Gli Usa organizzano una conferenza in Polonia sull’Iran, «per costruire la coalizione» contro Teheran, e cominciano il ritiro dalla Siria. Sono gli effetti della dottrina del presidente Trump per il Medio Oriente, che il segretario di Stato Pompeo aveva delineato nel discorso di giovedì al Cairo.
La notizia più imminente è quella della Siria, dove fonti del Pentagono hanno confermato al Wall Street Journal di aver iniziato a smobilitare. I dettagli sono riservati, ma l’operazione è già in atto, al punto che la nave anfibia d’assalto Uss Kearsarge sta navigando verso la regione con centinaia di Marines, elicotteri e altri velivoli a bordo, proprio per proteggere il rientro dei soldati. «Abbiamo avviato – ha detto il colonnello Sean Ryan – il processo per il nostro ritiro deliberato dalla Siria». Nei giorni scorsi il consigliere per la sicurezza nazionale Bolton aveva subordinato la smobilitazione ad alcune condizioni, tra cui la garanzia che la Turchia non avrebbe attaccato i curdi del Ypg, alleati degli Usa nella lotta all’Isis. Questo aveva confermato l’impressione che l’establishment repubblicano e militare non fosse favorevole al ritiro immediato, come dimostrato dalle dimissioni del capo del Pentagono Mattis, e avrebbe cercato di rallentarlo per non lasciare il campo libero alla Russia e soprattutto all’Iran. Erdogan però si è infuriato, rifiutando di incontrare Bolton, e il ritiro è cominciato secondo l’accordo che aveva raggiunto in dicembre con Trump. Una fonte della Difesa ha spiegato al Wall Street Journal che «nulla è cambiato», rispetto alla direttiva per la smobilitazione partita il mese scorso dalla Casa Bianca: «Noi non prendiamo ordini da Bolton».
Questa divergenza nell’amministrazione resta, ma intanto Pompeo procede con l’altro punto chiave della strategia mediorientale di Trump. Parlando con la Fox News, il segretario di Stato ha annunciato che il 13 e il 14 febbraio a Varsavia sarà ospitata «una conferenza ministeriale sulla pace, la libertà e la stabilità in Medio Oriente. Riuniremo dozzine di Paesi da tutto il mondo, Asia, Africa, emisfero occidentale, Europa, e ovviamente dalla regione. Ciò include l’importante elemento di garantire che l’Iran non sia una influenza destabilizzante».
Fonti molto vicine all’amministrazione, favorevoli alla linea dura contro Teheran, dicono che «è venuto il momento di passare dalle parole ai fatti». Intendono che «il ritiro dall’accordo nucleare era il primo passo essenziale, ma ora bisogna attivamente sostenere la protesta interna che sta destabilizzando il regime». Questo potrebbe essere il vero scopo, anche se non ufficiale, della conferenza in Polonia. Il dubbio resta quello espresso dopo il discorso del Cairo, da critici come il presidente del Council on Foreign Relations Richard Haass: «Pompeo ha articolato obiettivi ambiziosi, come espellere dalla Siria ogni iraniano, ridurre l’arsenale missilistico di Hezbollah, costruire un Iraq libero dall’influenza di Teheran, riducendo allo stesso tempo la presenza Usa in Medio Oriente. Nessuna politica può avere successo, con obiettivi e mezzi così divergenti».