domenica, 24 Novembre 2024

BOMBARDATI DAI SOCIAL, COSÌ SI PERDE L’IDENTITÀ INDIVIDUALE

NICLA PANCIERA (LA STAMPA)

Precipizio verso la stupidità o nuovo umanesimo? La rete e i social network non rallentano e guadagnano sempre più terreno e il mondo digitale è una frequentazione quotidiana per molti italiani, spesso scarsamente connessi con quanto li circonda.

Bombardati senza sosta da stimoli ipnotici provenienti da quell’universo parallelo, la nostra attenzione è parziale ma continuamente sollecitata e soffriamo di una crescente incapacità di concentrazione. Interferenze e interruzioni che ci fanno incamerare stress a dosi sempre più elevate. A preoccupare di più è però l’impatto delle nuove tecnologie sull’identità personale, sulla concezione di sé e sulle relazioni interpersonali.

Lungi dall’essere semplici strumenti, infatti, i nuovi media sono il nostro habitat naturale, forze evolutive a tutti gli effetti che influenzano il nostro essere, danno forma alle nostre identità personali e ci forniscono strumenti interpretativi al pari del buon vecchio mondo «là fuori». Tanto che anche gli psicoanalisti hanno iniziato interrogarsi su come questi cambiamenti influiscano sui loro pazienti e sull’attività terapeutica. Di questo si è parlato al congresso «La psicanalisi al tempo della rete: identità soggetto e cura tra illimitate connessioni e ritiri narcisistici», organizzato dal Centro Milanese di Psicoanalisi Cesare Musatti.

«L’identità si crea nel negoziato tra il soggetto e gli altri. L’impatto con i social media, al contrario, ci costringe a confrontarci con un’identità diffusa e sparsa: possiamo quindi essere trascinati o sedotti dall’idea di essere quello che di solito non siamo o che non ci autorizziamo a essere», spiega Mario Perini, del Centro Torinese di Psicoanalisi e docente dell’Università di Torino. «È come una sorta di gigantesco gioco di ruolo, dove però il sovraccarico nel flusso di informazioni è tale che svanisce la capacità di distinguere che cosa è vero da che cosa non lo è, che cosa siamo da che cosa mostriamo di essere».

Dopotutto, realtà naturale e realtà artificiale, offline e online, tendono a sovrapporsi, diventando indistinguibili. Per alcuni studiosi questo pone un problema di autenticità. «Nella vita gli altri sono lo specchio di quello che siamo. Ma online siamo esposti contemporaneamente a più livelli di identità: quello che siamo, quello che pensiamo di essere (la soggettività), quello che gli altri pensano di noi (la reputazione) – spiega Perini – Accade così che nel web agiamo come gli psicotici, che cambiano sé stessi sulla base delle loro paure. Anche noi possiamo dire bugie e credervi profondamente. E in questo meccanismo, si badi bene, non c’è nulla di manipolativo o intenzionalmente ingannatorio».

Due sono, secondo lo psichiatra, i gruppi più vulnerabili: bambini e adolescenti, la cui identità è in fase di sviluppo e consolidamento, e i quarantenni-cinquantenni, non nativi digitali, che spesso mancano di spirito critico. La soluzione per navigare senza affogare? «Nessuna luddistica battaglia contro l’innovazione. Occorre diffondere una cultura digitale sana, sostenibile e consapevole. Questo è l’obiettivo dell’associazione torinese Sloweb, nata per promuovere l’uso responsabile degli strumenti informatici, del web e delle applicazioni Internet». Perché, secondo gli psicoanalisti, il cyberspazio non è un pericolo. L’analfabetismo e l’immaturità sono la vera minaccia.

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