Eravamo in una fase acuta e dolorosa della pandemia e qui però al Meeting si provava già a riflettere su come ricostruire la nostra società, la nostra economia dopo quel terribile trauma.
Nel mio intervento provai a disegnare una politica economica adatta a un momento così duro.
Parlai dell’assoluta necessità di sostenere le famiglie, le imprese, in un periodo di recessione profonda, e dissi di tornare a una crescita sostenibile e condivisa.
Parlai della distinzione tra “debito buono” e “debito cattivo”, ovvero tra la spesa che permette a un’economia di rafforzarsi e quella per interventi che non fanno crescere né la produzione né l’equità sociale;
dell’importanza di sostenere i più deboli e i più giovani.
Queste idee hanno ispirato l’azione del governo di unità nazionale che il Presidente della Repubblica mi ha poi chiesto di guidare, qualche mese dopo, per rispondere alle crisi che stavamo attraversando.
Adesso come allora, il Meeting è un’occasione unica per guardare avanti, con immaginazione e anche con pragmatismo.
Per ragionare sul Paese che siamo, su quello che vogliamo diventare.
Anche oggi ci troviamo in un momento estremamente complesso, per l’Italia e per l’Europa.
Il quadro geopolitico è in rapida trasformazione, con il ritorno della guerra sul nostro continente, le tensioni nello stretto di Taiwan.
La congiuntura economica è segnata da profonda incertezza:
il notevole aumento del tasso d’inflazione è partito dal costo dell’energia, si è trasmesso ai beni alimentari, e oggi pesa in modo molto gravoso sui bilanci delle famiglie e delle imprese;
il rallentamento della crescita globale si ripercuote negativamente sulle esportazioni;
le condizioni di accesso al credito cominciano a peggiorare, questo avrà sicuramente effetti sugli investimenti.
I cambiamenti climatici si manifestano in modo minaccioso e richiedono una risposta decisa e urgente.
Fenomeni meteorologici estremi sono sempre più comuni, con conseguenze spesso tragiche.
Penso al dramma della siccità, che ha colpito in particolare il bacino del Po; allo scioglimento dei ghiacciai come quello della Marmolada; ai violenti nubifragi.
Queste crisi – geopolitiche, economiche, ambientali – hanno origini che sono spesso fuori dai confini del nostro Paese.
Ma spetta a chi ha responsabilità di governo dire la verità e, allo stesso tempo, rassicurare i cittadini con risposte chiare e concrete.
Le sfide sono molte, e di non facile soluzione:
come continuare a diversificare gli approvvigionamenti energetici e calmierare le bollette per famiglie e imprese;
come accelerare sulla strada delle energie rinnovabili per combattere il cambiamento climatico;
come mantenere il giusto impulso nelle riforme e negli investimenti, per preservare la crescita, la stabilità dei conti pubblici, l’equità;
come continuare ad assicurare all’Italia un ruolo da protagonista nel mondo, all’interno dell’Unione Europea e del legame transatlantico.
Queste questioni, nel loro insieme, presentano un passaggio storico drammatico, che deve essere affrontato con profondità di analisi e coraggio di azione.
Le decisioni che prendiamo oggi sono destinate a segnare a lungo il futuro dell’Italia.
Nel febbraio dello scorso anno, quando è iniziata l’esperienza dell’esecutivo, eravamo in un contesto diverso da quello attuale, ma altrettanto difficile.
La pandemia sembrava essere fuori controllo e – come avevamo osservato proprio qui al Meeting – generava in noi un’incertezza paralizzante.
L’occupazione delle terapie intensive era a un livello critico, mentre le vaccinazioni progredivano lentamente, tra difficoltà di approvvigionamento e di distribuzione.
Il bollettino di deceduti e malati di Covid-19 restituiva ogni giorno un quadro tragico.
Le scuole erano spesso chiuse e la didattica a distanza non riusciva a rappresentare un’alternativa valida ed equa all’insegnamento in presenza.
