lunedì, 25 Novembre 2024

IL FUTURO DEI VIAGGI NELLO SPAZIO

Oliver Holmes (The Guardian /Regno Unito) Traduzione di FEDERICO FERRONE per Internazionale

Quello dei voli spaziali è un settore che ha ormai una certa anzianità. Il primo esploratore spaziale, il cosmonauta sovietico Jurij Gagarin, ha orbitato intorno al globo il 12 aprile 1961, più di mezzo secolo fa.

Da allora più di 550 persone si sono lanciate nel nero abisso spaziale, anche se non tutti sono d’accordo sulla distanza da percorrere prima di raggiungerlo effettivamente, e quindi non esistono statistiche condivise su scala internazionale. Le donne sono state solo un decimo di questi viaggiatori, in buona parte a causa delle politiche sessiste della Nasa e dell’agenzia spaziale russa Roscosmos.

Dove siamo stati nello spazio?

Il primo paese a effettuare una missione in orbita è stato l’Unione Sovietica, ma poi gli sforzi si sono concentrati su un altro obiettivo: fu quando il presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy, annunciò che il paese avrebbe portato un uomo sulla Luna entro la fine degli anni sessanta. L’Apollo 11 allunò sul nostro grigio e polveroso satellite il 20 luglio 1969.

Negli anni successivi avrebbero camminato sul suolo lunare 12 persone, tutte statunitensi, ma dal 1972 nessuno ci è più tornato. Anzi, la realtà è che da allora nessuno è mai andato più in là dei dintorni della Terra.

Di solito immaginiamo gli astronauti come persone che fluttuano nel vuoto o che saltellano tra i crateri lunari, ma la maggior parte di quanti hanno la fortuna di farlo si limitano a volteggiare in un’orbita terrestre bassa, tra i 160 e i duemila chilometri di altezza. È qui che si trovano quasi tutti i satelliti usati nelle telecomunicazioni e per la navigazione, che sfrecciano a migliaia di chilometri all’ora per evitare di precipitare sulla Terra.

Cosa facciamo una volta lì?

Gli astronauti vivono e lavorano fuori dell’atmosfera terrestre, spesso conducendo esperimenti su se stessi per determinare gli effetti dell’assenza di peso, o della microgravità, sul corpo umano.

Nel 1986 l’Unione Sovietica ha lanciato in orbita la stazione spaziale Mir. Quando questa, in seguito, è caduta sulla Terra (fortunatamente in un’area non abitata) e ha preso fuoco, fu lanciata l’attuale Stazione spaziale internazionale (Iss). Dal 2000 gli esseri umani vivono ininterrottamente nello spazio. In questo momento ce ne sono tre lassù in orbita, e ogni 90 minuti compiono un giro completo intorno al globo.

Quali paesi possiedono programmi spaziali che coinvolgono esseri umani? E quanto costa?

Solo tre paesi, ovvero la Cina, la Russia e gli Stati Uniti, possiedono programmi del genere, che rimangono straordinariamente costosi. Tuttavia hanno fornito passaggi a viaggiatori spaziali provenienti da quaranta paesi, tra cui un esponente della famiglia reale saudita e perfino alcuni clienti paganti, come il milionario sudafricano Mark Shuttleworth, quando aveva solo 28 anni.

Il prezzo è astronomico. L’Iss è la macchina più costosa mai costruita, finora la spesa è stata di circa 150 miliardi di dollari. Il programma Space shuttle della Nasa, avviato all’inizio degli anni settanta con la promessa di un accesso sicuro ed economico allo spazio, nelle speranze sarebbe dovuto costare solo alcune decine di milioni di dollari per ogni lancio. Ma dopo la chiusura del programma, nel 2011, l’agenzia ha stimato a 209 miliardi di dollari il costo totale, quasi 1,6 miliardi a volo.

Dopo la grande battaglia dello shuttle, che è parsa fantastica dall’esterno ma, oltre a costare una fortuna, ha anche ridotto lo spazio di esplorazione intorno all’orbita della Terra, gli Stati Uniti hanno deciso di assumere un ruolo molto più defilato. La maggior parte degli astronauti oggi sono inviati dall’agenzia spaziale russa, e i viaggi del suo veicolo spaziale Soyuz costano tra i 21 e gli 82 milioni di dollari.

