Dalla fantascienza alla scienza, il passo è sempre più breve. La coltivazione di organi umani da destinare ai trapianti all’interno di altri animali si avvicina, grazie all’annuncio di un team di scienziati che ha sviluppato i primi embrioni di pecora con cellule umane. Embrioni chimera che potrebbero non solo aumentare l’offerta di organi, ma anche offrire la possibilità di personalizzarli, rendendoli geneticamente compatibili con il sistema immunitario di chi li riceve: e questo utilizzando le cellule dello stesso paziente in attesa del trapianto, per eliminare il rischio di rigetto.
L’annuncio arriva dagli scienziati dell’università della California a Davis, in occasione del meeting dell’American Association for the Advancement of Science di Austin, in Texas. “Ancora oggi gli organi meglio abbinati, con l’eccezione di quelli che provengono dai gemelli identici, non durano molto a lungo, perché con il tempo il sistema immunitario li sottopone a continui attacchi”, sottolinea Pablo J. Ross dell’Università della California a Davis, parte del team che lavora su questo tipo di trapianto.
Le chimere – un termine mutuato dalla mitologia greca, anche se all’epoca la progenie di Tifone ed Echidna secondo alcune fonti aveva una testa di leone, una di capra sulla schiena e la coda di serpente – hanno potuto svilupparsi per 28 giorni. “Circa una cellula su 10.000 negli embrioni di pecora era umana”, precisa Ross. La ricerca ha fatto in breve tempo il giro del mondo. Per Bruce Whitelaw, professore di biotecnologie animali presso il Roslin Institute di Edimburgo – dove è stata creata la pecora Dolly – è ancora lunga la strada prima di coltivare organi umani” in altri animali, ma l’ultima ricerca è “un importante passo avanti per scoprire se le pecore offrono un’opzione” valida per il “progetto ‘chimerico’”.
L’approccio con le pecore-chimera è diverso dallo xenotrapianto, in cui un organo appartenente a un’altra specie viene impiantato nell’uomo. In quest’ultimo caso, infatti, resterebbe il problema del rigetto.
I tentativi degli scienziati di coltivare organi da una specie all’altra sono in corso: tra i precedenti, un pancreas di ratto sviluppato all’interno di un topo. Proprio Ross e i suoi colleghi qualche tempo fa avevano segnalato l’introduzione di staminali umane in embrioni di suini: embrioni uomo-maiale con circa una cellula su 100.000 umana. Nell’ultimo esperimento è stato raggiunto un rapporto ancora più elevato tra cellule umane e animali. Inoltre il team assicura di aver già utilizzato tecniche di modifica del genoma per produrre embrioni di maiale e di pecora che non sono in grado di sviluppare un pancreas. La speranza è che le cellule umane introdotte in questi embrioni arrivino a ‘rimpiazzare’ l’organo mancante.
Secondo Hiro Nakauchi della Stanford University, parte del team di ricerca, un esperimento più lungo – fino a 70 giorni – sarebbe ancor più convincente. Inoltre, come evidenzia Ross, occorre aumentare la proporzione di cellule umane nella chimera. L’uso della pecora sembra comunque semplificare il lavoro dei ricercatori. “Per i maiali in genere trasferiamo 50 embrioni in un ricevente – puntualizza Ross – mentre per le pecore ne trasferiamo quattro”. Questi ovini hanno anche alcuni organi, come cuore e polmoni, più simili ai nostri e di dimensioni analoghe. La ricerca sui maiali comunque continua. Ma non mancano le preoccupazioni etiche, fra cui l’ipotesi di ritrovarsi a una chimera con una mente simil-umana.
“Io ho le stesse preoccupazioni”, assicura Ross. Ma gli esseri umani potranno davvero un giorno ricevere organi coltivati all’interno di altri animali? “Potrebbero volerci 5 anni o anche 10 anni – conclude Nakauchi – ma io credo che alla fine saremo in grado di farlo. Il contributo delle cellule umane al momento è molto piccolo. Non si tratta di qualcosa come un maiale con una faccia o un cervello umano. Abbiamo pubblicato diversi studi che mostrano che possiamo selezionare il bersaglio, per evitare che le cellule umane si differenzino formando cervello o gonadi umane” nell’animale. L’annuncio non ha mancato comunque di suscitare timori e preoccupazioni, ma la ricerca va avanti, assicurano dal team.
PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA – “Queste ricerche sono moralmente inaccettabili, nessuno scopo anche molto positivo può giustificarle eticamente”. E’ quanto afferma, in una dichiarazione all’AdnKronos, il professore Roberto Colombo membro della Pontificia Accademia per la Vita presieduta da monsignor Vincenzo Paglia e docente alla facoltà di Medicina dell’università Cattolica di Roma, commentando l’annuncio della produzione di embrioni ibridi interspecie.
Spiega Colombo: “Lo scopo di questi esperimenti è quello di verificare la possibilità di far crescere, in embrioni e feti animali, tessuti istocompatibili che compongono organi di cui vi è richiesta per i trapianti nei pazienti e scarsità di donatori umani. Le cellule staminali pluripotenti potrebbero provenire da embrioni umani cresciuti in vitro oppure dagli stessi pazienti in attesa di trapianto e quest’ultimo caso renderebbe possibile aggirare l’ostacolo del rischio di rigetto”.
Prosegue l’esperto vaticano: “Numerose perplessità sono state sollevate sul destino di queste cellule pluripotenti nel corpo embrionale in sviluppo dell’animale: esse potrebbero generare colonie di cellule differenziate anche in organi diversi da quelli attesi per il trapianto, non escluso il cervello, suscitando gravissime preoccupazioni antropologiche ed etiche. Non si deve inoltre trascurare di considerare che cellule staminali embrionali umane utilizzate preliminarmente in simili esperimenti o come alternativa a quelle staminali multipotenti indotte di derivazione somatica dal corpo dell’uomo adulto provengono da embrioni umani generati intenzionalmente in laboratorio e distrutti per isolarne le cellule e coltivarle in vitro”.