«Non siamo assolutamente in un’economia di guerra, ma è bene prepararsi». Sceglie di mostrarsi fiducioso Mario Draghi, anche se è del tutto evidente che le preoccupazioni per lo scontro tra Russia e Ucraina stanno superando il livello di guardia.
E questo nonostante ieri a Versailles l’Europa abbia sostanzialmente deciso di rinviare le scelte che contano, quelle su energia e difesa.
C’è, però, la consapevolezza di una situazione che è a un passo dallo sfuggire di mano se Emmanuel Macron non nasconde i suoi timori e invita l’Ue ad «adattare» la sua «strategia alimentare sul grano e sui cereali». Perché, dice il presidente francese, «saremo ancora più destabilizzati fra 12-18 mesi», a causa di «quello che non può essere seminato in questi giorni» in Ucraina, vero e proprio granaio d’Europa. Anche a Palazzo Chigi hanno ben chiaro il problema, tanto che nel Consiglio dei ministri di giovedì mattina il titolare dell’Agricoltura Stefano Patuanelli ha illustrato rischi e contromosse possibili per diversificare i mercati di approvvigionamento.
Draghi, però, non vuole alimentare preoccupazioni eccessive. Anzi, nella conferenza stampa che segue la due giorni del Consiglio Ue informale di Versailles, il premier punta il dito contro «gli allarmismi esagerati». «Chiaramente è un momento di grande incertezza», ammette. Ma, aggiunge, «non si può dire che l’economia vada male perché l’Europa continua a crescere». Poi, ben consapevole di quanto sia alto il livello di guardia, ammette che «è bene prepararsi». Il che, ovviamente, «non vuol dire che ciò debba avvenire» altrimenti «saremmo già in una fase di razionamento».
La verità, però, è che la questione è stata oggetto di un confronto serrato, dedicato inizialmente all’insufficienza delle materie prime e poi allargatosi all’agroalimentare. In proposito, spiega Draghi, se la situazione dovesse aggravarsi, occorrerà «importare da altri Paesi» come «Stati Uniti, Canada e Argentina». Non certo un dettaglio, visto che spiega il premier italiano tutto questo «genera la necessità di una riconsiderazione di tutto l’apparato regolatorio» che «è giustificata da questa situazione d’emergenza». Basti pensare, per esempio, agli Ogm visto che i tre Paesi in questione sono i principali produttori di organismi geneticamente modificati del mondo.
Sul fronte energia, Draghi cita «quattro pilastri» per rispondere alla crisi in corso. Primo: la «diversificazione», innanzitutto «nei confronti di altri fornitori di gas rispetto alla Russia», ma anche nella «sostituzione di fonti fossili con rinnovabili». In questo senso, l’ex Bce ricorda che giovedì il Consiglio dei ministri ha approvato le delibere riguardanti sei parchi eolici. Secondo: introdurre un «tetto ai prezzi del gas». Terzo: come «staccare il mercato dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili dal mercato del gas». Quarto pilastro: la «tassazione degli extra profitti delle società elettriche», visto che «la Commissione stima che possa portare un gettito di circa 200 miliardi».
Infine, «i bisogni finanziari della Ue» che «per rispettare gli obiettivi di clima, difesa ed energia sono molto grandi». Secondo i calcoli della Commissione, «il fabbisogno risulta essere pari a 1,5 o 2 o più trilioni di euro» e bisogna «trovare un compromesso su dove reperire le risorse» perché «serve una risposta europea».
Uno scenario complessivo che, al netto dei toni non allarmisti scelti dal premier, preoccupa non poco e lascia intravedere una vera e propria economia «di guerra». E se il quadro dovesse peggiorare ancora, dice Draghi, «occorrerà una convincente risposta delle politiche di bilancio che non può venire dai bilanci nazionali» ma che deve essere «una risposta europea». Una prospettiva che non è affatto lontana, anche perché i venti di guerra sull’Ucraina continuano a soffiare forte. «Oggi dice senza troppi giri di parole il premier Putin non vuole la pace», anzi «il suo piano sembra essere un altro».
Adalberto Signore
[ il Giornale ]