mercoledì, 27 Novembre 2024

Grecia: finisce l’era Tsipras, si insedia Mitsotakis

Gilda Lyghounis (affari internazionali)

Vista da Chania, città di origine del nuovo premier Kyriakos Mitsotakis, sul mare a nord ovest di Creta, la vittoria del centrodestra nelle urne del voto del 7 luglio in Grecia è meno netta. Qui nell’isola, come da tradizione, ha vinto il centrosinistra con il 40% dei voti. Dora Mitsotakis in Bakoyannis – sorella del nuovo primo ministro, a sua volta ex ministra degli Esteri ed ex sindaca di Atene negli anni Novanta – che si è candidata a Chania per il seggio di deputata è stata sì eletta, ma le sue mire sono in parte state deluse.

Il centrodestra voleva tingere di azzurro tutta la cartina della Grecia: Creta rimane invece caparbiamente rossa. Nea Demokratia, nonostante il 40% a livello nazionale contro Syriza del premier uscente Alexis Tsipras, attestatasi al 32%, qui a Creta si ferma proprio al 32%, capovolgendo il risultato dei due primi partiti a livello nazionale.

Un risultato diverso visto da Creta
“Noi cretesi abbiamo una tradizione di sinistra che risale non solo all’era Syriza, ma a quella dei socialisti del Pasok”, racconta a Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa (Obct) Andreas Papandreu – semplice omonimia con lo storico leader socialista -, segretario di Syriza a Chania. “Ancora prima ha sempre prevalso il centro sinistra anti-monarchico contro una destra che appoggiava il re”.

Eppure Dora Bakoyannis ha svolto la sua campagna elettorale con lo slogan “Avete l’opportunità di avere un primo ministro di Chania e me a tutelare i vostri interessi in Parlamento. Un’occasione storica”.

“La nostra vittoria in tutta Creta, che ci dà gioia e onore, è ancora più simbolica proprio perché Chania è la città di origine dei Mitsotakis: il nuovo primo ministro Kyriakos, sua sorella Dora, il figlio di Dora Kostas, appena eletto sindaco di Atene alle amministrative del 26 maggio, il padre di Dora e Kyriakos, Kostas Mitsotakis, premier dal 1990 al 1993 e in politica dal dopoguerra. Insomma la Dynasty greca per eccellenza”, sottolinea Papandreu nel suo ufficio alla periferia della cittadina, famosa fra i turisti per il suo porto veneziano, patrimonio Unesco.

“Io ho votato in passato Nea Demokratia, ma questo nuovo premier non mi convince e ora ho scelto Syriza – riflette Eleni, pensionata, tipica rappresentante del ceto medio impoverito negli anni della lunga crisi economica -; ho due pensioni: la mia, da preside di un liceo di Chania, e quella di reversibilità di mio marito, impiegato di banca. Insieme facevano 2.300 euro: ora ne incasso solo 1.300. Mio figlio è dirigente in un ente pubblico: prendeva 4.000 euro, ora ne guadagna 1.800. Fatica a pagare il mutuo acceso in passato. Ma non è colpa di Tsipras: chiunque al suo posto avrebbe dovuto applicare l’austerity e i tagli alle pensioni e agli stipendi imposti dalla troika. E chiunque ora al potere non può mantenere tante promesse elettorali. Non ci sono soldi. La responsabilità di questo disastro è di chi è stato al governo nei decenni precedenti alla crisi: centro-destra, socialisti. Tutti”.

E il nuovo premier? “Sa, qui a Creta sappiamo che ha tante ville sparse non solo a Creta ma in Grecia. Suo padre Kostas era carismatico, lui meno…sembra messo lì dalla famiglia e dal partito”.

I voti dei nazionalisti
Sta di fatto che ieri, lunedì 8 luglio, Kyriakos Mitsotakis, ha giurato come primo ministro, contando su una maggioranza assoluta in Parlamento di 158 seggi, con un’opposizione formata da 86 deputati di Syriza, 22 socialisti di Kynal, 15 comunisti del Kke, 9 di Mera25. E la sorpresa di queste elezioni: 10 deputati ai nazionalisti di Elleniki Lysi (Scelta greca) di Kyriakos Velopoulos, il quale ha raccolto consensi anche grazie alla sua carriera di televenditore di “lettere apocrife di Gesù Cristo” e di “pomate provenienti dal monte Athos, santuario dell’ortodossia”.

“Velopoulos è un idiota, che però sa farsi capire dalla gente”, commenta Thanos Veremis, docente emerito di Storia moderna all’università di Atene e autore del saggio “La Grecia. Una storia che inizia nel 1821” tradotto in Italia da Argi Editore. “Vende nazionalismo. Molti hanno scelto lui perché è percepito come meno violento ed estremista dei neonazisti di Alba Dorata, che infatti hanno perso metà dei loro voti e a queste elezioni sono fuori dal Parlamento”.

A proposito di nazionalismo, cosa ne sarà ora dell’Accordo di Prespa, stretto da Tsipras con Zoran Zaev, premier del Paese confinante che ora si chiama appunto – secondo quanto previsto nel patto – “Macedonia del Nord”? La scelta è stata fortemente criticata da parte degli elettori, specie da quelli della regione ellenica di Salonicco, capoluogo della regione greca della Macedonia, affacciata sull’Egeo, ma appoggiata apertamente dalle istituzioni europee da Bruxelles. “Mitsotakis si guarderà bene dal modificarlo – aggiunge Veremis -; anzi, per lui è stato un sollievo che a stringere questa intesa impopolare sia stato Tsipras. È un buon accordo, che pone fine a trent’anni di contese sul nome fra Atene e Skopje”.

Sempre sul versante della politica estera, il primo leader internazionale a congratularsi con Kyriakos Mitsotakis per la sua vittoria è stato il vicino scomodo, il turco Recep Tayyip Erdoğan: i rapporti tra Atene ed Ankara sono più tesi del solito per le recenti dichiarazioni del presidente turco di volere interferire con le ricerche di gas naturale nel mare al largo di Cipro e per la minaccia di violare i limiti territoriali inviando navi vicino a Kastellorizo, l’isola greca di confine resa famosa dal film “Mediterraneo”, premio Oscar 1991 con regia di Gabriele Salvatores.

Mitsotakis e il figlio di Erdoğan, Necmettin Bilal, hanno studiato insieme ad Harvard, sono amici, e alla vigilia del voto di domenica Mitsotakis ha promesso ai greci la riapertura di un dialogo costruttivo con la Turchia, nel rispetto del diritto internazionale.

L’agenda economica del nuovo premier
“Il nostro nuovo primo ministro si è laureato ad Harvard e Princeton a pieni voti, è stato analista economico nella City a Londra”, prosegue Veremis. Tema delicato, il rapporto che il nuovo governo di Nea Demokratia avrà con le banche creditrici della Grecia, appena uscita dal commissariamento della troika.

“Vigileremo come opposizione perché le conquiste sociali fatte dal popolo greco durante i quattro anni di governo Syriza non siano eliminate”, avverte Papandreu. “Mitsotakis vuole dividere fra gli istituti di credito parte dell’aumento del 3% nella crescita economica ellenica di quest’anno. Noi difenderemo, invece, il salario minimo, il diritto alla sanità e alla scuola pubblica, l’aumento delle pensioni più basse. Non è un caso che oltre a Creta l’altra regione che ha visto Syriza vittoriosa il 7 luglio è il porto del Pireo, circoscrizione Pireo 2, zona operaia”.

Mitsotakis ha promesso di ridurre le tasse (“ossia di applicare una flat tax” spiega Veremis); intanto a settembre dovrà vedersela con la vendita all’asta, da parte delle banche, di molte prime case pignorate per debiti. Vedremo se il suo periodo di grazia, e il suo consenso fra gli elettori che con lui hanno scelto la sicurezza e di chiudere il capitolo amaro della cura anti-crisi, durerà.

Foto di copertina © Eurokinissi via ZUMA Wire

Questo articolo è frutto di una collaborazione editoriale tra Istituto Affari Internazionali e Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa (OBCT)

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