L’attuale Presidente cinese Xi Jinping potrebbe diventare Presidente a vita. Solo 5 membri del Congresso su quasi 3.000 hanno votato l’11 marzo 2018 contro l’emendamento alla Costituzione proposto da Xi, secondo il quale l’incarico del Presidente, e del vice-Presidente, non sarà più limitato a due mandati. Xi potrebbe quindi essere rieletto (e quasi certamente lo sarà), allo scadere del suo secondo mandato nel 2022, per un terzo mandato e oltre. La modifica costituzionale rappresenta una netta rottura con la Cina degli ultimi trent’anni, in cui i leader del paese hanno spinto per una minor centralizzazione politica e un maggior dialogo all’interno del partito. Secondo diversi osservatori, questa svolta rievoca lo spettro della deriva personalistica di Mao Zedong. Come si è arrivati a questo punto? Quali sono le ragioni che hanno spinto Xi Jinping a proporre la rimozione dei termini di mandato? Cosa cambierà per la Cina e nelle le sue relazioni con il resto del mondo?
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COME SI È “TORNATI”
ALLA PRESIDENZA A VITA? |
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Il limite di due mandati per la carica di Presidente e vice-Presidente della Repubblica, abolito ieri con il voto del Congresso, venne introdotto nella Costituzione cinese nel 1982 da Deng Xiaoping, allora Segretario del Partito. Il limite aveva lo scopo di impedire il ripetersi dell’accentramento di potereverificatosi durante i tempi di Mao Zedong (1949-1976), caratterizzati dal culto della personalità e dalla one-man rule autocratica. L’introduzione nel sistema governativo di una cultura di successione della leadership era volto proprio a evitare che i leader potessero replicare l’esperienza di Mao. Questo limite valeva solo per il Presidente/Capo di Governo, una figura quasi marginale in un paese comunista in cui il Segretario Generale del Partito e il Capo delle Forze Armate non solo erano di gran lunga più influenti, ma non avevano limiti temporali al loro mandato. In seguito ai tragici eventi di piazza Tienanmen (1989) e ai dissapori che questi fecero emergere tra “leadership governativa” e “leadership partitica”, nel 1993 venne introdotta una modifica costituzionale secondo cui la presidenza della nazione venne attribuita al Segretario Generale del Partito Comunista, che era anche Capo delle Forze Militari. Il vincolo della durata dei due mandati, che fino ad allora si applicava solo alla presidenza, ora diveniva quindi una consuetudine (non una norma vera e propria) estesa anche al Segretario Generale del Partito e al Capo delle Forze Armate. Fu così che, da Hu Jintao (2002-2012) in avanti, il Presidente uscente lasciava anche gli altri due incarichi. Tuttavia, con l’elezione di Xi Jinping nel 2012, è iniziata una fase di inversione di questa “politica di contenimento” del potere in capo a una sola persona. |
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COME SI È FATTO STRADA XI JINPING? |
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Nei suoi primi cinque anni di mandato (2012-2017) Xi Jinping si è mosso in modo rapido e risoluto per rafforzare la sua posizione di leader. Attraverso un processo di graduale esclusione delle voci e dei funzionari meno allineati, Xi è riuscito in poco tempo a preparare un contesto politico e istituzionale che gli ha permesso di gettare le basi per attuare le modifiche costituzionali, in particolare con tre azioni chiave: 1) la limitazione del ruolo del premier Li Keqiang, oscurato e formalmente privato del potere di dare un indirizzo economico al paese, invertendo quindi la traiettoria di governo “a quattro mani” che invece aveva precedentemente caratterizzato la collaborazione tra il Presidente Hu Jintao e il Premier Wen Jiabao; 2) una campagna anti-corruzione che ha messo fuori gioco vari oppositori politici; 3) l’aggiunta formale del “pensiero di Xi” (cioè il suo contributo politico-teorico al partito e alla nazione) nei documenti cardine del paese: lo statuto del partito e la costituzione. Il contributo ideologico dei leader è uno strumento di potere e sinonimo di forza, attraverso cui il leader esprime la sua visione politica, economica e militare per la direzione del paese. |
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Tra i principali obiettivi che il Presidente si è prefissato assumendo la guida del paese vi sono: riforme economiche interne, modernizzazione delle forze armate ed espansione dell’influenza geopolitica cinese a livello regionale e globale. Per realizzare appieno questi obiettivi, Xi ha pensato di rafforzare – e soprattutto prolungare – il proprio ruolo di leader nel paese. Innanzitutto, infatti, allo stato attuale il piano delle riforme economiche da lui inaugurato all’interno del “Made in China 2025” (liberalizzazione del mercato interno, riforma delle imprese di stato, lotta alla povertà e creazione di una classe media) è ancora in fase di sviluppo. Anche per quanto riguarda il settore militare, l’obiettivo di Xi Jinping è quello di avviare un vasto programma di riorganizzazione e modernizzazione dell’Esercito Popolare di Liberazione, creando una fortissima sinergia tra le forze armate e il ruolo del leader. Infine, a livello internazionale, l’obiettivo di Xi è quello di continuare ad accrescere l’influenza cinese, sua priorità a partire dal 2013, anno in cui ha lanciato l’iniziativa One Belt One Road (Nuova Via della Seta) e ha cominciato a dispiegare un’imponente presenza strategico-militare nel Mar Cinese Meridionale. È proprio sua l’ideologia, entrata a far parte della costituzione dopo il XIX Congresso, di una Cina forte e assertiva nelle relazioni internazionali. Il prolungamento del suo mandato è dunque indispensabile, agli occhi di Xi, a far sì che la sua visione si realizzi in assoluta continuità con la sua leadership. Ma l’importanza della nomina a vita riguarda anche un altro aspetto fondamentale: il Partito e il ruolo di Xi Jinping al suo interno. Nel corso dei decenni, l’apertura del partito ad ampi dibattiti interni ha portato a scontri e a un relativo indebolimento del suo ruolo all’interno del sistema istituzionale. Non è un caso che nelle modifiche costituzionali approvate ieri il Partito venga ridefinito come la “caratteristica più fondamentale” del socialismo cinese.
