Due mesi dopo le elezioni del 4 marzo le trattative per formare una maggioranza in Parlamento sono ferme e da quaranta giorni l’Italia ha un Governo in carica solo “per il disbrigo degli affari correnti”. È questa la formula usata dal comunicato del Quirinale il 24 marzo quando il presidente delle Repubblica ha accettato le dimissioni del presidente del Consiglio dei ministri Paolo Gentiloni invitandolo a restare in carica, appunto, “per il disbrigo degli affari correnti”.
Da allora il Governo si è riunito sei volte, mantenendo il ritmo di circa cinque convocazioni al mese tenuto da quando è entrato in carica a metà dicembre del 2016.
L’ultima riunione è stata il 26 aprile quando ha approvato il Def, Documento di economia e finanza, cioè l’atto che dovrebbe indirizzare la politica economica del Paese. Il Governo però ha chiarito che “in ragione dell’attuale momento di transizione” il provvedimento non contempla alcun impegno per il futuro, bensì si limita alla descrizione dell’evoluzione economico-finanziaria internazionale, all’aggiornamento delle previsioni macroeconomiche per l’Italia e del quadro di finanza pubblica tendenziale che ne consegue”. In sostanza, è stata scelta una interpretazione restrittiva del concetto di ordinaria amministrazione, evitando ogni decisione politica.
Due giorni prima, il 24 aprile, il Consiglio dei ministri si è riunito unicamente per decidere, su proposta del ministro dell’Interno Marco Minniti, di concedere la cittadinanza italiana ad Alfie Evans, il bambino inglese affetto da una malattia incurabile morto pochi giorni dopo, per favorire il suo trasferimento in Italia.
Nelle altre riunioni sono stati adottati vari provvedimenti, compreso lo scioglimento di Consigli comunali per infiltrazioni della malavita, alcune nomine, l’approvazione di modifiche a decreti legislativi, cioè leggi fatte dal Governo ma con un preciso mandato del Parlamento.
Non esiste una legge che indichi che cosa un Governo dimissionario può fare e neppure una definizione unica di cosa includano gli affari correnti o, come viene detto più spesso, l’ordinaria amministrazione. I manuali di diritto costituzionale indicano che certamente si tratta della attività strettamente necessaria per continuare a far funzionare l’amministrazione pubblica. Ma anche dell’attuazione di ciò che è stato già deciso dal Parlamento, come nel caso dei decreti legislativi. E sicuramente di ciò che può essere reso necessario dall’urgenza, come provvedimenti per una calamità naturale o per lo scoppio di una guerra.Tutto ciò che va oltre questo limite non è comunque illegittimo.
Dagli affari correnti restano quasi certamente escluse due delle principali attività dell’esecutivo.
La prima è la proposta di leggi al Parlamento. Infatti le Camere che dovrebbero poi approvare queste leggi dopo le elezioni hanno ora una composizione molto diversa da quella che ha garantito una maggioranza a Paolo Gentiloni. Secondo una statistica pubblicata dall’osservatorio Openpolis , però, in Italia otto leggi su dieci derivano da proposte nate all’interno del Governo e non in Parlamento.
La seconda attività è l’approvazione di decreti leggi, cioè provvedimenti decisi dal Governo e che hanno valore di legge, ma che devono essere poi approvati dal Parlamento entro 60 giorni. Sempre secondo le statistiche di Openpolis gli ultimi governi (escluso quello Gentiloni) hanno adottato in media due decreti legge al mese