domenica, 7 Luglio 2024

Francia: la destra en marche 

ISPI Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

Il Rassemblement National di Marine Le Pen e Jordan Bardella ha vinto il primo turno delle elezioni legislative in Francia, riconfermandosi, dopo il voto per le Europee, come la forza politica dominante della République. All’indomani delle elezioni più partecipate della storia francese recente (si è registrata un’affluenza record del 66% degli aventi diritto) il futuro assetto in parlamento non è ancora deciso. Al primo turno, in base ai risultati definitivi, sono stati eletti 76 deputati su 577.

Tutto si giocherà al ballottaggio, previsto il 7 luglio. Al momento, le proiezioni danno al RN una cifra compresa tra 260 e 310 seggi. E dato che per ottenere la maggioranza assoluta dell’emiciclo servono 289 seggi è chiaro che la posta in gioco è ancora molto alta. “L’alternanza è a portata di mano, sarò il primo ministro di tutti”, promette Jordan Bardella, mentre Macron, che ha perso la maggioranza relativa, serra i ranghi: “È giunto il momento di un’ampia unione, democratica e repubblicana”. Il fronte della sinistra, forte di un buon risultato che lo vede al secondo posto con il 28% delle preferenze, concorda: “Ritireremo la nostra candidatura nelle circoscrizioni in cui siamo terzi” afferma Jean-Luc Mélenchon di France Insoumise. “Sosterremo il candidato in grado di battere il RN” gli fa eco Raphael Glucksmann – abbiamo sette giorni per evitare la catastrofe”. Entro domani i candidati dovranno decidere se ritirare la propria candidatura nel secondo turno, che si terrà domenica nei collegi non assegnati.  

Parola d’ordine: desistenza? 

L’esito finale del voto sarà determinato dalla capacità delle forze di centro e di sinistra di accordarsi: in base al sistema elettorale francese, infatti, un candidato vince al primo turno se ottiene il 50% più uno dei voti espressi da almeno il 25% degli elettori di una circoscrizione. In caso contrario accedono al secondo turno tutti coloro che al primo scrutinio hanno ottenuto almeno il 12,5% dei voti delle persone iscritte nelle liste elettorali (non dei votanti). Solitamente, al secondo turno passano due candidati ma in questo caso l’alta affluenza ha favorito le cosiddette ‘triangolari’ e per contrastare il RN saranno decisive le “desistenze”. Significa che, per ostacolare il partito di Le Pen, uno dei candidati delle altre due forze politiche dovrebbe decidere di ritirarsi volontariamente favorendo la convergenza dei voti sull’unico altro candidato rimasto in corsa. “Il nostro obiettivo è chiaro: non un voto, non un seggio in più per il Rassemblement National” ha detto Mélenchon, annunciando che il Nuovo Fronte Popolare (Nfp), l’alleanza elettorale di sinistra che riunisce socialisti, comunisti, ecologisti e France Insoumise ritirerà al secondo turno i propri candidati arrivati terzi nelle circoscrizioni in cui un candidato di RN è arrivato primo. Da parte sua, Macron ha detto che, in linea generale, anche i candidati di Enseble! arrivati terzi si ritireranno, ma non sempre. Nei casi in cui ad arrivare secondo sia stato un candidato dell’estrema sinistra di France Insoumise si valuterà caso per caso.  

Quali scenari possibili? 

Su quali scenari si prospettano all’indomani del 7 luglio, politologi e osservatori sono più o meno concordi: il primo è quello che i sondaggi ritengono al momento più verosimile e prevede che il RN vinca ma non raggiunga i 289 seggi che gli garantirebbero la maggioranza in Parlamento. Bardella ha già fatto sapere che non intende governare se non avrà da subito una maggioranza. In quel caso Macron potrebbe nominare un primo ministro che opererebbe come una sorta di ‘traghettatore’ prima di tornare nuovamente alle urne, ma comunque non prima di giugno 2025. Il secondo esito è quello di una vittoria schiacciante del Rassemblement: in quel caso Bardella diventerebbe primo ministro. Non sarebbe una novità, la Francia ha già attraversato periodi di coabitazione – quando il presidente e il primo ministro provengono da partiti diversi – ma ciò ha sempre comportato una collaborazione abbastanza diretta tra partiti con visioni del mondo simili. In questo caso, un primo ministro di estrema destra – in contrapposizione ideologica netta con il presidente – minerebbe l’ordine politico rischiando la paralisi istituzionale.  Esiste una terza possibilità: la vittoria a sorpresa (senza maggioranza) del fronte delle sinistre. Anche in questo caso, l’epilogo comporterebbe un’Assemblea Nazionale ingovernabile. 

L’Europa vacilla?  

Raramente le elezioni in Francia avevano causato tanti timori e tanto allarme anche fuori dai suoi confini. Non solo – nonostante il tentativo di presentarsi come una forza politica responsabile – il programma del RN è incompatibile con la permanenza della Francia nell’Ue e nella Nato, ma Marine le Pen ha fatto capire che in caso di ‘coabitazione’ il RN non lascerà che Macron tracci la rotta e l’agenda strategica del paese. La prospettiva terrorizza i partner europei: secondo la Costituzione francese il presidente è il capo delle forze armate e si occupa della politica estera, ma uno sguardo più attento offre un quadro molto più complicato. La maggioranza in parlamento darebbe a Le Pen la possibilità di esercitare un’influenza notevole attraverso l’approvazione della legge di bilancio. In altre parole, un parlamento con una maggioranza di estrema destra potrebbe bloccare i fondi per sostenere l’Ucraina, i finanziamenti per la difesa comune, e pesare nella scelta dei nuovi vertici europei. Il campo di Macron sostiene che il confronto con il RN e le elezioni anticipate sarebbe diventato inevitabile comunque quando in autunno la legge di bilancio avesse incontrato un’opposizione insormontabile. “Tenere il voto ora era il male minore –  ha spiegato un funzionario vicino all’Eliseo –  secondo i nostri sondaggi, entro ottobre la maggioranza assoluta per il RN era inevitabile”. Provare la virata era dunque imperativo, ma potrebbe aver solo anticipato i tempi.  

Il commento 

Di Antonio Villafranca, Vice Presidente per la Ricerca ISPI 

È la fine del macronismo così come lo abbiamo conosciuto finora. E questo indipendentemente dai risultati del secondo turno. Per salvare il salvabile, Macron e la sinistra promettono di ritirare il proprio candidato nelle (tantissime) circoscrizioni in cui sono arrivati terzi. Il tentativo è quello di impedire al Rassemblement National di ottenere la maggioranza assoluta in Parlamento. Se l’ottenesse si prospetterebbe un periodo molto incerto e del tutto nuovo per la Francia (e l’Europa!). Ma l’incertezza permarrebbe anche se non l’ottenesse perché Macron dovrebbe optare per un primo ministro inevitabilmente ‘debole’ che resista fino a nuove elezioni anticipate (comunque non prima di giugno 2025). L’impressione è che in ogni caso si vada verso un cul de sac

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