mercoledì, 27 Novembre 2024

Il Russiagate non scalfisce Salvini

Alessandra Ricciardi (ItaliaOggi)

Sta riprendendo a soffiare con forza il vento dello scontento anche in Italia. Dopo la Francia, il nostro è il paese più a rischio in Europa. «Diseguaglianze economiche ma anche sociali stanno gettando benzina su un fuoco che cova da tempo. Con l’arrivo del governo Lega-M5s la spinta alla protesta di piazza era scemata, ora sta risalendo. Ma la fiducia nelle forze di governo, e in particolare nella Lega, continua a crescere».

Così Rado Fonda, sondaggista, direttore ricerche Swg.

L’ultimo sondaggio dell’istituto triestino al 22 luglio scorso dice che tre italiani su dieci sono pronti a scendere in piazza per cambiare le cose. La Lega è stimata al 37,8%, di ben 3,5 punti sopra i risultati delle Europee. Resta staccato, anche se in leggera ripresa, il Movimento 5stelle: 18,5. Non decolla il Pd, mentre è in caduta libera Forza Italia.

Domanda. Perché avete deciso di analizzare la voglia di piazza in Italia?

Risposta. È un filone che si inserisce in una ricerca più ampia su tutti gli aspetti che connotano il populismo e il sovranismo. Lo abbiamo fatto anche alla luce di ricerche analoghe di istituti di altri paesi europei che stano lavorando sullo stesso fronte.

D. Mi dica subito: c’è da preoccuparsi o no?

R. Abbiamo registrato pulsioni nella società che fanno pensare che potrebbe esserci la spinta a una radicalizzazione della protesta, con uno sblocco più energico e deciso.

D. Insomma dobbiamo temere rivolte di piazza come quelle dei gilet gialli?

R. I gilet gialli sono probabilmente un caso a parte. Gli italiani sono più restii alle proteste di massa, però c’è un’insoddisfazione di fondo che sta crescendo, e quando queste pulsioni si sedimentano nel tempo, e non trovano uno sbocco, la situazione diventa pericolosa. Dal confronto che abbiamo fatto emerge che in Europa è la Francia il Paese in cui le proteste sono più radicalizzate, subito dopo c’è l’Italia. Germania e paesi del Nord hanno movimenti di protesta più blandì

D. Cosa dicono le vostre rilevazioni?

R. La voglia in Italia di rivoluzione ha avuto il picco al 48% nel 2017, poi è calata nel 2018 sotto il 30, all’indomani della formazione del governo giallo-verde.

D. Come lo spiega?

R. Negli ultimi due anni la rivolta si era sopita perché la rabbia è stata sostituita dalla speranza nel cambiamento costituita dal governo gialloverde. Sia M5s e Lega hanno svolto da questo punto di vista un ruolo positivo. Nel momento in cui queste forze dovessero deludere, l’insoddisfazione però diventerebbe pericolosa.

D. Ed oggi a che punto siamo?

R. Secondo il 50% degli italiani del nostro campione, in Italia è molto o abbastanza possibile lo sviluppo di ondate di protesta contro i ricchi o comunque coloro che godono di privilegi anche sociali. La pulsione barricadera coinvolge invece un 36% degli italiani, pronto a scendere in piazza. Un restante 50% per cento però ritiene invece che per cambiare le cose si debba seguire la strada democratica delle riforme. Il bisogno di rivoluzione è invece al 30%, un 2% in più rispetto a febbraio 2019. Ma ben 18 in meno rispetto al 2017.

D. Qual è l’elemento di maggiore frattura sociale?

R. Lo scontro tra popolo ed élite si gioca sulla diseguaglianze di reddito ma anche di posizioni sociali, su sicurezze e insicurezza

D. Chi sono le élite?

R. L’élite è un’entità poco definita, viene in parte identificata con le banche, in parte con establishment politico ed economico del paese, ma anche con la politica europea.

D. Eppure cresce il consenso a favore dei partiti di governo. Che stime fate?

R. La Lega al 37,8%, di ben 3,5 punti sopra i risultati delle Europee. Resta staccato, anche se in leggera ripresa di 1,4 punti, il Movimento 5stelle:18,5. Il Pd cala dal 22,7 delle Europee al 21,5. Crolla Forza Italia al 6.6 dall’8.8, Fdi è al 6,3, stazionario.

D. Da cosa dipendono questi andamenti?

R. Molti degli insoddisfatti e arrabbiati in verità stanno con il governo perché percepiscono sta facendo la loro stessa battaglia. Lega e M5s vengono percepite ancora come forza anti sistema. A differenza di Forza Italia e Pd.

D. M5s però non si riprende dalla batosta del voto europeo.

R. Luigi Di Maio ha perso credibilità nell’ultimo anno a causa di troppi no e indecisioni su dossier chiave come la Tav o le grandi opere. Indecisioni che hanno trasmesso idea che l’unico a comandare sia Matteo Salvini. Anche se va segnalato nelle ultime tre settimane il Movimento ha un trend positivo, praticamente da quando ha assunto un atteggiamento di maggiore contrasto alla Lega.

D. Il vento a favore di Salvini da cosa dipende?

R. Ha una leadership che è l’unica veramente forte in Italia, e questo rappresenta un vantaggio competitivo notevole per la Lega, è la variabile principale che porta consenso al partito.

D. Ma il caso Moscopoli non ha avuto un effetto negativo?

R. Ma no, gli elettori della Lega ritengono che non sia un dossier importante, e giudicano poco credibile la vicenda.

D. La Lega è sotto schiaffo, o cosi sembra, del premier Giuseppe Conte per il no all’autonomia regionale. Il Carroccio pagherà pegno al Nord?

R. Non direi, salvo ai veneti in fondo a nessuno interessa la maggiore autonomia di cui si parla. Il vero problema è dato da quello che dirà Salvini.

D. In che senso?

R. Se Salvini promette che l’autonomia si fa e poi non si fa niente, questo rappresenta un punto a sfavore perché vorrebbe dire che anche lui non mantiene la parola. Il che intaccherebbe la sua credibilità.

D. A cosa deve stare attento il governo per evitare che lo scontento che sta covando diventi protesta di piazza?

R. A non peggiorare le condizioni di vita degli italiani. Per cui massima attenzione su tasse e immigrazione. Poco importa se non si fa la riforma della giustizia per esempio, ma se aumentano le tasse e crescono gli immigrati la gente comunque si incazza.

D. Gli arrabbiati sono più di destra o di sinistra?

R. Sono trasversali ai partiti. Del resto lo stesso M5s ha dentro componenti assai varie, tanto che molti che non hanno più votato per i pentastellati hanno votato per la Lega.

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