L’economia faceva fatica a uscire dalla più grave contrazione dal dopoguerra, con imprese e lavoratori che soffrivano per le conseguenze delle pur necessarie misure di contenimento dell’epidemia, per il crollo dell’attività.
In Italia e all’estero c’era scetticismo rispetto alla nostra capacità di presentare e iniziare ad attuare un Piano valido per riformare la nostra economia e spendere bene i fondi che ci erano stati assegnati con il Next Generation EU.
Sembravamo avviati verso una ripresa lenta e incerta.
A diciotto mesi di distanza, possiamo dire che non è andata così.
Gli italiani hanno reagito con coraggio e concretezza, come spesso hanno fatto nei momenti più difficili, e hanno riscritto una storia che sembrava già decisa.
Insieme, abbiamo dimostrato ancora una volta che l’Italia è un grande Paese, che ha tutto quello che serve per superare le difficoltà che la storia ci mette di nuovo davanti.
Il governo ha fatto del proprio meglio:
per rispondere con prontezza alle esigenze degli italiani;
per compiere tutte le scelte necessarie con indipendenza di giudizio;
per mantenere alta la credibilità di fronte ai cittadini e ai partner internazionali;
e per cercare sempre l’unità di intenti, il dialogo, la coesione sociale.
Questo è stato il nostro metodo di lavoro.
Tra poche settimane gli italiani sceglieranno la composizione del nuovo Parlamento, che darà la fiducia a un nuovo governo, sulla base di un nuovo programma.
A questo proposito: invito tutti ad andare a votare.
Voglio ringraziare tutti i ministri, tecnici e politici, per la dedizione e le competenze che hanno messo al servizio dell’Italia.
Nei mesi che abbiamo avuto a disposizione, abbiamo gestito le emergenze che si sono presentate e cominciato a disegnare un Paese più forte, equo, moderno.
Molto però resta da fare, in un contesto che, come ho accennato, è ostico e non consente soste.
Guidare l’Italia è un onore per cui sono grato al Presidente Mattarella, al Parlamento, alle forze politiche che ci hanno sostenuto, a tutti gli italiani che come voi mi hanno accompagnato con il loro affetto.
Mi auguro che chiunque avrà il privilegio di farlo, di guidare il Paese, saprà preservare lo spirito repubblicano che ha animato dall’inizio il nostro esecutivo.
Sono convinto che il prossimo governo, qualunque sia il suo colore politico, riuscirà a superare quelle difficoltà che oggi appaiono insormontabili – come le abbiamo superate noi l’anno scorso.
L’Italia ce la farà, anche questa volta.
Soprattutto nei momenti di crisi, l’azione di governo dev’essere rapida, convinta.
Mancano pochi giorni all’inizio dell’anno scolastico e voglio ricordare come la riapertura delle scuole sia stato uno dei nostri principali obiettivi sin dall’inizio della campagna vaccinale.
Avremmo potuto aspettare il superamento di una soglia di vaccinazione più alta nella popolazione, l’eliminazione di tutte le restrizioni delle attività commerciali prima di riaprire le scuole.
Ma non sarebbe stato giusto, soprattutto nei confronti dei giovani che avevano dovuto rinunciare a lungo alla didattica in presenza.
Abbiamo scelto di riaprire appena è stato possibile.
Lo abbiamo fatto consci del ‘rischio calcolato’ a cui andavamo incontro, nonostante le molte voci scettiche che ci davano degli irresponsabili.
Il risultato ci ha premiati: gli studenti sono tornati tra i banchi, le scuole sono restate aperte, la pandemia e la pressione sugli ospedali sono rimaste sotto controllo.
Il governo aveva semplicemente valutato correttamente l’impatto delle vaccinazioni. Ma ha poi scelto nel suo insieme con coraggio e senso di responsabilità.
Anche la crisi energetica dovuta all’invasione russa dell’Ucraina ha richiesto rapidità d’azione.
In pochi mesi, abbiamo ridotto in modo significativo le importazioni di gas dalla Russia, un cambio radicale nella politica energetica italiana.
Abbiamo stretto nuovi accordi per aumentare le forniture – dall’Algeria all’Azerbaigian.