La possibilità di far viaggiare gli esseri umani nello spazio vale tutti questi sforzi?

Chiunque sia coinvolto nei viaggi spaziali risponderebbe con sarcasmo, ma è una buona domanda e le agenzie spaziali spesso non comunicano abbastanza chiaramente i risultati ottenuti. Praticamente ogni settore del progresso umano ha tratto benefici dall’inviare persone in orbita. Il semplice fatto di tentare una cosa simile ha obbligato gli scienziati a inventare nuovi sistemi. Il computer di guida dell’Apollo è stato un predecessore dei microcomputer attualmente presenti in tutti gli smartphone. Oggi i vestiti sono più resistenti al fuoco grazie alla ricerca sugli incendi nello spazio. Il controllo a distanza della salute degli astronauti ha portato alla creazione di sistemi rivoluzionari al servizio dei malati. Inoltre, le malattie si comportano e si sviluppano in maniera diversa in condizioni di microgravità, il che aiuta gli scienziati a trovare nuove cure.

Altri sostengono che investimenti del genere immettano denaro nell’economia, e sostengono che le aziende nate dalla ricerca spaziale e un corrispondente settore commerciale in crescita generino profitti tra sette e 14 volte superiori ai costi delle missioni. La Nasa, il principale attore globale del settore, oggi spende molto meno di quanto faceva in passato. Il governo degli Stati Uniti investe circa 19 miliardi di dollari per l’agenzia, pari a circa lo 0,5 per cento di tutta la spesa federale. Nei primi tempi del programma Apollo, questa cifra era compresa tra il 4 e il 5 per cento del bilancio totale.

Quanto è forte la cooperazione tra i diversi paesi?

La prima corsa allo spazio rientrava nell’ottica di competizione della guerra fredda, ma dagli anni novanta i diversi paesi lavorano insieme piuttosto che uno contro l’altro. L’Iss nasce dalla collaborazione tra cinque agenzie spaziali (Nasa, Roscosmos, la giapponese Jaxa, l’agenzia europea Esa e quella canadese) ed è stata assemblata in un periodo di 13 anni, a partire dal 1998, aggiungendo un pezzo alla volta, come in un Lego.

Una notevole eccezione è rappresentata dalla Cina, che ha perseguito le sue ambizioni in solitario, non inviando nessun astronauta nell’Iss. Sembra che nel 2006 Pechino abbia testato dei laser contro i satelliti geostazionari degli Stati Uniti, in un presunto tentativo di neutralizzarli o danneggiarli. Il congresso degli Stati Uniti in risposta ha reso illegale qualunque cooperazione tra Nasa e agenzia spaziale cinese.

È tuttavia probabile che il futuro di questi voli sarà più cooperativo che conflittuale. Dal 2011 le agenzie spaziali nazionali di 14 paesi hanno cercato di coordinare i loro sogni fondendoli in un’unica visione. Nel piano più recente, pubblicato a gennaio di quest’anno, è scritto che queste hanno deciso di “espandere la presenza umana nel sistema solare, con la superficie di Marte che rappresenta un obiettivo e uno stimolo comune”.

Stiamo per sbarcare su Marte?

È ancora presto per cominciare il conto alla rovescia. Buona parte della comunità scientifica ritiene che prima di andare su Marte dovremo tornare sulla Luna. “È l’unica cosa logica da fare”, sostiene il professor Ian Crawford, specialista di ricerca spaziale e astrobiologia all’University college London. “Sono assolutamente favorevole all’idea d’inviare delle persone su Marte, ma la tecnologia, la competenza e l’esperienza necessarie credo siano ancora fuori dalla nostra portata”.

La Luna ha innegabili vantaggi. È a soli tre giorni di viaggio, rispetto ai vari mesi necessari per andare su Marte, ed è stata valutata un luogo adatto a ospitare una stazione di ricerca simile a quella dell’Antartide. Dai loro laboratori, gli scienziati potrebbero studiare gli effetti sul corpo umano dell’esposizione alle radiazioni e alla quasi assenza di peso, restando più vicini alla Terra ma sempre nello spazio profondo e avendo comunque la possibilità di preparare spedizioni in territori più lontani.

Quindi torneremo sulla Luna?

