sabato, 23 Novembre 2024

Israele-Hamas: pericolo escalation

[ ISPI Online Publications ]

Nessuno se lo augura, ma se dovesse verificarsi l’apertura di un nuovo fronte di guerra in Medio Oriente, la breccia sarebbe di certo al confine tra Israele e il Libano. È lì che da giorni i paramilitari di Hezbollah martellano con il lancio di razzi le località del nord della Galilea ed è lì che le autorità israeliane hanno deciso di evacuare per sicurezza altre 14 cittadine.

L’annuncio è seguito a quello di un precedente ordine di evacuazione per le comunità della zona nel mezzo dell’intensificarsi degli scontri a fuoco. Ed è sempre lì che, mentre visitava le truppe dispiegate, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha detto che se Hezbollah decidesse di unirsi alla guerra, ciò avrebbe “conseguenze devastanti per Hezbollah e per il Libano”. In pochi ne dubitano, tanto che anche i civili libanesi sono fuggiti dai loro villaggi, temendo i bombardamenti israeliani e la possibilità di una nuova guerra.

Ma se l’allerta in Israele resta alta su tutti i fronti – ieri in Cisgiordania per la prima volta in vent’anni jet militari hanno colpito una moschea che avrebbe fatto da base per gruppi estremisti – cominciano ad affiorare anche i segni di crescenti malumori  all’interno del governo, con “almeno tre ministri” secondo il sito Ynet, del quotidiano Yediot Ahronot, pronti a rassegnare le dimissioni per obbligare il premier Netanyahu ad assumersi pubblicamente la propria responsabilità per l’attacco del 7 ottobre.  

Primi aiuti a Gaza?

Dopo giorni di annunci a vuoto, finalmente dal fine settimana i primi camion di aiuti stanno entrando a Gaza. A bordo trasportano acqua, medicinali e viveri ma niente carburante, vietato per timore che possa essere utilizzato da Hamas, ma essenziale per i generatori elettrici degli ospedali da quando la fornitura di corrente è stata sospesa, oltre una settimana fa. Intanto le vittime dei bombardamenti nell’enclave hanno superato quota 5mila morti e secondo le agenzie umanitarie la situazione nel sud della Striscia è talmente catastrofica che molti stanno decidendo di ritornare al nord.

Le Nazioni Unitehanno stimato chesarebbero necessari circa 100 camion al giorno per soddisfare le esigenze di2,3 milioni di abitanti, mentre il ministero della Sanità ha riferito che il numero di sfollati nella Striscia ha raggiunto quota 1,4 milioni di persone. Nel fine settimana è proseguita anche la staffetta diplomatica dei leader occidentali a Tel Aviv: dopo Olaf Sholz, Joe Biden e Rishi Sunak anche la premier italiana Giorgia Meloni si è recata in Israele, che nei prossimi giorni riceverà la visita di Emmanuel Macron. Una staffetta finalizzata da un lato a manifestare sostegno al paese – colpito dal brutale attacco di Hamas dello scorso 7 ottobre – ma anche a chiedere, e ottenere, una “pausa umanitaria” nei combattimenti. 

Il dilemma di Israele?

Le pressioni nei confronti di Tel Aviv riguardano anche un altro fronte, quello del negoziato per il rilascio degli ostaggi, 222 secondo un bilancio aggiornato, sequestrati il 7 ottobre e detenuti dai miliziani palestinesi nella Striscia. Che da parte di Hamas possa esserci qualche apertura in questo senso è dimostrato dalla liberazione, ieri, di due donne – madre e figlia con cittadinanza statunitense – rilasciate grazie alla mediazione qatariota. Intanto, nel timore che una volta iniziata un’operazione di terra, liberare gli ostaggi risulti impossibile, anche in Israele monta la pressione nei confronti del governo.

“Rifiutarsi di impegnarsi in negoziati per liberare gli ostaggi distruggerebbe ogni residuo di fiducia rimasto dopo il 7 ottobre”, dice al Guardian una manifestante riunita con decine di altri davanti alla residenza del presidente israeliano. “È una violazione totale del contratto tra il popolo e lo Stato”. E proprio per consentire al Qatar, che ha stretti legami con i leader politici di Hamas, di portare avanti la trattativa, l’amministrazione Biden avrebbe suggerito a Israele di ritardare l’invasione di terra a Gaza

Disinnescare l’escalation?

Se Washington lavora sottotraccia per evitare un allargamento del conflitto e riportare a casa gli ostaggi, non può escludere a priori lo scenario di un’escalation che coinvolga anche la presenza americana nella regione. Per questo il dipartimento di Stato ha ordinato l’evacuazione dei propri dipendenti non essenziali e dei loro familiari dalle sedi diplomatiche in Iraq e aumentato l’allerta di viaggio nel paese – dove gli Usa hanno ancora di stanza circa 2500 militari – al livello 4. A porte chiuse, tuttavia, i funzionari americani starebbero consigliando agli israeliani di usare cautela. 

Secondo il New York Times, quando Biden ha incontrato il gabinetto di guerra israeliano durante il suo viaggio a Tel Aviv la scorsa settimana, ha posto ai presenti “una serie di domande a cui si dovrebbe rispondere e sollevato gli spettri delle disastrose decisioni degli Stati Uniti di invadere l’Iraq e di intraprendere una lunga guerra senza fine in Afghanistan dopo l’11 settembre”. Le domande includevano chi prenderà il posto di Hamas una volta terminata l’operazione e che impatto avrebbe avuto un’invasione sulla vita degli ostaggi e non da ultimo “cosa comporterebbe una guerra su due fronti per Israele”.  

Il commento

di Mattia Serra, ISPI MENA Centre

“L’evacuazione di Kiryat Shmona e di altre comunità israeliane al confine con il Libano è l’ultimo segnale del peggioramento della situazione in questa regione transfrontaliera. Se però i bombardamenti e gli attacchi reciproci continuano, non è ancora chiaro fino a che punto le due parti siano disposte a spingersi. Per ora né il governo israeliano né Hezbollah sembrano intenzionati ad allargare il conflitto, ma la situazione potrebbe cambiare, specialmente nel caso di una massiccia operazione di terra a Gaza. Ma al di là dei calcoli politici, gli sviluppi degli ultimi giorni nel sud del Libano e nel nord di Israele sono una miccia pronta ad esplodere. I morti si contano già a decine e il rischio di un’escalation – anche se non del tutto voluta o cercata – rimane concreto”. 

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A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications)