venerdì, 22 Novembre 2024

CRISI DEL PROGETTO E SIMMETRIA DELL’IGNORANZA

Gianfranco Carrara (professore architettura)

Chiunque abbia dimestichezza di cantiere conosce gli ingenti sforzi tecnici per rimediare a problemi imprevisti che insorgono quasi quotidianamente nel corso della costruzione, i conseguenti maggiori impegni economici e l’allungamento dei tempi di costruzione che sono tra le cause del mancato rispetto delle previsioni contrattuali.

In realtà quanto succede (e non dovrebbe succedere) in cantiere è solo una parte delle disfunzioni cui sono soggetti gli interventi nel settore: analogamente, ma in modo forse meno noto e visibile, avvengono intoppi nelle procedure di finanziamento per errate previsioni di costi e cash flow, nelle procedure di appalto, specialmente in caso di Project-Financing e di PPP (Public-Private-Partnership), per mancata corrispondenza tra valutazioni tecniche e valutazioni economiche legate al life-cycle dell’intervento, nella contrattualizzazione della gestione e della manutenzione, per mancanza di attendibilità delle previsioni tecniche ed economiche definite nella fattibilità e nei programmi di spesa attuativi.

In sintesi, a partire dalla fine degli anni ’70 l’aumento via via crescente della complessità del prodotto si lega all’aumento della complessità della produzione e della tecnologia e all’aumento della complessità del processo edilizio, generando una molteplicità di competenze professionali cui corrisponde la necessità di altrettante formazioni specialistiche.

Si assiste pertanto alla crescita incontrollata, ancora in atto, delle specializzazioni, sia professionali che operative, cui corrisponde in generale un processo di formazione professionale a spettro sempre più ridotto; la stessa formazione universitaria ha troppo spesso preferito avviarsi sulla strada dei corsi professionalizzanti anziché su di una ampia e solida base culturale, scientifica e tecnica che consenta numerose possibilità di successiva specializzazione e maggiore flessibilità di impieghi.

Questo scenario, già sufficientemente articolato e complesso, viene ulteriormente sconvolto dalle recenti rivoluzioni culturali, sociali e tecnologiche mondiali, effetto della globalizzazione, della liberalizzazione dei mercati e della rapidità e diffusione dell’informazione dovuta all’internet, che a sua volta si riflette sull’accelerazione nelle trasformazioni.

Siamo in presenza di cambiamenti epocali con effetti irreversibili su soggetti, comportamenti, consuetudini, regole, a livello globale, che inevitabilmente si riflettono sul prodotto architettonico e edilizio.

Per garantire la certezza delle caratteristiche del prodotto in tutte le fasi del processo edilizio, il progetto deve diventare il riferimento per tutte le operazioni previste sul prodotto: richiede quindi di essere completo e coerente, in quanto rappresenta la prefigurazione del prodotto in tutte le sue funzioni e caratteristiche, nella forma e nel modo in cui esso sarà posto in essere dalle condizioni del procurement nel corso del processo di costruzione e gestione, in rapporto al contesto in cui si colloca e agli attori che lo determinano e ne fruiscono per tutta la durata della sua ‘vita utile’.

Completo da tutti i punti di vista: quindi tutte le competenze specialistiche che servono per determinarne gli aspetti sono chiamate ad intervenire fin dall’inizio della progettazione, anche se riferite ad ambiti relativi a fasi del processo edilizio successive alla realizzazione.

Coerente, in quanto il ruolo di riferimento e di guida che assume in tutte le fasi della vita del prodotto, non ammette discrasie tra le sue componenti geometriche, fisiche e comportamentali.

Il progetto, inteso come rappresentazione fisica integrata con la semantica relativa ad ogni entità considerata e con tutte le proprietà significative in rapporto alle sue finalità, assume così, più che in passato, un ruolo centrale per la corretta e adeguata qualità finale del prodotto.

In sostanza nella attuale realtà di processo il progetto deve rappresentare una molteplicità di aspetti, dei quali almeno i principali sono:le caratteristiche geometriche del prodotto nell’insieme e nelle sue parti (sia per quanto attiene al sistema degli spazi che dei componenti); le caratteristiche dei materiali, dei componenti, degli impianti, delle lavorazioni, dei modelli concettuali e di calcolo per i dimensionamenti e le verifiche; le caratteristiche di comportamento statico, energetico, acustico, di controllo ambientale, di obsolescenza, di durabilità, di condizioni nell’uso; le caratteristiche di sicurezza nella costruzione e nell’uso; le caratteristiche di costruibilità; le fasi e i cicli di lavorazioni in cantiere e in officina; l’organizzazione del lavoro, la mano d’opera, le attività, le risorse, i tempi di costruzione; le caratteristiche di gestione di uso; la manutenzione programmata ordinaria e straordinaria; i tempi e le attività corrispondenti; le caratteristiche economiche, i costi di investimento, di progettazione, di costruzione, di gestione; i piani economici e finanziari; le caratteristiche legali, dei contratti e del ‘procurement’.

In ultima analisi il progetto, pur conservando ideologicamente il primato dell’Ideazione sulla Realizzazione, negli ambiti professionali oltre che in quelli accademici ha progressivamente subìto nei fatti un processo di trasformazione della sua finalizzazione verso intendimenti di lungo termine che si basano sulla costruibilità e sulla manutenibilità.

Tuttavia le trasformazioni descritte rendono problematica la prefigurazione completa, coerente e attendibile del prodotto. Si assiste così ad una assai frequente, se non generalizzata, incapacità del progetto di rispondere compiutamente alle mutate esigenze che gli si pongono.

In altri termini, il progetto tradizionalmente inteso non è più sufficiente.

Due sono le principali difficoltà che ostacolano la risoluzione del problema che abbiamo esposto, in cui si dibatte oggi la progettazione:

  • difficoltà di interpretare le esigenze di una società in continua trasformazione, sia a livello urbanistico, che architettonico, funzionale e tecnologico. La difficoltà consiste quindi nella incapacità, se non dell’impossibilità, di uno solo o di pochi soggetti di interpretare la totalità delle nuove esigenze e di elaborare adeguate soluzioni progettuali;
  • difficoltà di integrare le specializzazioni sempre più spinte in una sintesi intrinsecamente coerente. La nostra società consente di reperire le competenze necessarie; la difficoltà consiste nel fatto che la formazione degli specialisti è cosi specifica e settoriale che in genere questi non sono capaci, non dico di capirsi, ma nemmeno di dialogare.

Il primo problema è di assai difficile soluzione: richiede di capire il proprio tempo e saperne esprimere i valori. Questa capacità è comune patrimonio della cultura di un gruppo sociale quando questa cultura è radicata nella tradizione. Nei momenti di transizione particolarmente rapida, come questo che stiamo vivendo, diventa assai ardua (ammesso che essa sia possibile) l’interpretazione dei valori della comunità e la loro traduzione in soluzioni architettoniche nel senso lato del termine.

Il secondo problema è solo apparentemente più semplice. Il fatto è che la risoluzione del problema globale posto ai progettisti nel loro insieme non è coincidente (né potrebbe mai esserlo) con la somma delle singole risoluzioni parziali; questa risoluzione ottimale può avvenire solo attraverso adeguati compromessi (trade-off) tra le parti, con cui tutti i vari aspetti del problema sono esaminati, discussi e risolti nel modo che offre la migliore ‘qualità globale’.

La via per superare i problemi della cosiddetta ‘simmetria dell’ignoranza’ e dell’incomunicabilità tra professionisti specialisti di differente estrazione, che impediscono la ricerca di soluzioni ‘globali’, è data dalla Collaborazione tra tutti gli attori coinvolti nel processo edilizio, fin dalle prime fasi del processo progettuale.

La collaborazione è stata definita come “accordo tra specialisti nel condividere le rispettive competenze e capacità in un particolare processo, in modo da conseguire le più ampie finalità di un progetto nel suo insieme, così come definito dal committente, da una comunità o da una società in senso lato” (Hobbs, 1996).

La collaborazione è necessaria affinché tutti gli attori specialistiche partecipano alla progettazione, caratterizzati da differenti estrazioni culturali e professionali, possano interagire consapevolmente apportando le proprie idee e proposte per comunicarle agli altri soggetti e condividerle o modificarle opportunamente in modo da cercare di ottenere la massima qualità complessiva. Ciascun attore deve essere in grado di studiare dal proprio punto di vista la propria soluzione progettuale, di generalizzarla in modo tale da renderla comprensibile ad ogni altro attore coinvolto nel processo e, infine, di trasferirla a ciascuno di essi.

La collaborazione progettuale risiede quindi nella capacità di ogni attore di integrare nel proprio dominio disciplinare e culturale le soluzioni proposta dagli altri specialisti e di giudicare sia gli effetti che queste hanno sulla propria soluzione sia la validità dell’insieme integrato delle soluzioni, individuandone le inconsistenze e/o suggerendo proposte.

Nella nostra cultura progettuale, fino a pochi decenni fa e spesso anche oggi, la collaborazione è stata basata sullo scambio fisico di documenti e di discussioni alla presenza fisica di tutti gli attori.Tuttavia le tradizionali metodologie e tecniche di collaborazione hanno mostrato la loro inefficienza quando siano applicate alle attuali forme di processo progettuale nelle quali in genere i progettisti sono de-localizzati e comunicano a distanza con tecnologie ICT spesso parzialmente incompatibili tra loro.

Lo sviluppo degli apporti specialistici alla formulazione del progetto di architettura nel suo insieme comporta necessariamente l’introduzione di situazioni temporanee di incongruenza che generano conflitti, vuoi all’interno delle soluzioni elaborate in ciascun ambito specialistico, vuoi, ancor più significativamente, nell’unione delle diverse soluzioni specialistiche;conflitti che devono essere individuati e risolti prima di procedere ad ulteriori affinamenti e approfondimenti, pena la crisi parziale o generale dell’intero impianto del progetto.

Se ciò è evidente nelle fasi della progettazione esecutiva, tuttavia il momento più delicato risiede nella fase della progettazione preliminare – nella quale vengono definite le scelte “strategiche” del progetto – in cui l’effetto delle discrasie si può ripercuotere in crisi profondamente negative sulla impostazione dell’intero progetto.

Un fondamentale requisito perché la collaborazione tra gli attori specialisti possa aver luogo è rappresentato dalla elaborazione, trasmissione e comprensione della Conoscenza, ed in particolare di quella parte di conoscenza che viene chiamata conoscenza tecnica, che consiste nell’insieme strutturato dei concetti associati alla definizione delle varie entità costituenti il progetto.

Perché questo sia possibile occorrono diversi fattori:

  • una corretta, efficiente e non ambigua elaborazione, trasmissione e acquisizione delle informazioni;
  • la presenza di tante ‘Conoscenze Specialistiche’ quante ne richiede la complessità del problema progettuale;
  • la presenza di una ‘Conoscenza Comune’, che deve essere concordata ed accettata dagli attori che interagiscono, affinché essi possano pienamente e correttamente interpretare e comprendere il significato della comunicazione;
  • la presenza di porzioni di conoscenza, che chiameremo ‘Conoscenza Condivisa’, consistente in quelle parti della conoscenza specialistica di un attore che questi condivide con altri;
  • una connessione corretta semanticamente e tecnicamente tra la ‘conoscenza condivisa’ e le ‘conoscenze specialistiche’ possedute dagli attori tra i quali essa viene messa in comune.

Tutto ciò mostra come le basi fondamentali della collaborazione siano costituite dalla Conoscenza e dal modo in cui essa viene comunicata tra gli attori, indipendentemente dai mezzi e dagli strumenti adottati nel processo progettuale.

