgimento del prescritto tirocinio, con il conferimento delle funzioni giurisdizionali, destinata al Tribunale di Brindisi – Sezione Penale dal settembre 1981 ai primi mesi del 1983, a partire dai quali, e fino al gennaio 1985, collocata fuori ruolo presso il Ministero di Grazia e Giustizia, essendo quindi trasferita, a domanda, alla Pretura di Roma, sez. Lavoro.
Dal 24.10.1989 Sostituto Procuratore presso la Procura Circondariale di Roma e quindi, dal 2 Gennaio 2000 al 13 giugno 2011, presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Roma. Dal 14 giugno 2011 al 19 marzo 2017 in servizio quale Sostituto Procuratore Generale presso la Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Roma.
L’attività presso la Procura Circondariale di Roma comprendeva l’assegnazione ai gruppi specializzati della tutela del lavoro, delle colpe professionali e dell’ambiente e, quindi, a seguito della fusione della Procura Circondariale con quella presso il Tribunale, anche a quelli dell’Edilizia ed Urbanistica, dei Reati contro la Famiglia, della Libertà Sessuale, della Tutela Patrimonio Artistico, dei Reati contro la Pubblica Amministrazione e dell’Esecuzione.
L’attività requirente presso la Corte di Appello comprendeva, infine, il coordinamento del gruppo “Esecuzione”, nonchè la trattazione di tutti gli affari relativi all’Autogoverno e delle materie specializzate minorile, civile, rapporti internazionali e misure di prevenzione.
Componente della Giunta Distrettuale A.N.M. per circa otto anni e del Consiglio Giudiziario di Roma per quattro anni; affidatario e coordinatore degli Uditori.
Pubblicazione di sentenze e di articoli, attività di insegnamento, partecipazione a convegni scientifici, apporti organizzativi in tutti gli uffici di destinazione.
Durante il servizio svolto presso il Ministero di Grazia e Giustizia, componente di una commissione istituita presso il Ministero della Sanità per la riforma delle allora UU.SS.LL. nell’ambito delle iniziative promosse a margine delle attività del Tribunale dei Diritti del Malato.
Componente della Commissione di esame per il concorso di Avvocato e di quella per il Concorso per l’iscrizione all’Ordine dei Giornalisti.
Da ultimo componente della Commissione di studio per la riforma dell’Ordinamento Giudiziario – Pres. Michele Vietti – istituita dal Ministro della Giustizia con D.M. 31.08.2015.