Trent’anni fa, Margaret Thatcher sosteneva: «La società non esiste, esistono gli individui». Trent’anni dopo, la sua erede Theresa May prende atto che gli individui sono rimasti soli e nomina per la prima volta un ministro apposta per loro. Il ministro della Solitudine.
Dunque la società esisteva e non era neppure così male.
Le famiglie che stendevano un cordone sanitario intorno ai propri membri in difficoltà. Le associazioni sindacali, professionali e territoriali che si prendevano cura dei propri iscritti e in genere degli anelli deboli della catena. Quando ancora gli spiriti animali del capitalismo ruggivano, la solitudine era sinonimo di libertà.
In quest’epoca fragile e tremebonda, è diventata una malattia: l’equivalente di quindici sigarette al giorno, dicono i medici.
Prima era una condizione esistenziale di cui menare vanto: sgravato dal peso delle relazioni collettive, il single poteva concentrarsi sul lavoro e sul soddisfacimento dei piaceri personali. Adesso è una condizione esistenziale che provoca sofferenza e ha bisogno di essere alleviata.
Da chi? Ma dalle stesse associazioni di cui si era decretata l’inutilità. Il vituperato Stato Sociale, che l’Occidente pare non possa più permettersi, ma senza il quale è condannato a dissolversi in un nugolo di solitudini spaventate e incarognite.
«Beata solitudo, sola beatitudo», declamavano gli antichi. Ma il nuovo ministro inglese sa che per apprezzare le delizie della solitudine bisogna prima avere conosciuto quelle della solidarietà.