Dopo una lunga gestazione e una catena di rinvii, il governo ha nominato i nuovi vertici dei servizi segreti. Alla guida del Dis, l’organismo che supervisiona le attività dell’intelligence, andrà il generale Gennaro Vecchione, mentre il generale Luciano Carta è stato scelto come direttore dell’Aise, il servizio che si occupa prevalentemente di attività all’estero.
Si tratta di due ufficiali provenienti dalla Guardia di Finanza, anche se Carta da due anni era già numero due dell’Aise: una scelta inusuale per i rituali del settore, che in passato prevedevano una sorta di equilibrio tra le varie forze di polizia e corpi militari. Una linea che potrebbe segnare una svolta, con un potenziamento dell’attività di intelligence economica: una questione discussa da anni e resa impellente dagli sviluppi più recenti, con le sorti del Paese sempre più legate ai mercati internazionali e la necessità di proteggere aziende e reti da forme di spionaggio evolute, in particolare sul fronte della cybersecurity. In ogni caso, con la conferma firmata a giugno all’Aisi di Mario Parente, ex comandante del Ros dei carabinieri, oggi per la prima volta i vertici dei servizi segreti risultano “demilitarizzati”.
Al Dis arriva quindi Gennaro Vecchione, tre lauree, che in passato ha guidato l’ufficio incaricato di debellare le frodi comunitarie e il reparto che si occupa di appalti e di tutela della privacy: da un anno dirigeva la scuola di perfezionamento delle forze di polizia, una sorta di master superiore per gli ufficiali di tutti i corpi.
Invece Luciano Carta, 61 anni, è stato nel 1993 uno degli ufficiali di punta del pool Mani Pulite, dove ha coordinato alcune delle inchieste più importanti di Tangentopoli, incluse quelle su Fininvest, su Enimont, e sulla corruzione all’interno delle stesse Fiamme Gialle. È stato consulente della Commissione parlamentare antimafia e ha condotto indagini anticorruzione a Livorno e a Bologna, dove ha anche supervisionato la campagna contro l’evasione fiscale a San Marino. Dopo avere diretto i reparti speciali delle Fiamme Gialle, è diventato capo di stato maggiore della Guardia di Finanza: nel 2016 era considerato uno dei candidati al vertice del corpo ma il governo Renzi scelse il generale Giorgio Toschi. A Carta venne assegnato il ruolo di vice dell’Aise, al fianco del generale Alberto Manenti, l’uomo che nell’ultimo decennio ha gestito alcune delle pratiche più delicate per la sicurezza nazionale.
Come per tutte le nomine del governo gialloverde, l’iter è stato abbastanza complesso, con una “interlocuzione” del Quirinale alla luce del ruolo strategico di questi apparati. A insistere per il cambiamento è stato soprattutto Matteo Salvini, che aveva contestato le proroghe di Manenti e di Alessandro Pansa, direttore del Dis, volute dall’esecutivo Gentiloni dopo le elezioni: «E’ incredibile – aveva detto all’epoca il leader della Lega – che dopo un voto che ha cambiato equilibri e volto al paese, cacciato ministri, ci sia un governo delegittimato che mette mano a rinnovi di incarichi importanti e non urgenti come quelli dei Servizi». Di rinvio in rinvio si è arrivati a ottobre e a quel punto è stato deciso dal premier Conte di attendere la conclusione della Conferenza di Palermo sulla Libia, con un impegno rilevante da parte dell’Aise e del generale Manenti, considerato uno dei maggiori specialisti in materia.
«Era dai tempi di Martini, Pollari e Siracusa che non spiccavano profili di così alto spessore, capacità e serietà», ha commentato il sottosegretario alla Difesa, Angelo Tofalo (M5S): «Con il cambiamento di oggi si apre una nuova pagina per il comparto intelligence italiano».