Via libera definitivo del Consiglio dei ministri alla riforma delle intercettazioni, che entrerà in vigore dopo sei mesi dalla sua pubblicazione, prevista per gennaio. Solo una norma, quella che sancisce il diritto dei giornalisti ad avere copia dell’ordinanza di custodia cautelare, una volta resa nota alle parti, sarà invece efficace tra un anno.
COSA CAMBIA
Via dai brogliacci gli ascolti irrilevanti – La prima selezione la farà la polizia giudiziaria che dovrà trascrivere solo le intercettazioni rilevanti ai fini delle indagini. Le altre (di cui sarà indicata la durata e l’utenza intercettata) finiranno in un archivio sotto la responsabilità del pm. È la norma più criticata dall’Anm perché darebbe troppo potere e responsabilità alla polizia giudiziaria e non consentirebbe un effettivo controllo del pm sul suo operato. Con il rischio che eventuali errori non potrebbero essere nemmeno scoperti.
Nelle ordinanze solo l’essenziale – Mai più fiumi di intercettazioni nelle richieste dei pm e nelle ordinanze dei giudici, e niente colloqui non rilevanti e che coinvolgono terzi estranei alle indagini. Dovranno essere riportati solo « i brani essenziali» delle captazioni, quando servono per motivare la misura. Non è passata la richiesta più drastica di alcune procure, accolta in una prima bozza, di eliminare i virgolettati e di sostituirli con le sintesi delle conversazioni
Colloqui indagato-avvocato, vietato verbalizzare – Fermo restando che resta vietato intercettare i colloqui tra indagato e difensore, quando la captazione avviene per sbaglio, quella conversazione non dovrà mai essere verbalizzata. La norma non soddisfa i penalisti, che nel complesso accusano la riforma di ledere fortemente il diritto di difesa, non consentendo agli avvocati di avere copia di tutte le intercettazioni e dando termini limitati (10 giorni prorogabili sino a 30) per la loro consultazione.
Giornalisti potranno ottenere copia ordinanza custodia – Per la prima volta viene sancito questo diritto una volta che l’atto sia stato reso noto alle parti. Ma questa norma entrerà in vigore solo tra un anno, a differenza del resto della riforma, che sarà efficace a sei mesi dalla pubblicazione. Carcere per video-audio fraudolenti – Fatto salvo il diritto di cronaca, è previsto il carcere fino a 4 anni per chi diffonde riprese audiovisive e registrazioni di comunicazioni effettuate in maniera fraudolenta per danneggiare «la reputazione o l’immagine altrui». Nuove regole per i trojan – L’ uso dei captatori informatici, in pc o smartphone, sarà sempre consentito per terrorismo e mafia. Limiti invece per gli altri reati, ritenuti più stringenti degli attuali dall’Anm, che aveva chiesto di modificare la norma.
Orlando difende la legge
«Abbiamo un Paese che utilizza le intercettazioni per contrastare la criminalità e non per alimentare i pettegolezzi o distruggere la reputazione di qualcuno». Lo afferma, al termine del Cdm che ha dato l’ok alla riforma delle intercettazioni, il ministro della Giustizia Andrea Orlando sottolineando come il provvedimento, «senza restringere, ma anzi autorizzando ad intercettare in un modo più agevole, impone una serie di vincoli e divieti che impediscono di usarle come strumento di diffusione di notizie improprie».
Le critiche dei magistrati
«Non una bocciatura, ma nemmeno una condivisione entusiastica». Eugenio Albamonte sintetizza così il giudizio dell’Associazione nazionale magistrati, di cui è presidente, sulla riforma delle intercettazioni. Perché, spiega, «aver acceso una riflessione molto attenta su intercettazioni e privacy è un passo avanti culturalmente importante che condividiamo. Ma dal punto di vista delle modalità operative scelte si poteva fare meglio, qualche ombra è rimasta». Su quale sia il «punto di caduta più negativo della riforma» Albamonte non ha dubbi: è «lo strapotere della polizia giudiziaria nella selezione delle intercettazioni». La norma prevede che quelle giudicate irrilevanti non vengano trascritte ma sia indicato nel verbale soltanto il tempo di registrazione e l’utenza intercettata. Così però, «senza che venga indicato un minimo di contenuto dell’intercettazione ritenuta irrilevante, diventa impossibile un vero controllo da parte del pm». Con rischi altissimi e incomprensibili anche alla luce di quello che è appena successo nell’inchiesta Consip: «è paradossale che, avendo vissuto da poco il trauma di intercettazioni mal trascritte e gli echi politici e istituzionali che ne sono derivati, si creino le condizioni per ulteriori errori che, diversamente dalla vicenda a cui faccio riferimento, non saranno verificabili ex post». Albamonte non lo dice esplicitamente ma pensa a quella frase pronunciata dall’ex parlamentare Italo Bocchino e attribuita invece dal capitano del Noe Scafarto, ad Alfredo Romeo come prova di un incontro tra l’imprenditore e Tiziano Renzi, padre del segretario del Pd. Una vicenda scoperta dai pm romani che hanno messo Scafarto sotto inchiesta. Ora invece rimediare a errori del genere da parte dei pm non sarà possibile,spiega il leader dell’Anm, «se non andandosi a risentire tutti i nastri, il che equivarrà a cercare un ago nel pagliaio».
