Nuove spaccature sul fronte del Niger, il Paese saheliano reduce dal golpe che ha spodestato il presidente Mohammed Bazoum. Le giunte militari di Burkina Faso, Mali e Guinea, protagoniste di colpi di Stato fra 2020 e 2022, si sono schierate contro l’ultimatum di sette giorni imposto dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas) e minacciano reazioni nel caso del «uso della forza» paventato dal blocco di Paesi.
Nel frattempo la Ue sta valutando come – e se – intervenire su Niamey, offrendo al suo personale la chance di abbandonare il Paese «su base volontaria». I singoli governi sono già all’azione con i rimpatri, accelerati mano a mano che cresce la tensione fra la nuova giunta di Niamey e i partner internazionali. La giunta ha riaperto le frontiere con i Paesi confinanti, unico accenno di distensione in un clima che resta tesissimo.
Parigi ha dato il via alle evacuazioni dei suoi cittadini, annunciandole il primo agosto e rimpatriando oltre 350 francesi già il giorno dopo. Italia, Spagna e Germania si sono mosse poche ore più tardi. Nella mattinata del 2 agosto la Farnesina ha comunicato il rientro «in sicurezza» di oltre 90 italiani, sul volo messo a disposizione per il rimpatrio «su base volontaria» dei connazionali registrati nel Paese saheliano.
La girandola dei golpe. Kiev accusa Mosca
Il colpo di Stato in Niger, perpetrato fra il 26 e il 27 luglio, chiude il cerchio di golpe che si sono susseguiti nei vicini Mali (2020, 2021) e Burkina Faso (entrambi 2022), accentuando l’instabilità di una regione che si è tramuta nel cuore dell’insorgenza jihadistica su scala globale. Il presidente estromesso, Mohammed Bazoum, era ritenuto un alleato-chiave degli occidentali e delle missioni di «stabilizzazione» dispiegate nell’area. Solo Parigi impiega 1.500 militari nel Paese, oltre ai 1000 degli Stati Uniti e altri contingenti europei, inclusi 350 italiani. La sua uscita di scena ha scatenato i timori di una (ulteriore) degenerazione degli equilibri di una regione sempre più martoriata dal circolo vizioso fra violenze delle bande armate e repressione delle forze golpiste.
La comunità internazionale si è espressa compattamente per il ripristino dell’ordine costituzionale e il ritorno al potere di Bazoum, il primo leader nigerino a essere eletto democraticamente nella storia nazionale nel 2021.La stretta più drastica è arrivata proprio dall’Ecowas, il blocco economico dei Paesi dell’Africa occidentale, con un pacchetto di sanzioni che include no-fly zone, chiusura delle frontiere e congelamento degli asset nigerini presso le banche centrali degli altri Stati affiliati.
Il gruppo, oggi guidato dal presidente nigeriano, ha imposto un ultimatum di sette giorni per il ritorno all’ordine rovesciato dal colpo di Stato, ottenendo per ora il no secco dei golpisti e la solidarietà manifestata dalle altre giunte militari nel club. Burkina Faso e Mali hanno diramato un comunicato congiunto dove si ribadisce la vicinanza al nuovo governo di Niamey e respinge l’ipotesi di un intervento militare contro i golpisti, classificato alla stregua di un atto di guerra contro Ouagadougou e Bamako. La Guinea ha espresso a sua volta il sostegno ai putschisti e difeso la «sovranità» di Niamey, paventando una frattura dell’Ecowas in caso di ingerenze sul nuovo corso nigerino.
Sul versante europeo, intanto, Kiev va all’attacco di Mosca, accusandola di aver ordito il golpe per favorire la sua penetrazione nell’area dopo gli accordi siglati dalla compagnia Wagner in Mali e i rumours – mai confermati – su un suo interessamento per il Burkina Faso. «È ormai assolutamente chiaro che la Russia è dietro il cosiddetto ’colpo di Stato militare’ in Niger» ha scritto su Twitter Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
La Ue: nessun rischio di approvvigionamento uranio
L’altra incognita che pende sulla crisi è quella economica, con i timori sull’approvvigionamento di uranio per il mercato europeo e francese. Il Niger è primo paese di provenienza dell’import comunitario di una materia prima fondamentale per l’energia nucleare, con una quota che si avvicina al 25% del totale. Il blocco all’export imposto dai golpisti sta scatenando preoccupazioni respinte, per ora, dai vertici comunitari.
Il portavoce della Commissione europea Adalbert Jahnz ha riferito che «non vi è alcun rischio di approvvigionamento per l’uranio», evidenziando che «le utility hanno scorte sufficienti di uranio per mitigare l’offerta a breve termine, e a medio e lungo termine ci sono abbastanza depositi sul mercato mondiale per coprire i bisogni che abbiamo accertato».Lo stesso Jahnz ha poi precisato che «quando si tratta di misure come la fornitura di uranio agli Stati membri dell’Ue, si tratta di uranio nella sua forma naturale, che deve poi essere convertito in sostanza chimica e arricchito per essere utilizzato come combustibile naturale».
Alberto Magnani
[ il Sole 24 ORE ]