Gli effetti sono stati immediati: l’anno scorso, circa il 40% delle nostre importazioni di gas è venuto dalla Russia.
Oggi, in media, è circa la metà.
Abbiamo accelerato lo sviluppo delle rinnovabili – essenziali per ridurre la nostra vulnerabilità energetica, per abbattere le emissioni.
Nei soli primi otto mesi di quest’anno ci sono state richieste di nuovi allacciamenti ad impianti di energia rinnovabile per una potenza pari a quasi quattro volte quella istallata complessivamente nel 2020 e nel 2021.
La nostra agenda di diversificazione dal gas russo è stata fondamentale per dare a cittadini e imprese maggiore certezza circa la stabilità delle forniture.
Se sarà realizzata nei tempi previsti l’istallazione di due nuovi rigassificatori, l’Italia sarà in grado di diventare completamente indipendente dal gas russo a partire dall’autunno del 2024.
È un obiettivo fondamentale per la sicurezza nazionale, perché la Russia non ha esitato a usare il gas come arma geopolitica contro l’Ucraina e i suoi alleati europei.
Si parla molto di sovranità, ma dipendere, come è accaduto in passato, per quasi metà delle proprie forniture di gas da un Paese che non ha mai smesso di inseguire il suo passato imperiale è l’esatto contrario della sovranità.
Non deve accadere mai più.
I risultati dei nostri sforzi sono già visibili.
A differenza di altri Paesi europei, le forniture di gas russo in Italia sono sempre meno significative, e una loro eventuale interruzione avrebbe un impatto minore di quanto avrebbe avuto in passato.
Il livello di riempimento degli stoccaggi ha ormai toccato l’80%, in linea con l’obiettivo di raggiungere il 90% entro ottobre.
Il governo ha predisposto i necessari piani di risparmio del gas, con intensità crescente a seconda della quantità di gas che potrebbe venire eventualmente mancare. Ma avete sentito il ministro Cingolani e cosa preveda per quanto riguarda il risparmio energetico.
Il mantenimento dei volumi delle forniture di gas non impedisce però l’aumento dei costi, che hanno raggiunto livelli insostenibili.
Il prezzo del gas sul mercato di riferimento è da diversi giorni largamente sopra i 200 euro per MWh, con picchi poco sotto i 300 euro – più di dieci volte il valore storico.
Il governo italiano ha spinto molto a livello europeo per avere un tetto massimo al prezzo del gas russo che importiamo.
Alcuni Paesi continuano a opporsi a questa idea, perché temono che Mosca possa interrompere le forniture.
Però i frequenti blocchi nelle forniture di gas russo avvenuti quest’estate hanno dimostrato i limiti di questa posizione.
Oggi l’Europa, e soprattutto questi Paesi più di noi, si trova con forniture incerte di gas russo e anche prezzi esorbitanti.
La Commissione è al lavoro su una proposta per introdurre un tetto al prezzo del gas, che sarà presentata al prossimo Consiglio Europeo. Non so quale esito avrà perché – come dico. le posizioni sono molto diverse. Ma la Commissione presenterà anche una riflessione su come slegare il costo dell’energia elettrica dal costo del gas.
Questo legame che c’è tra il costo dell’energia elettrica prodotta con le rinnovabili, e quindi acqua, sole, vento, e il prezzo massimo del gas ogni giorno è un legame che non ha più senso. I produttori di energia rinnovabili in un mondo dominato dalla produzione di gas potevano aver bisogno di essere sussidiati e lo sono stati, e lo sono molto anche oggi. Ma oggi non ha più senso che il prezzo dell’energia elettrica sia legato al prezzo massimo del gas e i produttori di energia rinnovabili sono quelli che oggi hanno conseguito i profitti più alti.
Comunque, qualunque sia la nostra idea sul futuro noi avremo questa discussione al Consiglio Europeo e su questa riflessione della Commissione immagino ci sia molto più accordo e molto più sostegno da parte di tutti i paesi.