Un modo per risolvere il problema c’era e lo avevano indicato diversi procuratori: attribuire alla polizia giudiziaria il potere di selezionare le intercettazioni «manifestamente irrilevanti». Un suggerimento che è rimasto inascoltato, così come la richiesta dell’Anm di un ripensamento sulle limitazioni introdotte all’utilizzo dei trojan, cioè dei captatori informatici, nelle intercettazioni ambientali per reati diversi da terrorismo e mafia. È questo l’altro punto dolente della riforma: «c’è una riduzione fortissima dell’uso di questo strumento che provocherà un nocumento molto serio alle indagini». «Positive» invece le ultime modifiche che il Cdm introdurrà domani: «l’allargamento delle maglie della consegna degli atti ai difensori» e la possibilità per i giornalisti di ottenere e pubblicare l’ordinanza di custodia cautelare, «apprezzabile per il suo valore simbolico». Ma anche in questo caso c’è un neo: «Non si capisce perché bisogna aspettare 12 mesi per l’entrata in vigore di questa sola norma, su cui sono d’accordo sia gli operatori del diritto sia Parlamento e Governo».
La stroncatura degli avvocati
«È una riforma che non possiamo considerare positiva perché per tutelare privacy e riservatezza si è scelto di limitare fortemente il diritto di difesa. Il che crea danni significativi a chi si trova coinvolto il vicende giudiziarie. Già oggi difendere e complicato. Un domani diventerà pressochè impossibile, tanto meno nella fase cautelare». Resta molto severo il giudizio dell’Unione delle camere penali sulla nuova legge sulle intercettazioni, che domani riceverà il via libera definitivo del Consiglio dei ministri. «Per fare riforma in materia penale ci vuole coraggio, ma questo coraggio non c’è stato» commenta sconsolato Rinaldo Romanelli, componente della giunta dell’Upci. E a cambiare il punto di vista critico dei penalisti non sono bastate le ultime modifiche introdotte: cioè aver innalzato da 5 a 10 giorni il termine attribuito ai difensori per esaminare il materiale intercettato (con una proroga sino a 30 giorni se la documentazione è molto ampia e complessa); e avere vietato, fermo restando il divieto di intercettare i colloqui tra assistito e avvocato, la verbalizzazione di quelle conversazioni occasionalmente captate.
«Sono modifiche di dettaglio» taglia corto Romanelli, che se riconosce come sia comunque «meglio aver portato a 10 giorni il termine per l’esame e aver previsto per legge la proroga a 30», giudica «estremamente negativo» non essersi spinti più in là che vietare la verbalizzazione dei colloqui tra difensore e assistito: «perché così quei colloqui non finiranno sui giornali, ma saranno ascoltati dalla polizia giudiziaria», con la possibilità di mettere a conoscenza anche il pm della strategia difensiva di chi è indagato. Si doveva compiere un passo in più: stabilire che se casualmente viene captata la conversazione tra assistito e avvocato «si deve staccare l’intercettazione». Al di là degli ultimi emendamenti, «il vulnus di questa riforma resta: non dare copie agli avvocati di tutto il materiale intercettato». Una ferita tanto più grave, visto che oggi «tanti processi si fanno sulla base delle intercettazioni: «migliaia» di colloqui captati anche nei procedimenti più banali, con numeri che diventano «10-20 volte maggiori» nei casi giudiziari di maggiore importanza. Per questo aver corretto all’insù i termini per la consultazione del materiale depositato cambia poco, visto che in procedimenti dove «il 98% per cento del materiale intercettato è irrilevante,non bastano 10 giorni» per trovare invece le conversazioni utili alla difesa. Una ricerca che sarà possibile solo ai grandi studi legali. E gli indagati che non possono permetterseli saranno «barchette alla deriva in un mare in tempesta».
Le critiche dei giornalisti
«Sbaglia chi crede che la tutela del diritto di cronaca, nella nuova disciplina sulle intercettazioni, possa esaurirsi nel diritto di richiedere copia delle ordinanze del Gip. Questa norma, inserita nel provvedimento approvato dal governo, rappresenta un passo in avanti rispetto al testo iniziale, ma non può limitare il diritto dei giornalisti a pubblicare ogni notizia rilevante per l’opinione pubblica, anche se irrilevante ai fini del processo penale. L’obbligo di non divulgare materiale irrilevante ai fini del processo non può gravare sui giornalisti che, semmai, hanno il dovere opposto: quello di pubblicare ogni notizia di rilevanza pubblica, anche se coperta da segreto». Lo affermano, in una nota, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, segretario generale e presidente della Fnsi. «Non tutto ciò che è rilevante per soddisfare il diritto dei cittadini ad essere informati – sottolineano – ha necessariamente rilevanza penale. Per questo, in linea con l’indirizzo consolidato della Corte europea dei diritti dell’uomo, i giornalisti hanno il dovere di pubblicare tutte le notizie di interesse pubblico di cui vengono in possesso, a prescindere dal fatto che siano o meno coperte da segreto».