
“Chiunque tenti di bullizzarci, costringerci e renderci schiavi si scontrerà contro una Grande Muraglia di acciaio”: in occasione dei cento anni dalla fondazione del Partito comunista cinese, il Presidente cinese Xi Jinping – che ricopre soprattutto il ruolo di Segretario Generale del Partito – ha pronunciato un discorso dai toni nazionalistici, in cui ha ribadito che l’era della Cina “macellata e vittima di bullismo è finita per sempre”, un’eco dell’emancipazione dal ‘Secolo dell’Umiliazione Nazionale’. In una piazza Tiananmen gremita da una folla di oltre 70mila persone, nel corso di celebrazioni trionfalistiche, salve di cannone, acrobazie aeree e parate a cadenza marziale, il presidente ha salutato il “nuovo mondo” creato da Pechino, ricordando che “solo il socialismo salverà la Cina e solo il socialismo con caratteristiche cinesi può sviluppare la Cina”. In quello che molti hanno letto come un riferimento agli Stati Uniti, Xi ha aggiunto che “non abbiamo intenzione di sopportare prediche ipocrite” e ha ribadito l’impegno “inderogabile” per la riunificazione con Taiwan, mentre per Hong Kong e Macau “dovremmo implementare il principio ‘un paese, due sistemi”. Fondato il 23 luglio del 1921, il Partito comunista cinese ha programmato i festeggiamenti per il centenario dalla fondazione nei minimi dettagli, promuovendo un’immagine vincente del paese sotto la sua gestione ed esaltando i risultati raggiunti, compresi gli sforzi messi in campo contro il Covid-19 e il raggiungimento della “società moderatamente prospera” uno degli obiettivi promossi da Xi dopo la sua ascesa al potere nel 2012 nell’ambito del ‘China Dream’, ovvero il programma che aspira a trasformare la Cina in un paese “socialista moderno ricco, forte, democratico, civile e armonioso” entro il 2049, centesimo anniversario della fondazione della Repubblica popolare cinese. Xi nuovo grande timoniere? Il leader più potente della Cina moderna dai tempi di Mao Zedong, 68 anni, è apparso alla folla festante con indosso un completo grigio chiaro molto simile a quello indossato dal fondatore del Partito nel famoso ritratto esposto su un lato di Piazza Tiananmen. Un simbolismo che non è passato inosservato. Nel suo discorso di circa un’ora, ha elogiato più volte la Cina e il partito – intese come due entità indissolubilmente legate – per “il nuovo mondo” che hanno creato, che non vede più la nazione povera e sottomessa, e che non sarebbe potuto nascere senza il Partito. Quindi ha affermato che un paese forte deve avere un esercito forte. Per questo, ha aggiunto, il partito deve mantenere la “leadership assoluta” sull’esercito, che deve essere cresciuto ed elevato “a standard di livello mondiale”. Riferimenti che, secondo alcuni, alimenterebbero il timore di un’escalation militare soprattutto se coniugati alle parole su Taiwan, verso cui Xi ha ribadito la volontà di Pechino di ripristinare la “sovranità nazionale e l’integrità territoriale”. Le tensioni internazionali intorno all’isola sarebbero confermate dalla notizia – riportata ieri dal Financial Times – secondo cui gli Stati Uniti e il Giappone hanno condotto esercitazioni militari congiunte nel Mar Cinese Meridionale, tra crescenti preoccupazioni per l’attività assertiva dell’esercito cinese e nell’eventualità di un ipotetico scontro con Pechino. ![]() Hong Kong non festeggia? Se nelle ultime ore piazza Tiananmen si apprestava a celebrare, a Hong Kong l’atmosfera era decisamente meno festosa. Oggi, infatti, ricorre anche il 24esimo anniversario dell’handover, il passaggio dell’ex colonia britannica alla Cina, una data solitamente commemorata con manifestazioni di massa contro Pechino. Per questo il governo del Porto Profumato ha dispiegato migliaia di poliziotti nel tentativo di impedire il ripetersi delle proteste, in un giorno doppiamente simbolico, poiché segna anche un anno e un giorno dall’entrata in vigore della legge sulla sicurezza nazionale, che le autorità sono accusate di sfruttare per reprimere il dissenso. “Pur salvaguardando la sicurezza nazionale, i residenti continuano a godere della libertà di parola, della libertà di stampa, della libertà di riunione e di manifestazione e di altri secondo la legge”, ha affermato in un discorso il vice amministratore delegato John Lee, numero due dell’esecutivo della città. Nelle ultime ore, la polizia di Hong Kong ha isolato Victoria Park citando le leggi sull’ordine pubblico e, come nel 2020, anche quest’anno la tipica marcia del 1 luglio è stata vietata – ufficialmente – per precauzione contro il Covid-19. “La misura di polizia più efficace è prevenire le cose che potrebbero accadere piuttosto che affrontarle dopo che sono accadute”, ha detto un portavoce della polizia. IL DOSSIER The Chinese Communist Party at 100 a cura di Giulia Sciorati Sulla strada giusta? Pur riconoscendo i numerosi successi del partito, inclusa la regia di un miracolo economico che ha trasformato la Cina in una potenza globale in pochi decenni, non si possono non notare alcune tendenze preoccupanti. Sotto la presidenza di Xi Jinping, il partito ha stravolto le norme sulla successione presidenziale, ha progressivamente represso la discussione interna in favore di una centralizzazione dei meccanismi decisionali, e ha osservato il formarsi di crescenti divari di ricchezza all’interno della società. In Cina, il numero di nascite lo scorso anno è sceso al livello più basso dal 1961, generando timori per il mantenimento della produttività e della crescita a ritmi sostenuti. L’impennata dei prezzi degli immobili, l’aumento del debito e l’aumento della concorrenza per le scuole e i posti di lavoro “stanno spingendo i giovani a perdere speranze nel ‘sogno cinese’ di Xi” osserva Bloomberg, per cui, nonostante l’isolazionismo crescente e le controversie internazionali, “il partito si preoccupa più delle sfide che provengono dall’interno che dall’esterno”. Da qui l’importanza di sugellare il legame simbiotico tra il Partito e i cittadini. Xi lo ha detto chiaramente: “Qualsiasi tentativo di dividere il partito dal popolo cinese è destinato a fallire”. IL COMMENTO Di Giulia Sciorati, ISPI Associate Research Fellow e Assegnista di ricerca, Università di Trento “Il Centenario incorona il PCC come il Partito Comunista più longevo (e più grande) del mondo. Il Partito Comunista dell’Unione Sovietica cadde infatti dopo ‘soli’ 88 anni, mentre i partiti di Cuba e Vietnam – quattro anni più giovani del PCC – non possono neanche lontanamente competere con la centralità acquisita dalla Cina a livello internazionale, come recentemente sostenuto da Minxin Pei. La longevità da record del PCC si è quindi trasformata in una fonte aggiuntiva di forza”. Leggi l’approfondimento |
ISPI – Istituto per gli Studi di Politica Internazionale