Detto questo, in questa fase del ciclo economico, però, era giusto dare e non prendere, e così abbiamo fatto.
Il governo non ha mai aumentato le tasse – con la sola eccezione delle tasse sugli extraprofitti delle imprese del settore energetico.
Queste aziende, come dicevo ora per i produttori di rinnovabili e per altri comparti, hanno registrato utili senza precedenti solo a causa dell’aumento dei prezzi dei combustibili fossili – un aumento che, allo stesso tempo, penalizza la maggioranza di cittadini e le imprese.
È stato giusto chiedere alle imprese del settore energetico di contribuire di più – ed è essenziale che lo facciano, invece di rimandare o addirittura evitare di pagare quanto gli viene chiesto.
Per le altre aziende e per i cittadini, il governo ha iniziato un percorso di riduzione delle tasse, per quanto compatibile con l’equilibrio di bilancio e con il tempo che ci è stato dato.
Mi riferisco all’abbattimento dell’IVA sulle bollette, alla revisione dell’IRPEF, alla riduzione del cuneo fiscale.
L’obiettivo è stato quello di iniziare a rendere il fisco più leggero, e allo stesso tempo più equo.
Eliminare ingiustizie e opacità non vuol dire aumentare le tasse.
Questo è lo scopo della riforma del catasto: aumentare la trasparenza sui valori delle abitazioni, far emergere le cosiddette “case fantasma”, su cui i proprietari non pagano nulla o meno di quanto dovuto.
Abbiamo avviato la riforma della riscossione e ci siamo impegnati perché non ci fossero nuovi condoni prima del suo completamento.
L’evasione fiscale non deve essere né tollerata né incoraggiata.
Quest’agenda di politica economica ha avuto chiaramente un impatto positivo sulla crescita.
Il prodotto interno lordo è aumentato del 6,6% lo scorso anno e la crescita acquisita per quest’anno è già del 3,4%.
Siamo tornati ai livelli di PIL che registravamo prima della pandemia in anticipo rispetto alle stime della Commissione Europea.
Secondo il Fondo Monetario Internazionale cresceremo più di Francia, Germania e della zona euro nel suo complesso.
Anche il tasso di occupazione è cresciuto e ha toccato i livelli più alti dal 1977, che è l’inizio delle serie storiche.
A giugno di quest’anno c’erano 900mila occupati in più rispetto a febbraio del 2021 di cui quasi il 40% con contratti a tempo indeterminato.
Il mercato del lavoro italiano continua però a essere caratterizzato da stipendi bassi e precarietà diffusa, soprattutto tra i giovani.
La pandemia e il ritorno dell’inflazione hanno colpito in modo particolarmente severo i più deboli.
Tuttavia, l’aumento dei posti di lavoro, il taglio delle tasse per le famiglie, le corpose misure di sostegno hanno permesso di frenare l’aumento delle diseguaglianze.
Il governo si è mosso in modo particolare per sostenere le famiglie.
Con la riforma dell’IRPEF e l’assegno unico per i figli abbiamo stanziato a regime quasi 14 miliardi in più per le famiglie, riorganizzato e semplificato i benefici fiscali.
Abbiamo aumentato la durata del congedo parentale, esteso il diritto all’indennità di maternità a nuove categorie di lavoratrici, riformato l’assistenza ai non autosufficienti.
Abbiamo consentito a decine di migliaia di giovani con meno di 36 anni di acquistare una casa con tasse ridotte e mutui garantiti dallo stato.
Nella seconda metà dello scorso anno, le richieste di mutuo degli under-36 sono cresciute del 54% rispetto a un anno prima.
Questa è stata la nostra agenda sociale: crescita, occupazione, dare agli anziani dignità nella vecchiaia, ai giovani fiducia e mezzi per raggiungere i propri obiettivi.
Quest’anno, aiuti e sostegni a famiglie e imprese non hanno avuto bisogno di alcuno scostamento di bilancio.
Abbiamo confermato i nostri obiettivi di indebitamento.
