mercoledì, 27 Novembre 2024

Europa un po’ più donna e un po’ più a destra

Angela Mauro (huffingtonpost.it)

Asse franco-tedesco confermato, ma l’accordo sulle nuove nomine per i vertici delle istituzioni europee sposta l’Unione un po’ più a destra, anche se con più donne ai vertici e un ruolo (e vittorie) forte di Emmanuel Macron. E’ la sorpresa di queste lunghe e complesse trattative tra i leader sui cosiddetti ‘top jobs’ dell’Ue. Dopo il voto di maggio, gli europeisti erano partiti da uno schema di maggioranza tra Ppe, socialisti e liberali.

Invece Angela Merkel e Emmanuel Macron si sono ritrovati a dover scendere a compromessi con l’Europa di Visegrad e con l’Italia nazional-populista del governo gialloverde. Altrimenti il puzzle delle nomine non si sarebbe composto. All’indomani del voto europeo, i cosiddetti euroscettici, i sovranisti che gli europeisti volevano in prima battuta lasciare fuori dalle intese, si ritrovano non solo dentro l’accordo siglato a Bruxelles ma protagonisti delle intese raggiunte. Ai socialisti potrebbe andare la presidenza dell’Europarlamento: candidato l’italiano David Sassoli. Si vota domani a Strasburgo: reggerà?

Il primo sì alla tedesca Ursula von der Leyen, dopo che il suo nome è stato proposto dal presidente francese alla Cancelliera tedesca, è arrivato dai paesi del blocco di Visegrad: Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia. Gli stessi che ieri, con il sostegno prezioso dell’Italia, hanno bloccato l’intesa sul socialista Frans Timmermans, proposto da Merkel, Macron, lo spagnolo Pedro Sanchez. E dopo il sì di Visegrad, è arrivato subito il sì di Giuseppe Conte. Salvini non esulta, si tiene le mani libere, ma comunque su queste basi l’intesa regge e semina il panico tra i socialisti, anche se ottengono la vicepresidenza per Timmermans e il posto dell’Alto rappresentante per la politica estera per lo spagnolo Josep Borrell.

Il punto è che il cordone sanitario anti-sovranista, di cui tanto si è parlato dopo le elezioni, non ha retto. Il Ppe è ormai egemonizzato dai partiti più spostati sulla linea dell’ungherese Viktor Orban, a destra. Per ricomporsi aveva una sola strada: guardare a destra. Anche a costo di voltare le spalle ai socialisti, che infatti non l’hanno presa bene.

Quando a Bruxelles il consiglio europeo finisce, a Strasburgo si riunisce il gruppo socialista: i tedeschi sono i più arrabbiati. Tanto che, per cercare di non attizzare il fuoco in patria, Merkel si è astenuta in consiglio sul ‘pacchetto Ursula’: la Spd governa in ‘Grande coalizione’ con la Cdu, la Cancelliera ha pensato così di limitare i danni.

Ma non è detto che ci sia riuscita. Dipende da quanto i socialisti, soprattutto i tedeschi, riusciranno a ricavare dalla partita ancora aperta sul presidente del Parlamento europeo: si vota domani. Il Ppe ha offerto di non presentare un suo candidato e sostenere quello dei socialisti, insieme ai liberali che nella partita nomine hanno ottenuto tanto: la vicepresidenza della Commissione per Marghrete Vestager (la vecchia Alde di Guy Verhofstadt), la presidenza del consiglio europeo con il belga Charles Michel e la guida della Bce con la francese Christine Lagarde, pallino di Macron.

Ora, alla riunione dei socialisti, gli italiani del Pd, d’accordo con la capogruppo del Pse, la spagnola Iratxe García, propongono la candidatura di David Sassoli alla presidenza dell’Europarlamento. Ma c’è da convincere gli altri, i tedeschi che minacciano invece di votare la Verde Ska Keller, proprio perché hanno il problema di sbandierare un risultato ‘di sinistra’ in patria, dopo lo schiaffo ricevuto sul pacchetto nomine. Quando la capogruppo annuncia il nome di Sassoli, scatta l’applauso. I tedeschi borbottano, sono quelli che più di tutti hanno tuonato contro il ‘pacchetto di Bruxelles’. Ma alla fine Sassoli ce la fa: è lui il candidato socialista.

Se l’accordo regge, si vedrà dalla stessa votazione di domani in aula a Strasburgo sulla presidenza dell’Europarlamento. Di certo, in questo scorcio di inizio legislatura, i sovranisti euroscettici sono riusciti non solo a infilarsi nei giochi, ma a prendersi la parte più importante. Anche l’Italia, che sembrava senza alleati, isolata. Ha giocato con Visegrad e ne è uscita con la promessa di una vicepresidenza della Commissione europea con delega alla Concorrenza. Casella che, sono d’accordo nel governo, andrà a un leghista: e a questo punto, visto come è nato il ‘pacchetto Ursula’, anche la nomina del commissario italiano non dovrebbe nemmeno rischiare tanto in questa nuova Europa spostata a destra. Potrebbe passare l’esame del Parlamento, ma è presto per dirlo: sui commissari si vota dopo l’estate.

Invece la nomina di Ursula von der Leyen verrà votata nella seconda plenaria del nuovo Europarlamento a metà luglio. E si può dire che sulla carta potrebbe ottenere anche i voti dei ‘vituperati’ eurodeputati sovranisti (oltre a Ppe, Liberali e Ecr): evidentemente non sono tanto vituperati da un’Europa che, a partire dall’immigrazione, non è mai stata per l’accoglienza. Questo accordo in effetti è un po’ lo specchio della realtà: non quella che viene raccontata nelle dichiarazioni ufficiali, ma quella dei fatti.

Ce la faranno i socialisti a votare Ursula von der Leyen anche se appoggiata da Visegrad? E i liberali? Questo accordo ci consegna una nuova Europa, in cui i partiti tradizionali non sono totalmente sconfitti, ma decisamente ammaccati dalla spinta sovranista: non guidano più da soli, nemmeno Francia e Germania possono più farlo.

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