martedì, 26 Novembre 2024

CHI È JUAN GUAIDÓ, L’AUTOPROCLAMATO PRESIDENTE DEL VENEZUELA

Internazionale

Il 23 gennaio 2019, durante la manifestazione antigovernativa convocata dall’opposizione a Caracas e in altre città del Venezuela, Juan Guaidó, 35 anni e da pochi giorni presidente del parlamento, si è autoproclamato presidente ad interim del paese. L’obiettivo: guidare la transizione democratica fino alla convocazione di nuove elezioni.

La reazione del governo di Nicolás Maduro, che il 10 gennaio si è insediato per un secondo mandato presidenziale, non si è fatta aspettare. Secondo il presidente socialista, le dichiarazioni di Guaidó sono un colpo di stato organizzato dagli Stati Uniti. Maduro ha immediatamente rotto le relazioni diplomatiche con Washington dando ai diplomatici statunitensi 72 ore di tempo per lasciare il Venezuela. Nel frattempo il presidente americano Donald Trump ha riconosciuto Guaidó come legittimo presidente, e non è stato il solo: i governi di Argentina, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Ecuador, Paraguay e Perù, insieme all’Organizzazione degli stati americani, hanno dato il loro appoggio al leader dell’opposizione. Solo il Messico, la Bolivia e Cuba hanno ribadito il loro sostegno al governo di Maduro.

Mentre una parte della popolazione, colpita dall’inflazione e dalla fame, è favorevole a un cambio di governo, un’altra parte dei venezuelani sostiene ancora Maduro. Rispetto alle proteste del passato, questa volta Caracas dovrà fare i conti con la presa di posizione della comunità internazionale. Molto probabilmente il futuro prossimo del paese, che oggi si è risvegliato con due governi, dipenderà dalle forze armate, se decideranno di rimanere leali al governo socialista o meno.

Ecco il profilo di Juan Guaidó, pubblicato il 18 gennaio nel numero 1290 di Internazionale.

L’OPPOSIZIONE VENEZUELANA HA UN VOLTO NUOVO
di Sylvia Colombo, Folha de S.Paulo, Brasile

Il 13 gennaio 2019 il nuovo presidente del parlamento venezuelano Juan Guaidó è stato trattenuto per circa un’ora dagli agenti del Sebin, il servizio d’intelligence del governo socialista di Nicolás Maduro. Guaidó è stato prelevato con la forza dall’auto su cui viaggiava. La prima a diffondere la notizia dell’arresto è stata la moglie del parlamentare, Fabiana Rosales, che era con lui.

Il ministro della comunicazione e dell’informazione, Jorge Rodríguez Gómez, ha subito dichiarato che l’arresto di Guaidó è stato irregolare e che è avvenuto senza l’approvazione dei vertici del governo. Rodríguez Gómez ha precisato che i funzionari responsabili dell’arresto “saranno sollevati dall’incarico e sottoposti a severi provvedimenti disciplinari”. Dopo la liberazione, Guaidó ha partecipato a un comizio nello stato di Vargas, dove ha mostrato alle telecamere i segni che aveva sui polsi: “Hanno cercato di ammanettarmi, ma non gliel’ho permesso. Sono il presidente dell’assemblea nazionale”, ha detto. Ha anche ribadito quello che aveva detto l’11 gennaio, cioè l’intenzione di assumere le funzioni di presidente ad interim al posto di Maduro. Riguardo alle parole del ministro della comunicazione, Guaidó ha dichiarato: “Se i funzionari hanno agito per conto proprio, allora Maduro non controlla più le forze armate”. In realtà da ottobre il Sebin dipende direttamente dall’esecutivo.

Guaidó, alla guida di un parlamento controllato dall’opposizione, si è autoproclamato presidente ad interim il giorno dopo che Maduro ha cominciato il suo secondo mandato presidenziale. Si è detto disposto a mantenere l’incarico fino a nuove elezioni e ha convocato una grande manifestazione per il 23 gennaio. La sua dichiarazione ha ricevuto il sostegno di alcuni governi stranieri – tra cui Brasile e Stati Uniti – e dell’opposizione venezuelana, che considera illegittimo il risultato delle elezioni presidenziali del 20 maggio 2018.

Il Messico si dissocia
Tuttavia il parlamento di Caracas non ha la forza politica per imporsi su Maduro. Dal 2017, infatti, i suoi poteri sono stati trasferiti all’assemblea costituente, eletta a luglio di quell’anno e controllata dal governo.

Henrique Capriles, candidato dell’opposizione alle elezioni presidenziali del 2013, ha criticato l’arresto di Guaidó sui social network, come María Corina Machado, un’altra leader dell’opposizione: “Il sequestro del presidente dell’assemblea nazionale e presidente legittimo del Venezuela è responsabilità diretta di Maduro. Il collasso sta accelerando”, ha scritto.

Guaidó, 35 anni, è un esponente del partito Voluntad popular, lo stesso di Leopoldo López, agli arresti domiciliari dal 2017. I rappresentanti dei governi del gruppo di Lima, creato nel 2017 da vari paesi latinoamericani per affrontare la grave crisi in Venezuela, hanno scritto in una nota: “Argentina, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Guatemala, Guyana, Honduras, Panamá, Paraguay, Perù e Santa Lucía condannano la detenzione arbitraria del presidente del parlamento Juan Guaidó; esprimono il loro netto rifiuto verso qualsiasi azione che minacci l’integrità fisica dei deputati dell’assemblea nazionale venezuelana, delle loro famiglie e dei loro collaboratori, e verso ogni tipo di pressione o coercizione che impedisca l’esercizio delle competenze del parlamento come organo costituzionale e legittimamente eletto”. Il presidente messicano di centrosinistra, Andrés Manuel López Obrador, si è dissociato dal comunicato del gruppo di Lima, che non ha riconosciuto la legittimità del mandato di Maduro.

A Washington il consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton ha accusato il Sebin di essere controllato dal governo cubano e ha dichiarato che “gli atti d’intimidazione” della polizia segreta di Maduro “sono un grave attacco allo stato di diritto in Venezuela”. Anche il segretario generale dell’Organizzazione degli stati americani, Luis Almagro, ha criticato l’arresto di Guaidó.

(Traduzione di Francesca Rossetti)

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