venerdƬ, 22 Novembre 2024

La crisi di Hong Kong, spiegata bene

il POST

La crisi a Hong Kong va avanti da due mesi e mezzo, con manifestazioni e proteste che si tengono ogni weekend e che incontrano la repressione sempre piĆ¹ violenta della polizia, la condanna del governo locale e la minaccia di un intervento militare cinese. Quello che sta accadendo sta attirando parecchie attenzioni per la particolare storia di Hong Kong, che fino al 1997 fu controllata dal Regno Unito e governata secondo le sue leggi, e poi passĆ² sotto il controllo della Cina, che cominciĆ² fin da subito a essere molto presente nella vita politica del territorio.

Un movimento di protesta si era giĆ  manifestato negli ultimi anni, ma oggi sembra essere diventato piĆ¹ determinato, organizzato e bellicoso.

Un passo indietro: cosā€™ĆØ Hong Kong
Dal punto di vista geografico, Hong Kong ĆØ composta dallā€™isola principale (chiamata appunto Hong Kong), dalla penisola di Kowloon, dai cosiddetti Nuovi Territori e da piĆ¹ di 200 altre isole, di cui la piĆ¹ grande ĆØ Lantau. Si trova circa duemila chilometri a sud di Pechino, affacciata sul delta del fiume delle Perle e sul Mar Cinese Meridionale. Ci abitano 7 milioni di persone, in poco piĆ¹ di mille chilometri quadrati, una superficie meno estesa della provincia di Vibo Valentia.

Dal 1997 Hong Kong ĆØ una regione amministrativa speciale cinese, cioĆØ fa parte della Cina ma ha una forma di autonomia. Prima, dal 1842, era stata una colonia britannica strappata allā€™Impero cinese dopo la guerra dellā€™Oppio. Inizialmente i britannici controllavano solo lā€™isola di Lantau, ma negli anni seguenti si espansero sulla terraferma e nel 1898 ottennero dalla Cina la cessione per 99 anni dei territori che corrispondono allā€™attuale Hong Kong. A parte il periodo della Seconda guerra mondiale, Hong Kong rimase per decenni sotto il controllo del Regno Unito, con unā€™economia aperta al capitalismo; il sistema scolastico era modellato su quello inglese, cosƬ come quello giuridico e legislativo. A Hong Kong una ricca comunitĆ  di europei conviveva con gli esuli cinesi scappati dallā€™avvento di Mao e del comunismo.

Nel 1979, con la scadenza della cessione che si avvicinava, lā€™allora governatore di Hong Kong ā€“ lo scozzese Murray MacLehose ā€“ chiese al presidente cinese Deng Xiaoping come la si dovesse affrontare. Deng voleva che Hong Kong venisse restituita alla Cina. Nel 1984 il primo ministro cinese e quello britannico firmarono a Pechino la Dichiarazione congiunta sino-britannica: stabiliva che tutti i territori di Hong Kong sarebbero tornati a far parte della Cina a partire dal primo luglio 1997, anche se la Cina si impegnava a non instaurare immediatamente il sistema socialista, lasciando invariato il sistema economico e politico della cittĆ  per almeno 50 anni, fino al 2047. Il primo luglio del 1997 una grande cerimonia presenziata dal principe Carlo dā€™Inghilterra, dal primo ministro britannico Tony Blair e dal presidente cinese Jiang Zemin sancƬ la restituzione e la fine del dominio coloniale britannico su Hong Kong.

Un paese, due sistemi
ā€œUn paese, due sistemiā€ ĆØ il principio, stabilito da Deng, su cui si regge il complicato rapporto tra Cina e Hong Kong. Da un lato viene ribadita lā€™unitĆ  nazionale della Cina, dallā€™altro viene riconosciuta la diversitĆ  di Hong Kong, contraddistinta da un proprio ordinamento giuridico, politico e legislativo, e da un diverso sistema economico.

