giovedì, 28 Novembre 2024

Il tempo intuito vagamente da scienziati antichi

Roberto Vacca [ L'OROLOGIO ]

Il tempo – questa variabile ineluttabile – viene descritta, spiegata, misurata dagli scienziati attuali meglio di quanto sia mai stato fatto. Però, se proviamo a seguire le loro spiegazioni, ci troviamo spesso in difficoltà.

Questo dipende dalla complessità delle spiegazioni quantistiche e dal fatto che non abbiamo esperienza di tempi minimi, come un picosecondo – un millesimo di miliardesimo di secondo. Impariamo a fare calcoli con questa unità di misura, ma l’immginazione non ci aiuta. Non fu di grande aiuto a ragionare sul tempo nemmeno l’intuito di alcuni grandi scienziati antichi. Non mancava certo di intuito il pavese Gerolamo Cardano: polimata, medico e astronomo.

Nel XVI secolo scoprì i numeri negativi, i numeri complessi (radici quadrate di numeri negativi) e come risolvere le equazioni algebriche di terzo e quarto grado; inventò un codice segreto indecifrabile, la bussola giroscopica e il giunto (“cardanico”) fra due alberi rotanti non allineati, ma angolati. Gettò le basi del calcolo delle probabilità e scrisse sue teorie sulla musica e sulla fisiognomica. Nel 1550 pubblicò “De Subtilitate”, una enciclopedia suddivisa in 21 parti in cui descrive in modi a volte oggettivi, a volte fantasiosi: vuoto, moto, luce, metalli e loro leghe, pietre, piante animali (anche generati dalla putrefazione), anima, intelligenza, spiriti, angeli, Dio. Cardano ragiona a lungo sulla nostra percezione del tempo, quando siamo svegli, quando sogniamo e quando siamo in estasi.

Nel sonno il tempo si contrae se non sogniamo o sogniamo poco – se stiamo fermi, non possiamo usare il moto come misura del tempo e la nostra percezione è distorta. Non sappiamo che cosa sia il tempo che sempre ci accompagna. Tutto esiste nel tempo che genera ed uccide tutto, è origine della vita e della morte. Le attese nel tempo sono lunghissime, la memoria ne è breve. La quantità e la durata del tempo sono immani, ma non ci è concesso di ripararlo e aggiustarlo.. Non riusciamo a comprendere il tempo, ma solo ciò che in esso esiste, si compie, rimane. Il tempo è sconosciuto ai nostri sensi: è composto delle nostre immaginazioni. Nei sogni, negli incubi, quando abbiamo la febbre alta (tipicamente la quartana malarica) sperimentiamo spostamenti di tempo e di luogo.

Cardano azzarda vaghe spiegazioni ispirate a superficiali considerazioni di anatomia di fisiologia: le nostre percezioni visive distorte dipenderebbero dal fatto che i nervi connessi agli occhi sono cavi e in essi fluirebbero spiriti non meglio definiti. Altre percezioni visive e temporali anomale sarebbero causate da effetti ambientali come i miraggi o dai sortilegi delle streghe e dei demoni. Altre visioni e fenomeni strani si riscontrerebbero in prossimità di vulcani come l’Etna o l’Hecla che in Islanda erutta grosse quantità di bitume. Nel 1570 fu arrestato a Como e accusato di eresia e di uso indebito dell’astrologia. Aveva attribuito azioni famose di santi e martiri all’influenza delle stelle e aveva perfino formulato un oroscopo di Gesù Cristo.

Più prudente di Giordano Bruno ritrattò tutte le sue opinioni incriminate. Lasciò l’insegnamento: furono messi all’indice e proibiti tutti i suoi libri, tranne quelli di medicina.

Continuò a registrare buoni successi come medico: nel 1553 aveva curato dell’afasia l’arcivescovo di St. Andrews in Scozia e fu remunerato con 1400 monete d’oro. I suoi due figli gli sottrassero tutto il suo patrimonio. Era sempre squattrinato e, dimenticando i suoi studi sul caso e la probabilità, cercò inutilmente di rifarsi con il gioco d’azzardo, perdendo somme sempre più ingenti.

Nel 1937 mio padre Giovanni Vacca pubblicò “L’opera matematica di Gerolamo Cardano” in Rendiconti del Seminario Matematico e Fisico di Milano, in cui illustra l’importanza dei risultati nuovi da lui raggiunti e sorvola sulle sue credenze astrologiche.

Concluse traducendo una bella citazione dal Subtilitate: “ Chi tra duemila anni leggerà queste righe vedrà il mio intelletto. . . . Rimane dunque dopo la morte ciò che vi ha di ottimo in noi . . . C’è qualcosa dell’uomo mortale che sopravvive: l’intelletto e l’oggetto dell’intelligenza sono un’unica cosa, la eterna sostanza ”

Roberto Vacca

[ L’OROLOGIO ] +

Continuò a registrare buoni successi come medico: nel 1553 aveva curato dell’afasia l’arcivescovo di St. Andrews in Scozia e fu remunerato con 1400 monete d’oro. I suoi due figli gli sottrassero tutto il suo patrimonio. Era sempre squattrinato e, dimenticando i suoi studi sul caso e la probabilità, cercò inutilmente di rifarsi con il gioco d’azzardo, perdendo somme sempre più ingenti. Nel 1937 mio padre Giovanni Vacca pubblicò “L’opera matematica di Gerolamo Cardano” in Rendiconti del Seminario Matematico e Fisico di Milano, in cui illustra l’importanza dei risultati nuovi da lui raggiunti e sorvola sulle sue credenze astrologiche. Concluse traducendo una bella citazione dal Subtilitate: “ Chi tra duemila anni leggerà queste righe vedrà il mio intelletto. . . . Rimane dunque dopo la morte ciò che vi ha di ottimo in noi . . . C’è qualcosa dell’uomo mortale che sopravvive: l’intelletto e l’oggetto dell’intelligenza sono un’unica cosa, la eterna sostanza .” 2