giovedì, 28 Novembre 2024

Brasile, il giorno dopo

Emiliano Guanella [ ISPI Istituto per gli Studi di Politica Internazionale ]

L’ultimo scacco delle frange più estreme del bolsonarismo è arrivato al cuore dei palazzi del potere a Brasilia, un oltraggio che è anche un monito gravissimo per il governo del neo-presidente Lula da Silva. 

La tensione era nell’aria, soprattutto dopo i primi sgomberi ordinati dal governo Lula dei picchetti di manifestanti di estrema destra davanti alle caserme. Presidi che erano stati allestiti il giorno dopo le elezioni di fine ottobre e che avevano due parole d’ordine, rifiutare il responso delle urne a causa di infondate accuse di brogli e chiedere un intervento militare tout court, un golpe per impedire alla sinistra di tornare al potere.

Per il neo-ministro della giustizia Flavio Dino quei presidi hanno rappresentato un pericolo per l’ordine democratico, ma non si è fatto in tempo a smobilitarli completamente che è scattata la protesta che ha portato all’invasione dei palazzi dei tre poteri: Parlamento, Corte Suprema e Planalto, l’ufficio del presidente.

Le similitudini con Capital Hill sono ragionevoli, ma bisogna tener conto anche di alcune profonde differenze. A Washington le forze di sicurezza furono sì sorprese dall’irruenza dei manifestanti, ma poi agirono con celerità. A Brasilia c’è stata una connivente inazione della polizia, che in molti casi è rimasta a guardare mentre i manifestanti si facevano strada verso i centri del potere. Alcuni agenti si sono addirittura fatti selfie con i sostenitori di Bolsonaro.

Per questo una delle prime reazioni ufficiali è stata la sospensione per 90 giorni dall’incarico del governatore della capitale, Ibaneis Rocha, alleato di Bolsonaro. Il provvedimento è stato deciso dalla Corte Suprema, istituzione presa di mira dagli ultras bolsonaristi e da tempo in rotta di collisione con l’ex presidente.

Il sacco di Brasilia non ha avuto conseguenze più gravi perché è successo in una domenica in piena estate quando i palazzi erano vuoti: il Congresso riprende le sue attività solo a febbraio. Ma l’attacco è comunque gravissimo soprattutto perché ha dimostrato quanto poco ci si possa fidare delle forze di polizie locali, che rischiano di diventare una spina nel fianco per il governo Lula.

In Brasile le polizie militari dipendono dai governatori dei singoli stati, molti dei quali sono retti da alleati di Bolsonaro. Da tempo tra gli agenti vi sono molti simpatizzanti del leader di destra. In caso di un non-intervento della polizia, qualsiasi manifestazione ha le potenzialità per destabilizzare l’ordine pubblico e, come si è visto, per colpire al centro del potere di Brasilia.

Se agli occhi dell’opinione pubblica lo sfregio dei Palazzi è sembrato eccesivo e fuori luogo, la minoranza violenta e rumorosa ha dimostrato di essere pronta a tutto pur di rendere difficile la vita al governo di sinistra. Lula intende creare una Forza Nazionale a lui fedele e per farlo dovrà attingere alle polizie degli stati del Nordest, a lui vicini, e agli elementi meno “sospetti” tra gli agenti della polizia federale. Non sarà un compito facile e nel frattempo rimane il rischio di nuovi disordini.

Bolsonaro ha timidamente condannato la presa dei palazzi, ma di fatto è il motore ed ispiratore di quei gruppi sui social media, soprattutto Telegram e Tik Tok, che incitano alla ribellione. Quello che è successo dimostra anche la fragilità delle capacità governative di intelligence preventiva, che non sono state in grado di prevedere e bloccare le manifestazioni a Brasilia.

Sul tavolo delle urgenze di Lula ci sono sicuramente le questioni economiche e di politica sociale, la ridefinizione della rete di alleanze internazionali e il mantenimento dei fragili equilibri con gli alleati di centro nel Parlamento. Tuttavia, per poter affrontare queste questioni, è necessario in primis assicurare la pace sociale e la sicurezza interna.

Se le istituzioni sono sotto attacco è difficile che procedano su altri dossier che non siano la messa in sicurezza della democrazia, sebbene le politiche che necessiterebbero di essere affrontate siano molte. Lula questo lo sa benissimo, ma dopo quello che è accaduto per un po’ di tempo nessuno a Brasilia potrà dormire sonni tranquilli.

Emiliano Guanella

[ ISPI Istituto per gli Studi di Politica Internazionale ]