Solo la scomparsa della Regina Victoria, agli inizi del 900, rappresentò, in un contesto storico ed istituzionale peraltro differente, un momento di portata paragonabile alla successione al trono britannico determinata dalla morte di Elisabetta II.
La lunghezza del suo regno, che ha attraversato epoche segnate da profonde mutazioni del paese, e le caratteristiche personali della sovrana, fanno sì che questa successione sia destinata ad avere grandi impatto e significato.
Il nuovo Re, Carlo (principe di Galles dal 1958), è diverso dalla madre, oltre che per ovvii motivi anagrafici, per tratti della personalità, almeno come si è rivelata durante il lunghissimo apprendistato da erede della Corona, che lo hanno reso interessante ma che spesso gli hanno attirato critiche ed accuse di eccentricità.
La militanza ecologista, l’impegno sociale, episodiche esternazioni ritenute fuori dai rigidi confini entro cui normalmente si esprimono in pubblico i membri della casa reale, tanto più quanto più vicini al trono, e, infine, i contraccolpi della vicenda matrimoniale e della drammatica scomparsa della prima moglie, la principessa Diana, hanno messo in ombra lo spessore culturale ed umano del nuovo Re.
Non a caso, negli anni sono ripetutamente affiorate ipotesi che potesse essere pretermesso nella successione a favore del figlio, il principe William, sinora Duca di Cambridge.
Ipotesi non solo smentita dai fatti, ma che appariva temeraria e fantasiosa anche in vita di Elisabetta II poiché non teneva conto che una simile deviazione dalla prassi secolare, se non giustificata da ragioni formalmente inoppugnabili, avrebbe determinato una torsione istituzionale talmente vistosa da procurare svantaggi incommensurabilmente superiori ai vantaggi ipotetici di avere sul trono una coppia giovane ed attraente come i duchi di Cambridge adesso assurti alla dignità di principi ereditari.
Tra l’altro, quella che taluni avevano giudicata una potenziale zavorra per Carlo, la seconda consorte ed ora regina Camilla, ha saputo conquistarsi le simpatie generali con la sua concretezza, la diligenza sul “lavoro” ed una personalità in cui gli inglesi si riconoscono felicemente.
Attendiamoci, quindi, un esercizio delle funzioni da parte di re Carlo diverso da come le ha esercitate la madre, ma nel solco di una continuità secolare. Forse qualche discorso più focalizzato e qualche messaggio più impegnato, ma non oltre.
Il sovrano è ingabbiato nei collaudati meccanismi di palazzo e del raccordo con il gabinetto, il che non lascia spazio di intervento politico all’infuori di quello che rimane l’unico segreto gelosamente protetto, cioè il contenuto delle conversazioni settimanali tra il re ed il suo primo ministro. Non è mai trapelato cosa si dicano ed in che misura gli indirizzi di governo tengano conto della moral suasion del sovrano.
La saggezza e l’esperienza di Elisabetta II saranno state sicuramente utili ai capi di governo che avevano ricevuto da lei l’investitura. Re Carlo arriva sul trono con il bagaglio dei molti interessi coltivati e dell’impegno sociale maturato da principe di Galles. Li esprimerà, probabilmente senza l’algida imperturbabilità della madre, ma nei limiti consentiti. Continueremo invece a non sapere come li farà valere nei confronti del primo ministro. Non vi è dubbio comunque che la lunghissima attesa abbia giovato a Carlo. Con l’avanzare dell’età della madre, e anche a causa della scomparsa del padre, Duca di Edimburgo, il Principe di Galles ha man mano assunto maggiori compiti, al fianco della Sovrana o da solo, ed il pubblico ha imparato a conoscerlo ed apprezzarlo.
In ogni caso, nel secolo e più trascorso dalla scomparsa della regina Victoria, la pratica costituzionale non scritta del Regno Unito ha spostato sempre più su governo e parlamento l’esercizio del potere, relegando i sovrani alla rappresentanza della continuità storica del Regno Unito e simbolo del paese nel mondo. Il tutto, assortito dalla cornice di magnificenza e pompa cerimoniale cui i britannici tengono enormemente perché plastica rappresentazione di grandeur e del passato imperiale, oltre che, più prosaicamente, strumento di marketing turistico e culturale.
Giancarlo Aragona
[ AMBASCIATORE e ISPI SENIOR ADVISOR ]