mercoledì, 27 Novembre 2024

Ex Ilva, ArcelorMittal lascia: “Colpa dello scudo penale”. A rischio oltre 10mila posti di lavoro

la Repubblica

Svolta clamorosa nella vicenda della ex Ilva. ArcelorMittal, il gruppo anglo-indiano che ha affittato per poi acquisire le acciaierie di Taranto, Novi Ligure e Cornigliano, ha notificato ai commissari straordinari dell’azienda la volontà di rescindere l’accordo che riguarda proprio Ilva Spa e alcune sue controllate. Un passo indietro dall’intesa che proprio in questi giorni festeggia un solo anno di vita. L’annuncio della multinazionale arriva con un comunicato, nel quale si legge che “secondo i contenuti dell’accordo” del 31 ottobre 2018 ArcelorMittal “ha chiesto ai Commissari straordinari di assumersi la responsabilità delle attività di Ilva e dei dipendenti entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione”.

Una posizione contestata dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, secondo il quale “non c’è nessun motivo che giustifichi il recesso. La norma sullo scudo penale non era nel contratto e non può essere invocata”. Immediata la replica dell’azienda che ha fornito all’agenzia Ansa il contratto “di affitto e comodato” tra Arcelor Mittal e gli ex commissari Ilva (nella versione modificata rispetto all’originale 2017 e depositata a settembre 2018 presso la Camera di Commercio di Milano) dove si prevede una clausola di recesso per “l’affittuario” degli stabilimenti. Nel testo, il diritto è assicurato nel caso in cui un provvedimento legislativo annulli integralmente o in parte il Dpcm del 29 settembre 2017 in modo da “rendere impossibile l’esercizio dello stabilimento di Taranto” o “irrealizzabile” il piano industriale.

A chiarire le clausole legate al recesso ci prova l’ex ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda: “Quell’accordo lo conosco, l’ho
firmato io. Non prevede espressamente il diritto di recesso in caso di modifica dello scudo penale, ma prevede la possibilità di recesso nel caso di un cambiamento di normative rilevanti, tale da mettere in discussione la sostenibilità, il piano industriale”. In questi termini – ha spiegato ancora Calenda in una nota – la clausola c’è ma “ArcelorMittal non può chiudere autonomamente gli altoforni”, il diritto di recesso “va prima accertato dal Tribunale”. Da qui la sua conclusione: “E’ plausibile che il Tribunale glielo riconosca ma non può muoversi autonomamente”

Politica in subbuglio, vertice a Palazzo Chigi e convocazione per l’acciaieria

Mentre impazza la polemica politica, il governo si vede costretto a convocare un vertice straordinario a Palazzo Chigi con Patuanelli, Provenzano, Speranza, Catalfo, Costa, Gualtieri e lo stesso premier Conte. Il quale ha chiamato anche i vertici dell’acciaieria, fissando un incontro domani pomeriggio. “Il governo non consentirà la chiusura dell’Ilva” fanno sapere fonti dello Sviluppo economico presenti all’incontro. “Non esistono presupposti giuridici per il recesso del contratto. Convocheremo immediatamente Mittal”, affermano gli uomini vicini al ministro Patuanelli.

La posizione di ArcelorMittal

Nella lettera della multinazionale si sottolinea come il contratto preveda che, “nel caso in cui un nuovo provvedimento legislativo incida sul piano ambientale dello stabilimento di Taranto in misura tale da rendere impossibile la sua gestione o l’attuazione del piano industriale, la società ha il diritto contrattuale di recedere dallo stesso contratto”. Con effetto dal 3 novembre 2019 – aggiunge Arcelor “il Parlamento italiano ha eliminato la protezione legale necessaria alla Società per attuare il suo piano ambientale senza il rischio di responsabilità penale, giustificando così la comunicazione di recesso”.

Concetto ribaditto dalla nuova amministratrice delegata di ArcelorMittal Italia, Lucia Morselli, in una lettera ai dipendenti: “Non è possibile gestire lo stabilimento senza queste protezioni” legali “necessarie all’esecuzione del piano ambientale”, “definitivamente rimosse ieri con la mancata conversione in legge del relativo decreto”. Per la manager, “non è possibile esporre dipendenti e collaboratori a potenziali azioni penali”. Ora, è il nefasto programma, “sarà necessario attuare un piano di ordinata sospensione di tutte le attività produttive a cominciare dall’area a caldo dello stabilimento di Taranto, che è la più esposta ai rischi derivanti dall’assenza di protezioni legali”. Resta però una chiosa che suona come un ultimatum al governo: Morselli dice infatti ai lavoratori che “è fondamentale che questo piano sia eseguito in modo sicuro e strutturato così che gli impianti non siano danneggiati e possano tornare a essere operativi in tempi rapidi”. Come a dire che se l’esecutivo facesse retromarcia, l’Ilva si potrebbe riaccendere.

In aggiunta al tema dello scudo – dettaglia invece il comunicato aziendale – i provvedimenti emessi dal Tribunale penale di Taranto obbligano i Commissari straordinari a completare talune prescrizioni entro il 13 dicembre 2019 pena lo spegnimento dell’altoforno numero 2″. Uno stop che “renderebbe impossibile attuare il suo piano industriale e, in generale, eseguire il contratto”

ArcelorMittal si era impegnata a realizzare investimenti ambientali per 1,1 miliardi, produttivi per 1,2 miliardi e a pagare la ex Ilva, una volta terminato il periodo di affitto (18 mesi a partire dal primo novembre 2018), 1,8 miliardi di euro (detratti i canoni già versati). La ex Ilva occupa 10.700 operai, di cui 8.200 a Taranto.

Nei giorni scorsi il ministro dello Sviluppo Economico, Patuanelli, aveva incontrato l’azienda, spiegando che un nuovo vertice con azienda e sindacati si sarebbe dovuto svolgere a metà novembre. A Taranto attualmente sono in cassa integrazione ordinaria per 13 settimane 1276 lavoratori. In attesa di completare gli interventi di risanamento ambientale prescritti dall’Aia, ArcelorMittal è stata autorizzata a produrre nella fabbrica pugliese 6 milioni di tonnellate di acciaio, ma la stima per quest’anno è di 4,5 milioni. L’azienda perde 2 milioni di euro al giorno.

La rabbia dei sindacati

“Tra le motivazioni principali di ArcelorMittal, il pasticcio sullo scudo penale. Un capolavoro di incompetenza e pavidità politica: non disinnescare bomba ambientale e unire bomba sociale”. E’ la reazione del segretario nazionale della Fim Cisl, Marco Bentivogli, alla notizia. ArcelorMittal “deve chiarire quali siano le sue intenzioni rispetto all’accordo del 6 settembre 2018, indipendentemente dalla questione dell’immunuità. E chiediamo al governo la convocazione urgente del tavolo”, ha detto Francesca Re David, segretaria generale Fiom, commentando la comunicazione dell’azienda. “La decisione di Arcelor Mittal prefigura una catastrofe industriale per il nostro Paese: senza gli stabilimenti coinvolti, il futuro della nostra economia diventa più incerto. Questo disimpegno, le cui origini sono da esaminare a fondo, è inaccettabil”, la reazione del laeder Uil, Carmelo Barbagallo. “Il Governo deve intervenire: lo chiederemo con determinazione al Premier Conte, già nella riunione di questa sera a Palazzo Chigi”.