Questo passaggio eleva il ruolo del Partito al di sopra di quello dello Stato, abolendo qualsiasi possibilità di mettere in dubbio la gerarchia tra i due. Xi ritiene che rafforzando il partito, con un leader forte e una classe dirigente unita, anche la governance dello stato migliorerà. Proprio per questo, durante i primi anni di presidenza, Xi ha lanciato una severa campagna anticorruzione, che tuttavia – e nonostante le tante epurazioni – non ha ancora dato i frutti da lui sperati, spingendolo addirittura a includere tra le riforme costituzionali anche una Commissione per la Supervisione Nazionale. La Commissione avrà poteri molto estesi, tra cui quello di approvare la carcerazione preventiva per i sospettati senza il consenso del giudice, e senza che gli stessi possano ricorrere ad un avvocato. Proprio in questo contesto, Xi ritiene fondamentale assicurarsi una posizione di rilievo (e di lunga durata) all’interno dell’establishment, onde evitare che, una volta terminata la presidenza, lui stesso possa diventare oggetto di epurazione. |
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COS’ALTRO CAMBIERÀ IN CINA? |
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Seppur eclatante, la rimozione dei limiti di mandato non è che un primo passo all’interno di un percorso di trasformazione istituzionale. Oltre alla rimozione dei limiti, per esempio, le proposte di modifica costituzionale avanzate in questo Congresso sono infatti ben 21, e puntano tutte nella stessa direzione: rafforzare la legittimità del partito, rendere meno netta la sua separazione dallo Stato e far sì che Xi non solo resti al potere oltre il 2023, ma soprattutto che ci resti secondo le sue regole. Un altro effetto importante di questa modifica costituzionale riguarda l’aspetto etnico-sociale del paese: Xi potrà fronteggiare con maggior forza le spinte centrifughe – in crescita negli ultimi dieci anni – da parte di alcune province particolarmente delicate come il Tibet e lo Xinjiang. Infine, questa trasformazione incide profondamente anche sull’Esercito Popolare di Liberazione (EPL), essenza stessa del partito comunista, la cui priorità è la difesa del partito, ancor prima che della nazione. Le riforme a cui Xi ha sottoposto l’EPL sono volte a un aumento del controllo presidenziale sulle forze armate. È stato peraltro già annunciato che nel 2018 ci sarà un incremento dell’8.1% della spesa militare. Un esercito più forte e profondamente legato al Presidente viene considerato necessario per la proiezione di sicurezza della Cina di Xi, sia in zone limitrofe che a livello globale. Tutto questo implica che le decisioni non saranno più negoziate all’interno del partito ma verranno prese unilateralmente dal Presidente. |
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E COSA A LIVELLO INTERNAZIONALE? |
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Un Presidente con poteri rafforzati potrà avere mano libera su questioni geopolitiche ancora irrisolte sia a livello regionale che internazionale. Tale aspetto non manca di sollevare preoccupazioni tra coloro che percepiscono l’accentramento di potere in atto in Cina come un ulteriore passo di Pechino verso la sua affermazione come superpotenza. A livello regionale, è facile pensare che Xi Jinping continuerà a rafforzare la presenza della Cina nel Mar Cinese Meridionale, continuando la costruzione di isole artificiali, aree strategiche di appostamento nelle zone contese tra i principali attori della regione, come Filippine, Vietnam, Malesia. A livello globale, continuerà a puntare sulla crescita dell’influenza della Cina all’interno del sistema internazionale. Supporterà la globalizzazione (ma sempre più secondo regole modificate o riscritte dalla Cina), dopo aver insistito molto affinché non venga ostacolata dalle politiche protezionistiche. E rafforzerà il grande progetto infrastrutturale del “One Belt and One Road”, da lui ideato nel 2013. L’iniziativa, nata come semplice rete commerciale ed energetica tra la Cina e i paesi dell’Asia Centrale, sta cominciando ad assumere un carattere sempre più legato alla logica militare e della sicurezza, come attestato dalla costruzione della nuova base militare cinese a Gibuti, nel Corno d’Africa, e l’installazione militare a Gwadar in Pakistan (seppur in fase iniziale).
CODICE ETICO E LEGALE |