Le vacanze sono passate anche per quest’anno e siamo di nuovo in ufficio. Ma arranchiamo più di quando, a luglio, avevamo addosso la stanchezza di mesi di lavoro. Possibile? Sì, eccome: una recente indagine dell’American Psychological Association ha dimostrato che la maggioranza dei lavoratori si ricarica davvero quando è in ferie, ma è altrettanto vero che quasi subito, tornati in città, perdono i vantaggi del tanto agognato riposo estivo. Il 33% dice di sentirsi più positivo e avere più energia quando ritrova i colleghi, il 57% è più motivato e meno stressato, più produttivo e capace di dare il meglio di sé: sulla linea di partenza quindi siamo pieni di energie, carichi per affrontare l’autunno. Peccato però che per il 25% bastino poche ore alla scrivania per sentirsi sotto pressione come se non l’avessimo mai lasciata. Un altro 40% mantiene l’ottimismo e il benessere per qualche giorno, ma poi si ritrova punto e accapo.
Stanchezza, irritabilità
E compaiono pure sintomi di disagio, come spiega Ovidio Brignoli, vicepresidente della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie: «Ci si sente stanchi, irritabili, compaiono disturbi del sonno e difficoltà di concentrazione: molti si spaventano, perché pensano che dopo le vacanze dovrebbero sentirsi solo ben riposati. La cosiddetta sindrome da rientro peraltro è in continuo aumento, in passato non era così comune: la società è molto cambiata e oggi il livello di stress a cui si è sottoposti durante l’anno è maggiore, i ritmi sono spesso frenetici e fatichiamo a ricaricarci davvero». Magari ci riusciamo, perché nelle ferie estive stacchiamo del tutto e cambiamo abitudini. Paradossalmente però si tratta di un’arma a doppio taglio perché poi, tornati in ufficio, è come se avessimo un jet-lag all’ennesima potenza: «La vacanza desincronizza i ritmi, per cui al rientro occorre ritrovare quelli giusti — dice Brignoli —. Servono una o due settimane per riuscirci, ristabilendo innanzitutto un’adeguata alternanza sonno-veglia: un buon sonno è indispensabile per ricaricare corpo e mente, così come una giusta quantità di esercizio, ansiolitico naturale. No invece a eccitanti come il caffè per tenersi su quando ci si sente stanchi o a farmaci come le benzodiazepine per gestire lo stress, potrebbero peggiorare la situazione; molto meglio, invece, trovare il tempo per fare tante piccole pause per allentare la tensione. Sul lavoro siamo spesso in sovraccarico mentale, alzarsi per qualche minuto aiuta a tornare più carichi alla scrivania».
Alternare lavoro e «fasi di recupero
Lo conferma anche la psicologa Monica Bormetti, ideatrice del progetto SmartBreak (si veda a lato): «Si chiama stress recovery routine e il momento del rientro è ottimo per metterla in pratica. Il concetto deriva dall’allenamento degli sportivi e parte dall’idea che per una buona resa è essenziale anche una sufficiente fase di recupero. L’obiettivo è lavorare per picchi, con fasi in cui si è al 100 per cento concentrati su quel che stiamo facendo alternate a periodi brevi in cui ci si distacca completamente dal compito: un generico “mi rilasso un po’ ” in cui le pause non sono ben definite durante le otto ore in ufficio rischia di tenerci continuamente in uno stato intermedio in cui ci si distrae facilmente, si è poco produttivi e anche più affaticati e meno soddisfatti». L’alternanza dev’essere programmata, insomma, e una delle tecniche più usate è quella del pomodoro: richiede l’uso di un timer da cucina (spesso a forma di pomodoro, appunto) da puntare su 25 minuti quando iniziamo a lavorare, focalizzandoci al massimo sull’obiettivo. Quando suona il timer ci dobbiamo prendere 5 minuti di totale relax, poi si ricomincia il ciclo: così la produttività cresce.
Lista delle priorità
«Una delle ragioni della “crisi” da rientro è anche la sensazione di essere sopraffatti da tante incombenze, tutte assieme: annaspiamo cercando di fare tutto subito, invece dovremmo essere capaci di fermarci, prenderci il tempo che serve — riprende Bormetti —. Per venirne a capo può essere utile anche distinguere l’urgenza e l’importanza delle attività da svolgere, magari aiutandoci con la matrice di Eisenhower (si veda il grafico): tanti impegni che appaiono inderogabili non sempre lo sono davvero». Per non farsi schiacciare dallo stress da rientro, tuttavia, la soluzione definitiva è forse non sentirsi mai troppo «rientrati»: «Le vacanze estive, più lunghe, sono critiche perché alterano molto le abitudini e vengono caricate di grosse aspettative: il ritorno alla normalità può essere traumatico — fa notare Brignoli —. Prendersi ferie brevi ma frequenti impatta di meno sull’equilibrio generale: anche i fine settimana fuori porta aiutano, perché non costringono al superlavoro prima dello stop, a valigie complicate, a cambiamenti drastici. Sono più facili da gestire ma ci fanno staccare, ricaricandoci davvero». Che la soluzione, allora, sia prenotare la prossima (però breve) vacanza?