venerdì, 29 Novembre 2024

Colloqui Usa -Russia, ma l’Europa dov’è?

ISPI [ Istituto per gli Studi di Politica Internazionale ]

Si sono aperti a Ginevra i colloqui tra Washington e Mosca sulla crisi al confine con l’Ucraina: dopo due telefonate tra i presidenti statunitense e russo Joe Biden e Vladimir Putin a dicembre, gli incontri rappresentano l’estremo tentativo di disinnescare le tensioni e il rischio di un’invasione delle forze russe, che hanno schierato al confine circa 100mila soldati.

La Casa Bianca ha fatto sapere che, in caso di invasione, colpiranno Mosca con sanzioni massicce sull’export e minacciano di escludere le banche russe dal sistema bancario internazionale (Swift). Dal canto suo Mosca – alle prese in questi giorni con un’altra crisi, quella improvvisamente divampata nel vicino Kazakistan, chiede alla Nato di impegnarsi formalmente a non ammettere l’Ucraina (e la Georgia) nell’Organizzazione del Patto Atlantico. Una promessa che né la NATO né gli Stati Uniti sono disposti a sottoscrivere. Se il dialogo tra le parti non si apre sotto i migliori auspici, a pesare sull’esito del negoziato è anche l’assenza dell’Unione Europea, di fatto esclusa dai colloqui. Nel suo primo viaggio nel Donbass dall’inizio del conflitto nel 2014, l’Alto rappresentante di Bruxelles Josep Borrell non ha fatto mistero dell’irritazione di Bruxelles per essere stata lasciata fuori dai colloqui: “Su questo dialogo non ci sono solo due attori – ha dichiarato –. Se si vuole parlare di sicurezza in Europa, gli europei devono essere della partita. Non siamo più ai tempi di Yalta”.

Washington con la pistola sul tavolo?

Se i primi colloqui sono avvenuti ieri sera, la vera discussione si è tenuta oggi e sarà seguita da altri due vertici, mercoledì alla Nato e giovedì all’Osce. “Vogliamo evitare lo scontro, in caso contrario le conseguenze saranno enormi, senza precedenti”: il tweet del Segretario di Stato americano Anthony Blinken non lascia dubbi. A Ginevra si negozia con la pistola sul tavolo. Gli americani sono aperti al dialogo ma pronti a colpire in caso di fallimento. Secondo il New York Times, l’amministrazione Biden ha preparato una lista di sanzioni che comprendono l’esclusione delle istituzioni finanziarie russe dalle transazioni globali, l’embargo su ogni tecnologia prodotta o disegnata dagli Usa nei settori difesa e commercio, e l’aumento degli armamenti alle forze ucraine allo scopo di condurre una guerriglia contro l’occupazione militare. Per quanto difficile da ottenere però, agli occhi di Washington un accordo con Putin conserva intatto tutto il suo ‘appeal’: consentirebbe all’America sempre più concentrata sulla competizione strategica con la Cina di intavolare una relazione più prevedibile con Mosca, rompendo l’intesa che quest’ultima sta rafforzando con Pechino. Ma l’obiettivo principale degli Stati Uniti è dare prova di una reazione più decisa e coordinata di quella opposta nel 2014, all’annessione russa della Crimea. 

Mosca vuole garanzie?

Le dichiarazioni degli Stati Uniti alla vigilia del vertice “riflettono la totale mancanza di comprensione di ciò di cui abbiamo bisogno”, ha dichiarato il viceministro degli Esteri Sergei Ryabkov. Dai negoziati di Ginevra, Putin si aspetta una risposta alle proposte più generali avanzate da Mosca sulla gestione della sicurezza nei paesi dell’ex Unione Sovietica. In altre parole il Cremlino chiede garanzie sul fatto che la Nato non si allarghi ulteriormente ad est, avvicinandosi ai suoi confini. Come scrive Tataiana Kastoueva-Jean nel dossier ISPI Il mondo che verrà, “l’invasione russa dell’Ucraina è uno scenario estremo. I rischi sarebbero troppo alti e anche in caso di vittoria militare, mantenere in stato di occupazione territori tutt’altro che filorussi, come il Donbass avrebbe costi (geo)politici proibitivi”.  In questa escalation l’obiettivo finale di Mosca andrebbe ben oltre l’Ucraina e punterebbe ad imporre i propri interessi di sicurezza, compresa la fine dell’allargamento della Nato e la non installazione di sistemi militari occidentali in prossimità dei confini russi. “Vladimir Putin – osserva ancora l’analista – cerca di riparare ‘il peccato originale’ di Mikhail Gorbaciov, che si era fidato delle promesse non scritte dell’Occidente di non allargare la Nato durante l’unificazione della Germania; il suo scopo è di ottenere un capovolgimento della situazione che consoliderebbe la sua eredità e che sarebbe almeno altrettanto importante dell’annessione della Crimea”. 

Bruxelles, timori di una nuova Yalta?

Ancora una volta l’Europa resta esclusa dai tavoli che contano. Il non-invito a partecipare al vertice di Ginevra ha irritato non poco i vertici di Bruxelles, anche perché questa volta il tema riguarda direttamente la dimensione della sicurezza del blocco a 27. Eppure verrebbe da chiedersi che posizione avrebbe tenuto Bruxelles se avesse preso parte ai colloqui: troppo spesso in passato, l’Europa si è dimostrata reticente a esercitare pressioni economiche sul presidente russo Putin e non è un mistero che in seno al blocco viga una spaccatura tra Polonia e paesi baltici, favorevoli alla ‘linea dura’, e stati dell’Europa occidentale che, come Italia, Francia e Germania hanno espresso posizioni più morbide nei confronti di Mosca. Emblematiche in proposito le parole del premier italiano Mario Draghi che durante la conferenza stampa di fine anno ha ricordato come l’Unione non possegga strumenti militari propri per intervenire in Ucraina, sottolineando anche che le misure economiche che potrebbe prendere rischiano di rivelarsi controproducenti. “Se vogliamo prendere delle sanzioni che prevedano anche il gas, siamo veramente capaci di farlo? Siamo forti abbastanza? È il momento giusto? Chiaramente la risposta è no”, ha affermato il premier italiano. I tempi di Yalta sono lontanicome ha affermato l’Alto rappresentante europeo Josep Borrell, ma è inevitabile – guardando a Ginevra – rivivere i vecchi timori che le due potenze della Guerra fredda possano decidere, da sole, per tutti.

Il commento

Di Eleonora Tafuro Ambrosetti, Osservatorio ISPI Russia, Caucaso e Asia Centrale

“La Russia chiede formali garanzie di sicurezza in relazione all’espansione della NATO in Ucraina, sia in termini di futura adesione che di schieramenti militari nel territorio ucraino. Gli Stati Uniti giudicano queste richieste irricevibili. Ci avviamo dunque verso un fallimento della diplomazia e il tanto temuto scontro militare? Non necessariamente. Le posizioni di partenza sembrano effettivamente irriconciliabili, ma sia Russia che USA vogliono la de-escalation e ci si può ragionevolmente aspettare più flessibilità nei colloqui a porte chiuse. Ma de-escalation non vuol dire pace. Per ottenere la pace, è necessario allargare i colloqui non solo all’Unione europea, ma anche (e soprattutto) all’Ucraina”.

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A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications)