Il “nasty” a Meghan Markle non è bastato: tra l’endorsement a Boris Johnson, papabile successore di Theresa May, e la cerimonia con tutti gli onori a Buckingham Palace, Trump ha trovato il tempo di rispondere via tweet alle critiche indirizzategli dal sindaco di Londra Sadiq Khan, definendolo “un completo perdente”. Ma occhio a non perdere di vista quello che avviene al di là dello schermo e dei social network
Il tour di una settimana di Donald Trump in Europa è iniziato con la visita in un Regno Unito scosso dal caos Brexit e dalle dimissioni, successive al voto europeo, della premier Theresa May. Una visita importante dal punto di vista geopolitico, in cui Londra cerca la conferma della sua tradizionale alleanza, economica e strategica, con gli Stati Uniti, in vista del definitivo divorzio con l’UE. Un divorzio che, ha fatto sapere Boris Johnson, già ministro degli Esteri dell’esecutivo May e favorito nella corsa a rimpiazzarla, si consumerà il 31 ottobre, con o senza accordo con Bruxelles.
Proprio Trump, alla vigilia della sua visita in UK, aveva concesso a Johnson un esplicito endorsement in un’intervista al “Sun”, nella quale il tycoon aveva anche definito Meghan Markle, novella sposa del principe Harry nonché duchessa di Sassex, “nasty” (“cattiva”), scatenando accese polemiche. Polemiche che hanno, in effetti, preparato e accompagnato la visita di Trump in Gran Bretagna, quasi distraendo dai delicati equilibri geopolitici che si delineeranno in essa. Il battibecco con Markle – colpevole di aver definito il “suo” Presidente “misogino” in una intervista del 2016 – non è infatti stato l’unico motivo di polemica. Ad animare il dibattito anche il botta e risposta tra il Commander-in-Chief e il sindaco di Londra Sadiq Khan, che Trump ha definito via tweet uno “stone cold loser who should focus on crime in London”, un perdente completo che dovrebbe occuparsi della criminalità che imperversa a Londra.
Nel tweet in questione, in cui ha anche accusato Khan di essere un “pessimo sindaco” e ironizzato su quel “nasty” che aveva poco prima affibbiato a Meghan Markle – salvo poi negare, ma lo incastrerebbero le registrazioni –, Trump non ha perso occasione di attaccare Bill De Blasio, primo cittadino di New York neo-candidato alla presidenza, che, ad avviso del tycoon, avrebbe fatto “un pessimo lavoro”. Un cinguettio giunto in risposta alle parole di Khan affidate all’”Observer”, in cui a sua volta definiva Trump una “minaccia globale”, e paragonava la sua propaganda a quella “dei fascisti del ventesimo secolo”. E in questo turbinio di attacchi, il portavoce del Municipio ha voluto ricordare che “Sadiq rappresenta i valori progressisti di Londra nel mondo”.
Non esattamente un buon clima, insomma, per inaugurare una importante visita all’alleato britannico. Ma le polemiche non sembrano avere incrinato l’atmosfera di reciproca amicizia tra i due partner transoceanici. Trump e consorte sono infatti stati accolti con tutti gli onori a Buckingham Palace, dove la Regina Elisabetta ha srotolato il tappeto rosso concedendo al tycoon l’onore della visita di stato da lei ospitata. Trump è solo il terzo presidente USA a ricevere tale accoglienza, dopo George W. Bush nel 2003 e Barack Obama nel 2011.
Ma attenzione: dopo Markle e Khan, i tweet-attacchi del tycoon si sono rivolti al suo nemico prediletto: la stampa. “Appena arrivato nel Regno Unito. L’unico problema è che la CNN è la principale fonte di notizie disponibile dagli USA. Dopo averla guardata per un po’, ho spento. Tutto negativo e tante Fake News”, è stato l’affondo presidenziale. Il tycoon ha anche invitato la società madre di CNN, AT&T, a “boicottare” il network che tanto disprezza.
Ben oltre lo schermo e fuori dai social media, la visita del Presidente americano meno diplomatico della storia resta una carta che il Regno Unito non può permettersi di giocarsi male. Dietro l’inossidabile ospitalità riservata alla delegazione americana, nonostante gli incidenti di percorso mediatici, c’è la necessità di confermare quella “relazione speciale” tra USA e UK in un periodo quantomai tempestoso per le terre della Regina. La speranza, cioè, è che Trump – che non ha mai disdegnato di far valere le ragioni commerciali statunitensi – usi clemenza nei confronti dell’alleato quando si tratterà di negoziare un trattato di libero commercio svincolato dall’UE.
Allo stesso tempo, c’è chi sottolinea che Trump, in questi giorni, non avrà alcuni dei privilegi di cui hanno goduto i suoi predecessori. Non sarà invitato a parlare, ad esempio, davanti al Parlamento britannico, a causa dell’opposizione suscitata dal suo “travel ban” per i residenti di Paesi musulmani, misura criticata anche da John Bercow, il portavoce della Camera dei Comuni.
Nel frattempo, in patria il Presidente americano deve affrontare la crescente minaccia dell’impeachment, prospettiva a prima vista favorita dal recente sondaggio che dà il 76% dei democratici a favore dell’inizio delle procedure. E, dal punto di vista internazionale, il viaggio in Gran Bretagna è coinciso con un insasprimento della guerra commerciale con la Cina e un peggioramento nei rapporti con il Messico, che il Presidente ha minacciato di colpire con nuovi dazi nel tentativo di fermare il flusso migratorio dal confine meridionale. Tante, insomma, le “turbolenze” che hanno accompagnato l’inizio della visita britannica di un Presidente americano che mai ha nascosto, fin dall’inizio, di “tifare” per l’addio del Regno Unito a Bruxelles, e che non si è sottratto dal rivolgere piccate critiche alla gestione di Theresa May del complicato processo. E c’è chi si attende che il tycoon sarà, in qualche modo, un’ulteriore miccia nel già infuocato clima politico britannico. “Dirà cose terribili sulla Brexit che sconvolgeranno almeno metà della popolazione britannica”, ha profetizzato al “Washington Post” Adam Thomson, ex ambasciatore britannico presso la NATO. “L’endorsement a Boris Johnson farà del male, non aiuterà”, ha proseguito Thomson, ora direttore della European Leadership Network con sede a Londra. “La lode di una Brexit senza accordo farà del male, e non aiuterà chi sostiene questa prospettiva”.
D’altro canto, il tour britannico di Trump sarà anche un’opportunità politica per lui, che di certo non gode di grande popolarità nel Paese, e già guarda al dopo-May. “Nigel Farage è un amico; Boris è un amico”, aveva eloquentemente sottolineato il Presidente giovedì, commentando la buona performance del partito della Brexit di Farage alle elezioni europee. “Magari non sarà affar mio supportare queste persone, ma nutro grande rispetto per entrambi questi uomini”. Di certo, avere due amici così a guidare l’apprezzato divorzio da un’Europa a crescente trazione populista non deve essere poi tanto male.