“Non c’è modo di impedirlo. Devi solo presumere in ogni momento che russi e cinesi ti stiano ascoltando”, ha dichiarato qualche anno fa Howard Gutman, ex ambasciatore degli Stati Uniti in Belgio. Erano altri tempi quando Vienna e Berlino si contendevano la palma di “città delle spie“. Oggi quel primato spetta senza dubbi a Bruxelles.
Negli ultimi decenni, nella capitale belga spiare sia gli “amici” che i “nemici” sembrerebbe essere diventata un’attività normalissima. Ognuno ha un obiettivo diverso. Se le agenzie di intelligence straniere sono attratte dalla sede Parlamento europeo, cuore vitale dell’Unione, e dalla Nato, per altri, come alcuni servizi di sicurezza mediorientali e di sicurezza, l’attenzione è rivolta alle grandi diaspore residenti nel Paese che influenzano la politica in patria. E poi, in virtù della nuova Guerra Fredda in corso, non possono certo mancare spie russe e cinesi.
Ma come ha fatto Bruxelles a trasformarsi in un crocevia di agenti segreti? Basta dare un’occhiata ad un paio di numeri. La città ospita 300 missioni diplomatiche, con 26mila diplomatici registrati, le stanze delle istituzioni europee e Nato, e più di 100 organizzazioni internazionali.
Già nel 2019, lo European External Action Service (East) avvisava i funzionari militari e i diplomatici di stare in guardia, soprattutto in luoghi come locali e ristoranti distanti dai rispettivi uffici. Meglio parlare all’aria aperta, in spazi pubblici, in modo tale da evitare le orecchie indesiderate di 007 russi o cinesi, era il consiglio diffuso, ormai diventato un must imprescindibile.
Spie a Bruxelles
Nell’arco degli ultimi 15 mesi, alle spie russe e cinesi (c’è chi le ha quantificate in 500, ma il numero è tutt’ora impreciso), si sono aggiunti i rappresentanti delle rampanti monarchie del Golfo, dal Qatar agli Emirati Arabi Uniti per non parlare dell’Arabia Saudita.
Il Qatargate ha acceso i riflettori su Bruxelles capitale delle spie, e ha addirittura fatto collegare la fuga di notizie ad uno sgambetto recapitato al controspionaggio saudita.
La misura è talmente colma, al punto che c’è chi chiede a gran voce la creazione di una sorta di euro-Cia, ossia di un’organizzazione capace di coordinare i 27 servizi di spionaggio nazionali sul modello di Europol per le forze di polizia. Il problema, tuttavia, è lo stesso che si riscontra quando c’è da parlare di difesa europea: non tutti intendono condividere informazioni riservate e il proprio know-how di intelligence con un’istituzione terza.
Insomma, il Belgio, in parte a causa del lassismo dei suoi politici e in parte per il suo sistema politico frammentato, è diventato il nuovo anello debole dell’Europa. Qui gli agenti stranieri avrebbero piantato solide radici, e sempre da qui le spie cercherebbero di controllare l’intero continente per conto dei rispettivi governi. Alcuni politici locali, tra l’altro sono sospettati di aver svolto attività più o meno sensibili per conto di organizzazioni sostenute da altre nazioni.
Attività intense
Tutti partecipano al banchetto allestito a Bruxelles. Nel 2013, Der Spiegel scriveva, citando i documenti dell’informatore Edward Snowden, che gli Stati Uniti avevano condotto un’operazione di intercettazione elettronica sulle istituzioni dell’Ue proprio a Bruxelles, oltre ad aver intercettato le missioni diplomatiche dell’Ue a Washington e presso le Nazioni Unite. Nel 2003, sono stati scoperti dispositivi di intercettazione nell’edificio Justus Lipsius del Consiglio europeo, con un’inchiesta belga ufficiale che ha successivamente puntato il dito del sospetto contro il governo israeliano.
“Il nostro consiglio generale è di essere cauti e attenti nelle aree pubbliche”, ripetono gli alti funzionari per la sicurezza dell’Ue, incapaci di contrastare un fenomeno in continua crescita. In un simile crogiolo di spie, in molti a Bruxelles avevano intuito che il Qatar si stesse muovendo in maniera sempre più sprovveduta. Non sappiamo, al momento, quale sia stata la fonte iniziale del Qatargate, ma sappiamo che i servizi segreti del Belgio hanno avviato un’attività classica formata da pedinamenti e perquisizioni clandestine.
A cavallo tra il 2020 e il 2022, ricorda La Stampa, a Bruxelles era al lavoro una commissione presieduta dal socialista francese Raphael Glucksmann. Focus: le ingerenze straniere nei processi decisionali europei. Nello stesso periodo sono volati in Belgio i membri del Copasir italiano, presieduto allora dal senatore Adolfo Urso, per approfondire il tema delle ingerenze. In quell’occasione hanno incontrati vari funzionari e pure Glucksmann, per poi scrivere in una relazione, appena tornati a Roma, un passaggio emblematico.
“I principali attori ostili sono, come è noto, la Russia e la Cina che fanno un uso ampio dei vari strumenti di disinformazione e di ingerenza sia sul fronte interno che all’estero nei Paesi considerati nemici. Anche altri Paesi più o meno estesamente sfruttano tali strumenti. Vi sono attori che svolgono una pesante attività di lobbying presso l’Ue, come la Turchia, il Qatar, gli Emirati arabi uniti e l’Azerbaigian”, si legge nella loro relazione. Ebbene, anche il Qatar.
Federico Giuliani
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