Il debito pubblico in rapporto al prodotto interno lordo è sceso di 4,5 punti percentuali nel 2021 e il governo prevede continui a calare anche quest’anno di altri 3,8 punti percentuali.
Il rapporto debito/PIL resta a livelli molto alti, ma se queste previsioni dovessero confermarsi, si tratterebbe del maggior calo in termini assoluti in un biennio a partire dal dopoguerra.
Il miglioramento dei conti pubblici non dipende soltanto dalla presenza di una fase economica espansiva.
Mai negli ultimi venti anni in Italia l’uscita da una recessione era stata accompagnata da una riduzione significativa nel rapporto debito/PIL.
E se è vero che l’inflazione contribuisce alla riduzione del rapporto debito/PIL, non è sufficiente a spiegarla, poiché anche i confronti tra l’Italia e gli altri Paesi europei ci sono favorevoli.
Si prevede che il rapporto tra debito e PIL in Francia e Germania alla fine di quest’anno sarà prossimo al livello del 2020, a fronte invece del forte calo in Italia.
L’economia internazionale è ora in forte peggioramento e questo peggioramento ha iniziato a colpire il nostro Paese.
La politica economica che abbiamo seguito in questi mesi ci mette però su basi solide, e mostra un possibile percorso da seguire.
Crescita economica, giustizia sociale, sostenibilità dei conti pubblici sono pienamente compatibili fra loro, e possono rafforzarsi a vicenda.
La credibilità dell’azione di ogni governo sta anche nella risposta che riceve dai cittadini.
Penso alla campagna vaccinale, uno sforzo logistico imponente per cui ringrazio ancora una volta il personale sanitario, l’esercito, la Protezione Civile, i volontari.
Ci siamo posti obbiettivi ambiziosi e abbiamo dato priorità ai più anziani e ai fragili, secondo il principio della vulnerabilità – l’unico eticamente corretto.
Davanti alla serietà delle istituzioni, gli italiani hanno reagito con senso di responsabilità e spirito civico davvero eccezionali.
In soli sei mesi, tra febbraio e agosto 2021, 38 milioni di persone hanno ricevuto la prima dose.
Ricordo con piacere le parole di elogio verso il nostro Paese del Cancelliere tedesco Olaf Scholz durante la sua prima visita a Roma.
La credibilità interna deve andare di pari passo con la credibilità internazionale.
Questa è fondamentale perché l’Italia abbia un peso in Europa e nel mondo coerente con la sua storia, con le aspettative dei suoi cittadini.
L’Italia è un Paese fondatore dell’Unione Europea, protagonista del G7 e della NATO.
Il nostro debito pubblico – tra i più alti del mondo – è detenuto per oltre il 25% da investitori esteri.
Migliaia di aziende straniere si riforniscono dalle nostre imprese, fanno i loro ordini o impiegano i loro capitali in Italia e contribuiscono alla crescita, all’occupazione, al bilancio pubblico.
È per questi motivi che protezionismo e isolazionismo non coincidono con il nostro interesse nazionale.
Dalle illusioni autarchiche del secolo scorso alle pulsioni sovraniste che recentemente spingevano a lasciare l’euro, l’Italia non è mai stata forte quando ha deciso di fare da sola.
Il posto dell’Italia è al centro dell’Unione Europea e ancorato al Patto Atlantico, ai valori di democrazia, libertà, progresso sociale e civile che sono nella storia della nostra Repubblica.
È con questa visione che i nostri padri, i nonni hanno ricostruito l’Italia e reso la sua economia una delle più dinamiche del mondo, con uno degli stati sociali più generosi.
È grazie alla nostra appartenenza al mercato unico che siamo riusciti a costruire su queste basi un’economia con forti tutele per lavoratori e consumatori.
Ed è grazie alla partecipazione dell’Italia da Paese fondatore se l’Europa è diventata un’Unione di pace e di progresso.
L’Italia ha bisogno di un’Europa forte tanto quanto l’Europa ha bisogno di un’Italia forte.
