Fra gli analisti finanziari non ci sono dubbi: la fusione fra Fiat Chrysler e Renault, se andrà in porto, sarà frutto dell’iniziativa del gruppo italo-americano che ha studiato l’operazione nei dettagli e l’ha proposta al momento giusto, dopo avere sondato con discrezione il presidente francese Emmanuel Macron. Il riconoscimento di questa “trazione Fca” in una fusione al 50-50 risulterà evidente con la nomina di John Elkann, attuale numero di Fiat Chrysler, a presidente della nuova realtà industriale.
Queste sono le indiscrezioni che si raccolgono in ambienti vicini al gruppo Fiat. L’amministratore delegato dovrebbe essere il francese Jean-Dominique Senard, attuale Ceo di Renault. Exor, la finanziaria della famiglia Agnelli, sarà il primo azionista del nuovo gruppo con circa il 14%, seguita dallo Stato francese che nella nuova entità avrà una quota pari alla metà del 15,01% che oggi possiede in Renault.
Macron conosce da tempo Elkann, dato che con lui e con lo scomparso Sergio Marchionne aveva discusso sei anni fa l’ipotesi di un ingresso di Fca nel capitale di Peugeot, allora in gravi difficoltà. Era il 2013 e Macron aveva appena dismesso i panni del banchiere d’affari e si muoveva come super-consulente del presidente Francois Hollande. Il supporto dei due governi, quello italiano e quello francese, sarà indispensabile per la riuscita dell’operazione, che non deve avere impatti negativi sul piano sociale: non a caso nel comunicato di stamattina Fiat Chrysler sottolinea che la fusione non comporterà la chiusura di nessuna fabbrica.
Due drammatici cambi di vertice
Fiat e Renault hanno deciso di procedere sulla strada della fusione nel momento in cui entrambe si sono trovate ad affrontare un drammatico cambiamento al vertice, con l’uscita di scena, pochi mesi l’uno dall’altro, dei due manager che hanno fatto grandi i due gruppi: Sergio Marchionne e Carlos Ghosn. Il brasiliano Ghosn ha guidato Renault negli ultimi 14 anni come Ceo e si è dovuto dimettere dopo essere stato arrestato a Tokio lo scorso novembre con l’accusa di illeciti finanziari.
Entrambi, Marchionne e Ghosn, sono sempre stati a favore delle aggregazioni fra case automobilistiche per ridurre i costi. Resta famosa una dichiarazione del 2015 di Marchionne, che disse che ogni settimana i costruttori di auto sperperavano 2 miliardi di euro duplicando investimenti che avrebbero potuto essere condivisi.
Il recente rallentamento delle vendite di auto in Cina, in America e in Europa, i tre principali mercati, ha riportato l’urgenza di costruire alleanze fra i costruttori, soprattutto in uno scenario in cui la normativa più severamente ambientalista dei vari Paesi spinge le case a investire sull’auto elettrica, mentre la concorrenza avanza sull’auto a guida autonoma. L’aggregazione fra Fiat e Renault dovrebbe portare a ridurre i costi in Europa, dove lavorano circa un terzo dei 198 mila dipendenti del gruppo Fiat Chrysler (ma la società realizza la quasi totalità degli utili in Nord America).
Inoltre Fca potrebbe favorire lo sbarco di Renault sul mercato nordamericano, mentre Renault ha una posizione molto forte in Russia, suo secondo mercato. Non a caso Renault era considerata da Marchionne la seconda possibile migliore scelta d’aggregazione dopo General Motors, ma, respinto dalla gruppo americano, lo scomparso leader di Fca trovò un uguale muro anche da parte di Ghosn, che allora stava cercando di trasformare la ventennale alleanza fra Renault e Nissan in una relazione più stretta.
La fusione con Nissan farebbe nascere un leader mondiale
Renault possiede il 43% della giapponese Nissan, la quale ha il 15% di Renault (senza diritto di voto). Quando è stato arrestato, Ghosn stava spingendo per una fusione fra le due società, operazione avversata dal management giapponese. Oggi la fusione fra Fiat Chrysler e Renault farà nascere un gruppo da 8,7 milioni di auto vendute, il terzo al mondo dietro a Volswagen e Toyota. Ma se in futuro si profilasse una possibile integrazione anche con gli alleati asiatici di Renault, Nissan e Mitsubishi, nascerebbe il leader mondiale da 17 milioni di auto vendute.
I tedeschi stanno già cercando rimedi: Bmw e Daimler hanno messo da parte la loro storica rivalità per unire le forze nella realizzazione di un’auto a guida autonoma. E Volkswagen sta negoziando con Ford un possibile accordo per lavorare insieme nell’auto elettrica e nella guida autonoma.