Hong Kong non ĆØ una piena democrazia: in una certa misura ĆØ sottoposta al rigido monopartitismo cinese. Alle elezioni possono presentarsi molti partiti, ma il capo del governo ā€“ che si chiama Capo dellā€™esecutivo e attualmente ĆØ Carrie Lam ā€“ ĆØ scelto dal ristretto numero di persone che compongono il Comitato elettorale. Questo ĆØ formato da 1.200 persone, scelte con un meccanismo molto complesso che si basa sullā€™assegnazione di un certo numero di rappresentanti a ordini professionali e settori economici della societĆ , ed ĆØ pesantemente controllato dal governo cinese. Il sistema giudiziario ĆØ indipendente e si basa sulla common law, il principio del diritto consuetudinario dei paesi anglosassoni. La Legge Fondamentale di Hong Kong, scritta dopo il passaggio delle consegne tra Regno Unito e Cina, stabilisce anche che la cittĆ  abbia ā€œun alto grado di autonomiaā€ in tutti i campi eccetto la politica estera e la difesa.

Hong Kong era considerata la cugina ricca, prospera e allā€™avanguardia della Cina e negli anni Ottanta e Novanta era vista come un modello per molti abitanti della Cina continentale. Quando i due paesi si riunirono, molti cinesi sperarono che la Cina diventasse un poā€™ piĆ¹ simile a Hong Kong, ma poi lā€™economia cinese cominciĆ² a crescere a ritmi molto elevati, e le cose cambiarono. Oggi i rapporti tra abitanti della Cina continentale e abitanti di Hong Kong non sono sempre facili, anche a causa della propaganda del regime cinese che non spiega il vero motivo delle proteste in corso da due mesi e mezzo.

La rivoluzione degli ombrelli
La Cina nel tempo ha infiltrato il sistema economico di Hong Kong e molti ricchi cinesi hanno comprato le sue case migliori. Il Partito comunista cinese ha cercato inoltre di rafforzare la sua presa anche sul sistema politico e giudiziario. Il primo luglio 2014, durante le celebrazioni per lā€™anniversario della restituzione di Hong Kong alla Cina, a Hong Kong venne organizzata una manifestazione per chiedere piĆ¹ autonomia: fu lā€™inizio della cosiddetta ā€œRivoluzione degli ombrelliā€.

Dietro cā€™era lā€™annuncio di una riforma del sistema elettorale: dal 2017 il Comitato elettorale vicino a Pechino avrebbe pre-approvato un massimo di tre candidati per il ruolo del Capo dellā€™esecutivo, che una volta eletto dalla popolazione sarebbe stato formalmente approvato dal governo centrale. Le proteste iniziarono a fine settembre come sit-in pacifici organizzati da vari enti: le organizzazioni studentesche Hong Kong Federation of Students e ā€œScholarismā€, guidata dal 17enne Joshua Wong, che divenne il volto delle proteste, e Occupy Central, un movimento locale di disobbedienza civile che nel giugno del 2014 aveva organizzato un referendum per chiedere elezioni libere.

Le manifestazioni si allargarono e chiesero piĆ¹ autonomie, libertĆ  democratiche e le dimissioni del governatore Leung Chun-ying, ritenuto troppo vicino alla Cina. Gli ombrelli che danno il nome alla protesta erano usati dai manifestanti per difendersi dagli spray al peperoncino e dai gas lacrimogeni utilizzati dalla polizia; le proteste furono perlopiĆ¹ occupazioni pacifiche e gli scontri con i poliziotti furono rari e subito condannati. Dopo 79 giorni di occupazione, lā€™11 dicembre la zona dellā€™Ammiragliato, cioĆØ il centro delle proteste, venne sgomberata dalla polizia, segnandone di fatto la fine.

In tutto vennero arrestate 955 persone, mentre circa 1.900 denunciarono la polizia. Il 3 dicembre i fondatori di Occupy Central si consegnarono alla polizia di Hong Kong, venendo rilasciati senza accuse. Wong venne arrestato insieme ad altri due attivisti, condannati a pene tra i 6 e gli 8 mesi di carcere; nel febbraio 2018 la Corte Suprema di Hong Kong ordinĆ² di proscioglierli.

Nel giugno del 2015 il Parlamento di Hong Kong respinse la legge elettorale proposta dalla Cina con 28 voti contrari su 70 e solo 8 favorevoli (gli altri si astennero). Nonostante questo, la Cina continuĆ² a far pesare la sua influenza e nel novembre del 2016 annullĆ² lā€™elezione di due giovani parlamentari filo-indipendentisti che durante la cerimonia di giuramento si erano rifiutati di dichiarare fedeltĆ  alla Cina con il discorso di rito.