Per consentire una adeguata collaborazione è necessario rappresentare la conoscenza in modo esplicito e formalizzato. Il ricorso alle tecnologie ICT come strumento di gestione della conoscenza progettuale richiede una sua rigorosa quanto condivisa formalizzazione, della quale è necessario conoscere le implicazioni sui contenuti stessi della conoscenza, che a tal fine deve essere esplicita, formale e codificata, affinché sia interamente e non ambiguamente computabile.

Nel processo di progettazione la conoscenza viene strutturata in Basi di Conoscenza (Knowledge-Base) intese come rappresentazione formale, strutturata, di concetti esplicitamente definiti e secondo sintassi esplicite. In particolare una base di conoscenza mira alla realizzazione di una struttura coerente di legami tra significanti e significati associando a simboli (grafici, linguistici, numerici) definizioni più o meno estese e interconnesse fra loro per la corretta comprensione dei diversi concetti.

Il termine ‘rappresentazione formale’ include sia la struttura formale delle entità considerate nel progetto (con loro semantica, proprietà e relazioni) sia i modelli formali (generalmente di natura matematica) che consentono di effettuare su esse simulazioni, verifiche e ragionamenti.

Se essenziale è saper rappresentare la conoscenza, altrettanto fondamentale risulta la capacità di gestirne l’elaborazione e il trasferimento. Poiché gli scambi di dati tra attori delocalizzati avvengono ormai quasi solo via Internet si deve cercare come trasferire con lo stesso mezzo anche la conoscenza (ovvero i concetti che presiedono all’elaborazione dei dati).

Diventa, così, essenziale nello studio della conoscenza nel processo progettuale definire gli strumenti per la acquisizione e la trasmissione della conoscenza sia a livello del singolo attore che nello scambio di conoscenze tra i diversi attori che interagiscono nel corso del processo.

Una recente teoria individua un modello concettuale di Rappresentazione della Conoscenza (Knowledge Representation) finalizzata al processo progettuale, che ha valore generale indipendentemente dalla destinazione d’uso dell’edificio, dalla scala di intervento e dalla fase di progetto in cui si lavora (Carrara e al. Conoscere Collaborare Progettare, Gangemi 2014).

Il modello, denominato BKM (Building Knowledge Modelling) consente di rappresentare le conoscenze specialistiche e la conoscenza comune, individuando gli elementi di reciproca connessione: tramite questi il modello consente di gestire la conoscenza ‘filtrandone’ quelle porzioni che possono e debbono essere trasferite da un attore agli altri affinché questi possano correttamente interpretare e comprendere la proposta progettuale nei suoi aspetti concettuali e nelle sue proprietà tecniche.

 

CODICE ETICO E LEGALE


 

GIANFRANCO CARRARA

Ingegnere civile edile, professore ordinario di Architettura Tecnicae di Architettura e Tecnologia dell’Ospedale dal 1975 al 2013 presso l’Università di Roma La Sapienza.

Direttore di numerose ricerche scientifiche commissionate dal CNR, Università Sapienza, Ministero della Ricerca Scientifica e Tecnologica, CONI, CER, CENSIS,ENEA, UE, nei settori dei procedimenti costruttivi, delle tipologie edilizie, del processo di progettazione e di realizzazione, con particolare riferimento alla progettazione ospedaliera.

Autore di oltre 200 pubblicazioni scientifiche tra monografie, articoli su riviste internazionali e libri, inerenti alla programmazione, alla progettazione e alla attuazione dell’edilizia. Tra i libri editi in Italia e all’estero si segnalano: “Knowledge-Based Computer-Aided Architectural Design” e“Conoscere Collaborare Progettare -Teoria Tecniche e Applicazioni della Collaborazione ProgettualeMultidisciplinare”.

Progettista di grandi opere pubbliche con particolare riferimento a importanti complessi ospedalieri,ha posto costante attenzione al rapporto tra architettura e tecnologia.