In realtà no. La road map d’esplorazione globale suggerisce di cominciare con il costruire una stazione spaziale orbitale intorno alla Luna, da cui spedire gli astronauti sul suolo lunare e sulla quale farli poi tornare. Somiglierà all’Iss, a parte il fatto che, invece di muoversi intorno alla Terra, ruoterà intorno alla Luna.

Metteremo mai un piede umano su Marte?

Si tratta di un obiettivo titanico e sarebbe prudente aspettarsi notevoli ritardi. “I luoghi che potremo raggiungere nello spazio saranno un compromesso tra quello che le persone vorranno e la realtà del tempo e delle risorse economiche disponibili”, afferma Henry Hertzfeld, direttore dell’Istituto per le politiche spaziali presso l’università George Washington di Washington ed ex analista strategico per la Nasa. “L’idea di mandare persone su Marte circola da tempo. Se si osservano le politiche messe in campo, si tratta chiaramente di una visione a lungo termine priva di una data precisa. Ma probabilmente non abbiamo ancora la tecnologia necessaria a mantenere le persone per tanto tempo nello spazio profondo”.

Chi sono i nuovi contendenti nella gara per mandare degli esseri umani nello spazio?

Gli Stati Uniti e la Russia hanno ceduto il passo ad altri attori. Nel 2003 la Cina è diventata il terzo paese al mondo ad aver spedito una persona in orbita, e l’India progetta di diventare il prossimo nel 2022. Ma quel che sta davvero cambiando il settore è sicuramente la spinta del settore privato.

In quella che è stata ribattezzata la “corsa allo spazio dei miliardari”, Elon Musk, fondatore dell’azienda specializzata nella produzione di veicoli elettrici Tesla, l’amministratore delegato di Amazon Jeff Bezos e il capo di Virgin, Richard Branson, si sono tutti dati l’obiettivo di creare un servizio per inviare privati cittadini nello spazio. Le loro aziende, SpaceX, Blue Origin e Virgin Galactic, sono al lavoro per rendere meno cari questi viaggi degli esseri umani.

A loro si unisce una manciata di aziende che si occupano di voli spaziali commerciali e che già lavorano come appaltatori delle agenzie spaziali nazionali. I giganti dell’industria aerospaziale Boeing e Lockheed Martin utilizzano già dei pesanti razzi, che costano però almeno 350 milioni di dollari a lancio, molto di più rispetto al nuovo sistema da 90 milioni di dollari di SpaceX, denominato Falcon Heavy.

SpaceX ha una lista d’attesa di lanci spaziali già prenotati per un valore di circa dieci miliardi di dollari e riesce a ridurre i costi utilizzando veicoli riutilizzabili, nei quali anche i razzi propulsori sono in grado di riatterrare e possono quindi essere riparati e rimessi in funzione.

E mentre diventa sempre più probabile l’ipotesi che l’Iss riceverà meno fondi nel prossimo decennio, varie aziende private stanno valutando la possibilità di assumere il controllo della stazione spaziale o di costruirne di nuove.

Cosa ci aspetta ora?

Se alcune agenzie governative danno priorità alla Luna, altre stanno puntando dritte a Marte. Musk ha dichiarato che l’obiettivo della sua vita è creare una prospera colonia su Marte come misura di sicurezza per l’umanità in caso di eventi catastrofici sulla Terra, come una guerra nucleare o un colpo di stato da parte dell’intelligenza artificiale stile Terminator. Per questo motivo la sua SpaceX sta sviluppando il Big falcon rocket (Bfr) che, secondo i piani, potrebbe essere in grado di portare sul pianeta rosso veicoli spaziali con persone a bordo entro la metà degli anni venti di questo secolo.

Musk sostiene che il Bfr è in parte ispirato al razzo di Tintin e sarà il più grande mai costruito nel suo genere, capace di ospitare fino a cento passeggeri per viaggio a seconda di quanto bagaglio vorranno portare con sé.

Oltre a operare nel redditizio settore del lancio di satelliti, SpaceX sta raccogliendo denaro vendendo biglietti per i viaggi sul Bfr: alcuni la definirebbero una gita intorno alla Luna. Yusaku Maezawa, un miliardario della moda e collezionista d’arte giapponese, sta finanziando tale missione, prevista per il 2023. Sostiene che in quel viaggio di una settimana porterà con sé degli artisti, per far riscoprire al pubblico il fascino del nostro universo.

Traduzione di FEDERICO FERRONE per Internazionale

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