
Questa è l’ultima legislatura prima del taglio dei parlamentari. Da 945 si passerà a 600, alle prossime elezioni politiche. Ce ne saranno 345 in meno. E’ il dato che bisogna sempre tenere a mente quando si provano a decifrare le manovre sottocutanee del potere. Un terzo degli eletti non sarà rieletto, la qual cosa come ciascuno capisce genera un filo di preoccupazione persino nei pochissimi anticasta rimasti fra i cinquestelle, o ex.
E d’altra parte la ragione per cui tutti si son fatti piacere questo governo di larghissime intese, l’attuale, è che volevano essere loro – gli attuali parlamentari, i loro leader di riferimento – ad eleggere il prossimo presidente della Repubblica. Loro, e non i seicento chissachì di un parlamento uscito dalle urne. E’ questa la ragione, non l’unica ma la principale, per cui gli italiani non sono andati a votare come alcune forze politiche, le destre convinte di vincere, volevano. Il pallottoliere – le questioni complesse hanno spesso spiegazioni semplici – aiuta a leggere le parole di Mattarella: tra otto mesi mi riposo, ha detto non a caso a dei bambini in una scuola.
Salvini e Giorgia Meloni vogliono Draghi al Quirinale per andare a votare subito (il nuovo presidente dovrebbe sciogliere le Camere), vincere le elezioni e governare. Il Pd e il pulviscolo di partiti dalla casa madre usciti preferiscono il Mattarella bis, Draghi a Palazzo Chigi fino a fine legislatura e intanto uscire dall’angolo. I cinquestelle non lo sanno neanche loro: non passano un gran momento. Marta Cartabia è un nome uscito per il Colle così presto da sembrare troppo presto. Mattarella ha di fronte otto mesi impegnativi. Chissà se davvero potrà riposarsi, dopo.
Concita De Gregorio
[ la Repubblica ]