In questi mesi non abbiamo mai rinunciato alle nostre proposte – dal miglioramento degli approvvigionamenti di vaccini, al tetto al prezzo del gas importato dalla Russia, all’allargamento dell’Unione Europea all’Ucraina.
Lo scorso dicembre, insieme al Presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, abbiamo descritto i principi che secondo noi dovrebbero essere alla base delle nuove regole europee di bilancio.
Quelle attuali sono poco credibili, poco trasparenti e non permettono di utilizzare la politica di bilancio in modo efficace durante una recessione.
Inoltre, non è chiaro come le ambizioni dell’Unione Europea in termini di politica industriale, transizione ecologica, difesa comune possano essere compatibili con queste regole.
Non è chiaro come, con esse, si possa costruire una “sovranità europea”, un obiettivo oggi particolarmente importante alla luce delle condizioni geopolitiche in Europa.
Il governo italiano ha spiegato le proprie posizioni, cercato alleanze, provato a guidare l’Unione verso risultati che sarebbero nell’interesse di tutti.
Sulle regole di bilancio, guarderemo con grande interesse alla proposta della Commissione Europea e ci auguriamo possa essere un buon compromesso tra le varie posizioni in campo.
L’Italia sa essere un Paese autorevole ed è con l’autorevolezza che viene il rispetto degli altri.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è una prova essenziale della nostra credibilità.
I nostri partner europei si sono impegnati a tassare in futuro i propri cittadini per permettere oggi all’Italia di riprendersi più velocemente dalla crisi pandemica, di modernizzare la sua struttura produttiva.
La maggioranza degli italiani si aspetta da tempo riforme e investimenti che rendano l’economia più efficiente, equa, sostenibile, che mettano al centro del Paese il Sud, i giovani, le donne.
Questo spirito anima e ha animato le politiche che abbiamo messo in campo – dalla concorrenza, alla corposa agenda di semplificazioni, alla giustizia.
Questo spirito guida gli investimenti che abbiamo avviato, dagli asili nido, alle ferrovie, al miglioramento della rete idrica.
L’erogazione dei finanziamenti del PNRR – pari a 191,5 miliardi di euro – dipende dalla valutazione che la Commissione Europea fa del Piano e della sua attuazione.
Dipende, quindi, dalla nostra capacità di realizzare le politiche innovative che abbiamo ideato nei tempi stabiliti – come abbiamo fatto sinora.
Abbiamo conseguito tutti gli obiettivi previsti dalle prime due scadenze del piano, e siamo al lavoro per raggiungerne il più alto numero possibile prima del cambio di governo.
L’invasione russa dell’Ucraina ha trovato un’Italia che ha definito con chiarezza la propria posizione: al fianco del popolo ucraino, del suo diritto a difendersi e decidere del proprio destino.
È una posizione che abbiamo concordato con gli altri membri dell’Unione Europea e i nostri alleati.
È una posizione che è stata sostenuta con convinzione dal Parlamento – sia dalla maggioranza sia dal principale partito di opposizione.
Ed è una posizione che ha incrociato il grande senso di solidarietà degli italiani, con la loro commovente accoglienza dei profughi nelle case, nelle scuole, nelle parrocchie.
Voglio ancora una volta ringraziare le famiglie, il terzo settore, gli insegnanti, per questo sforzo collettivo di generosità e di organizzazione.
L’Ucraina è un Paese libero, sovrano, democratico, che è stato brutalmente attaccato dalla Russia.
Non possiamo dirci europei se non siamo pronti a difendere la dignità dell’Ucraina e dell’Europa.
Allo stesso tempo, dobbiamo essere pronti a cogliere le opportunità per raggiungere una pace che sia duratura e sostenibile.
Non c’è alcuna contraddizione tra la ricerca della pace, il sostegno all’Ucraina, l’attuazione di sanzioni efficaci contro la Russia.
L’Italia si è impegnata da subito perché si arrivasse allo sblocco di milioni di tonnellate di cereali bloccate nei porti del Mar Nero.
Questo successo diplomatico – merito della mediazione della Turchia e delle Nazioni Unite – limita il rischio di una catastrofe alimentare in molti dei Paesi più poveri del mondo.
Può inoltre costituire una prima opportunità di dialogo tra le parti. E speravo fino a ieri che la decisione di permettere l’accesso della centrale nucleare di Zaporizhzhia a ispettori dell’Onu fosse un altro di questi segni.
Purtroppo stanotte missili russi hanno bombardato la zona intorno alla centrale e quindi non posso che associarmi alle parole del Santo Padre perché si eviti un disastro nucleare.
In ogni caso, in questa ricerca della pace è essenziale che le promesse siano sincere, che siano seguite da azioni concrete e che, soprattutto, sia l’Ucraina a decidere quali termini di pace siano accettabili.
La nostra credibilità – interna ed esterna – ha molto beneficiato della coesione che tutti abbiamo saputo mostrare di fronte alle avversità.
Questa coesione è stata in parte il prodotto dell’unità nazionale, che ha visto – almeno per un po’ – i partiti mettere da parte le proprie differenze per trovare punti d’incontro nell’interesse degli italiani.
Terminata l’esperienza dell’unità nazionale, questa coesione avrà naturalmente una declinazione diversa.
Il dialogo fra le forze politiche è necessario anche nel confronto e nello scontro tra posizioni diverse:
la coesione si dovrà ritrovare nel sentire comune di tutti i protagonisti, nel loro senso di appartenenza agli stessi ideali propri della nostra Repubblica e della nostra Unione Europea.
Ma questa coesione è stata anche il prodotto di un’interazione costante con tutte le forze sociali e le istituzioni impegnate nella vita del Paese.
Nelle parole di Vaclav Havel, “libertà e democrazia richiedono partecipazione e pertanto responsabilità da tutti noi”.
Il confronto con i sindacati e le parti sociali è stato particolarmente importante, perché buone relazioni industriali sono fondamentali per la crescita sociale ed economica del Paese.
Il governo lo ha cercato con costanza e convinzione – dalla gestione della pandemia, all’impegno contro le morti sul lavoro, alla stesura dei provvedimenti contro il carovita.
Altrettanto essenziale è stata la collaborazione con gli enti territoriali, che hanno avuto e continueranno ad avere un ruolo centrale nell’attuazione del PNRR.
In particolare, vorrei ringraziare i sindaci per l’impegno paziente e fattivo a favore delle loro comunità, che ho auto modo di apprezzare all’assemblea dell’ANCI lo scorso novembre a Parma.
Voglio poi ricordare il ruolo del Terzo Settore che, come ha detto qui il Cardinale Matteo Zuppi “è un interlocutore importante e decisivo per le istituzioni presenti e future”.
Infine, la capacità dell’Italia di reagire di fronte alle crisi si deve anche all’impegno delle associazioni e dei volontari, che ogni giorno prestano aiuto ai più deboli, rafforzano lo spirito di comunità.
Molte volte mi è stato chiesto di descrivere la mia “agenda” che – nelle intenzioni di chi vuole che si descriva – dovrebbe essere un insieme di proposte da lasciare al prossimo governo.
Ma io credo che saranno gli italiani, con il loro voto, a scegliere i loro rappresentanti per la prossima legislatura e quindi il programma del futuro esecutivo.
Io posso solo fare – come fatto con voi oggi – una sintesi dei principi e del metodo che hanno guidato l’azione del nostro governo e dei risultati che ne sono conseguiti.
Ora vi guardo e vedo una platea formata prevalentemente di giovani: è sempre vero, ma in questa occasione in particolare la parola deve essere di verità, ma anche di speranza.
Non bisogna tacere le difficoltà che abbiamo di fronte, ma non è onesto descriverle come delle calamità che ci vedono inerti.
No. Con le vostre energie, con la vostra serietà, con il vostro amore per la vita e per l’Italia, voi, noi tutti, supereremo questi ostacoli, vinceremo queste sfide.
La fiducia nel futuro si fonda su questa consapevolezza e sarà la nostra forza.
Mario Draghi
[ Presidenza del Consiglio dei Ministri ]