Nel febbraio del 2016 cā€™erano stati gravi scontri tra polizia e manifestanti, che il Wall Street Journal ha definito il momento di passaggio dal pacifismo della Rivoluzione degli ombrelli alle proteste piĆ¹ violente di questi giorni. In quellā€™anno si parlĆ² molto anche di cinque editori e librai vicini alla casa editrice Mighty Current, che pubblicava testi critici verso la Cina: nel 2015 erano scomparsi senza che se ne sapesse niente per mesi e secondo gli attivisti erano stati sequestrati dalla polizia cinese. Nellā€™ottobre del 2018 chiuse anche lā€™ultima libreria di Hong Kong che pubblicava testi censurati in Cina.

Nel 2017 si tennero le attese elezioni per il nuovo governatore: venne scelta la 59enne Carrie Lam, la prima donna a ricoprire questo ruolo, decisamente vicina alla Cina. Come stabilito dal sistema di Hong Kong, Lam era stata scelta dal Comitato apposito, di cui fa parte lo 0,03 per cento degli elettori di Hong Kong, e che ĆØ composto da notabili della cittĆ  perlopiĆ¹ fedeli al governo centrale cinese. Aveva ottenuto il 66,8 per cento dei voti ma nei sondaggi era data a 26 punti di distacco dal candidato piĆ¹ popolare. Alla cerimonia di insediamento, avvenuta il primo luglio, era presenteanche il presidente della Cina, Xi Jinping.

Cosa sta succedendo adesso
Le nuove manifestazioni sono cominciate allā€™inizio di giugno e inizialmente riguardavano lā€™emendamento a una legge sullā€™estradizione che, se approvato dal Parlamento locale, avrebbe consentito di processare nella Cina continentale gli accusati di alcuni crimini gravi, come lo stupro e lā€™omicidio. La legge era stata proposta dopo che nel febbraio 2018 un 19enne di Hong Kong era stato accusato di aver ucciso la propria fidanzata di 20 anni durante una vacanza a Taiwan. Taiwan aveva cercato di ottenere lā€™estradizione del giovane, ma le leggi di Hong Kong non lo avevano permesso, cosa che sarebbe stata invece possibile con lā€™emendamento.

Ad aprile cā€™erano state alcune prime manifestazioni, ma solo a giugno erano diventate una cosa di massa, con migliaia di persone in strada. Secondo i movimenti e molti gruppi che difendono i diritti umani, lā€™emendamento sarebbe stato un primo passo verso lā€™ingerenza cinese nel sistema giuridico di Hong Kong e avrebbe consentito alla Cina di usarlo contro i suoi oppositori, perchĆ© nulla avrebbe impedito al regime di inventare accuse allo scopo di estradare qualcuno.

Il 12 giugno ci furono i primi scontri con la polizia, che respinse con violenza i manifestanti, usando spray urticanti e cannoni ad acqua: in tutto 72 persone vennero ferite, di cui due gravemente; 11 furono invece arrestate. Il 15 giugno Carrie Lam annunciĆ² in una conferenza stampa la sospensione dellā€™emendamento, ma le proteste non si fermarono. In molti la accusarono di voler rimandare la discussione per disperdere le proteste e recuperare lā€™emendamento a settembre, con la riapertura dellā€™anno legislativo e scolastico (molti manifestanti sono studenti). Lam si ritrovĆ² in una posizione scomoda: aveva deluso il governo centrale cinese e si era inimicata gli attivisti, che la condannavano per la repressione della polizia e la vicinanza a Pechino, chiedendone le dimissioni. Da allora le proteste non si sono fermate e si sono trasformate in una aperta ribellione contro la Cina, e nella richiesta di libertĆ  e autonomia.

Gli scontri si sono fatti via via piĆ¹ violenti e organizzati, coinvolgendo persone di tutte le etĆ , le professioni ā€“ compresi i dipendenti pubblici, solitamente neutrali ā€“ e i ceti sociali. I manifestanti non si sono limitati a scendere in strada con gli ombrelli, ma si sono anche muniti di occhiali per proteggere gli occhi dagli spray urticanti, di elmetti contro i proiettili di gomma e gli sfollagente, di maschere e bandane per nascondere il viso alle telecamere di sorveglianza. Per lo stesso motivo negli ultimi giorni sono stati usati anche puntatori laser durante le manifestazioni: dopo che la polizia ha arrestato un ragazzo che ne possedeva alcuni definendoli pericolosi, cā€™ĆØ stata una scenografica protesta pacifica piena di laser colorati davanti al planetario di Hong Kong.

Uno dei pochi ad aver mostrato il suo volto ĆØ un giovane di 25 anni, Brian Leung, che ĆØ entrato nella sede del parlamento con altri manifestanti si ĆØ sfilato la maschera per farsi fotografare. Ā«La crescita della punizione richiede una crescita di sacrificioĀ», ha detto poi.

Le proteste non si sono sviluppate attorno a una guida, contrariamente al 2014, ma sono state organizzate sporadicamente da leader di piccoli gruppi, spesso coordinandosi su Telegram, Facebook e un sito simile a Reddit di nome LIHKG. Per questo ĆØ difficile prevenirle: puĆ² accadere che allā€™improvviso una strada venga occupata da centinaia di persone, che ci restano per ore. Ā«Non cā€™ĆØ una struttura piramidale di comandoĀ», ha spiegato Leung al Wall Street Journal, Ā«Ci sono snodi, come in un social networkĀ».

Lo scorso weekend ĆØ stato il decimo weekend di proteste consecutive, con centinaia di migliaia di persone in strada, e lunedƬ e martedƬ gli attivisti sono riusciti a bloccare il traffico stradale, aereo, ferroviario e metropolitano per alcune ore e hanno organizzato uno sciopero generale, il primo in 50 anni. Ci sono stati cortei in sette aree diverse di Hong Kong, culminati in scontri con la polizia. Dal 9 giugno sono state arrestate 420 persone, 44 accusate di crimini che prevedono fino a 10 anni di carcere.

Il responsabile cinese dei Rapporti con Macao e Hong Kong ha detto che la cittĆ -stato tra attraversando la sua crisi piĆ¹ grave da quando ĆØ ritornata sotto la sovranitĆ  cinese. La Cina sta iniziando a mostrare apertamente la sua contrarietĆ : domenica scorsa i giornali governativi avevano pubblicato articoli di condanna verso le proteste, tra cui un editoriale di Xinhua, lā€™agenzia di stato, che sosteneva che Ā«il governo centrale non resterĆ  con le mani in mano e non permetterĆ  a questa situazione di continuareĀ». Gli osservatori internazionali hanno cominciato a chiedersi cosā€™abbia intenzione di fare la Cina per reagire alle proteste: finora ha usato solo censura e minacce, ma avrebbe la possibilitĆ  legale e concreta di usare la forza allā€™interno del territorio autonomo di Hong Kong.

Di stanza a Hong Kong ci sono circa 5mila soldati dellā€™esercito cinese: fino a due settimane fa avevano mantenuto un profilo molto basso, ma il 31 luglio ĆØ stato diffuso un video in cui svolgono esercitazioni militari a Hong Kong e si sente un militare urlare nel dialetto cantonese locale: Ā«Tutte le conseguenze sono a vostro rischio e pericoloĀ». La scorsa settimana poi piĆ¹ di 12mila agenti di polizia si sono riuniti a Shenzhen, nella provincia meridionale cinese del Guangdong (vicina a Hong Kong), per unā€™esercitazione che ha incluso anche misure anti-sommossa simili a quelle adottate nelle ultime settimane dagli agenti di polizia di Hong Kong contro i manifestanti.

Nellā€™ultima settimana in ogni caso gli scontri tra manifestanti e polizia sono giĆ  diventati piĆ¹ violenti. Uno dei piĆ¹ recenti simboli delle proteste sono le bende sullā€™occhio macchiate di rosso indossate da molti partecipanti alle manifestazioni: domenica scorsa una donna ĆØ stata gravemente ferita allā€™occhio destro da un tipo di proiettile non letale usato dalla polizia. La polizia ha ammesso che gli agenti hanno in dotazione quel genere di proiettile ma ha detto di non sapere se quello che ha colpito la donna sia stato sparato da un agente.


FOTO Hong Kong, agosto 2019 (Anthony Kwan/Getty Images)


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