venerdì, 22 Novembre 2024

La fine della realtà e i pericoli per le democrazie

Walter Veltroni  [ CORRIERE DELLA SERA ]

L’intelligenza artificiale corre. E il compito delle democrazie è fissare regole che garantiscano l’armonia tra la crescita delle possibilità tecnologiche e il mantenimento di valori essenziali della convivenza umana. A cominciare dalla libertà di conoscere, sapere, esprimere

Stiamo andando verso la fine della realtà? La foto di Trump con delle donne afroamericane è stata generata dall’intelligenza artificiale, come quella comunicazione telefonica recapitata agli elettori in cui la voce riprodotta dall’AI di Joe Biden invitava a non andare a votare. Nella trasmissione televisiva Agorà una brava giornalista è andata all’università La Sapienza per mostrare agli studenti delle foto false, quelle più conosciute: Trump arrestato, il Papa con un piumone bianco, Macron portato via da due poliziotti. Ha chiesto a vari studenti universitari se per loro fossero vere o false. La stragrande maggioranza ha risposto che erano vere.

Questo non ci racconta solamente della credibilità tecnica dei prodotti della nuova, dirompente, tecnologia ma ci descrive la separazione tra i più giovani e il mondo che li circonda. Quei ragazzi, infatti, avrebbero dovuto escludere che quelle foto fossero reali perché avrebbero dovuto sapere che quei fatti non erano storicamente avvenuti. Ma se la nuova società è così fragile, così spaesata, che impatto potrà avere una delle più incredibili rivoluzioni tecnologiche che l’umanità abbia creato? 

La dottoressa Belloni, donna competente e saggia, ha richiamato il rischio che le varie forme di interferenze prodotte dalle nuove tecnologie possano condizionare questo anno elettorale dal quale potrà dipendere il futuro del mondo. Non è cosa da poco. La tecnologia non si ferma, non saranno forme di rifiuto o luddismo a impedire lo sviluppo della ricerca che porterà certamente immensi benefici in molti campi della vita umana. Ma il compito delle democrazie è fissare regole che garantiscano l’armonia tra la crescita delle possibilità tecnologiche e il mantenimento di valori essenziali della convivenza umana. A cominciare dalla libertà di conoscere, sapere, esprimere.

Da tempo si avverte il rischio che , senza regole, l’edito naturale della società tecnologica sia un modello autoritario in cui alla finzione del populismo capace di giudicare tutto da parte di tutti sui social corrisponda invece, come sta accadendo, un potere concentrato in poche mani. Nella bella intervista che Viviana Mazza ha fatto a Steve Bannon, vera mente della nuova destra, si dice: «voglio che Trump usi un linguaggio scioccante: è il solo linguaggio che arriva a destinazione». Non è una banalità.

Bannon ci sta dicendo, forte del successo del linguaggio populista in questi anni, che solo il linguaggio «scioccante» arriva ad elettori stanchi, sfiduciati, annoiati, in fondo smarriti come quei ragazzi convinti che Macron sia stato davvero arrestato. Ma le democrazie sono lente, gelatinose, non riescono neanche a decidere una elementare norma , l’apposizione di un watermark, su tutte le immagini generate dall’AI. Ma la democrazia, ammesso che voglia sopravvivere, deve definire queste regole. Sì sono definiti limiti per l’utlizzazione, non certo per la loro ricerca, di tutte le tecnologie della storia contemporanea a cominciare dall’atomica. 

L’AI è un’atomica che esplode nelle case e nelle vite di ciascuno, che scuote le fondamenta di quella conquista, la democrazia, che nel novecento ci è costata i campi di sterminio della Shoah e i gulag staliniani. La cruna dell’ago è ora, è qui. Rinviare, non conoscere, dividersi sulle scelte necessarie per garantire tecnologia e libertà significa suicidarsi. «Non ho tempo» diceva parlando delle sue ricerche il matematico Evaristo Galois. Vale per le democrazie, se non vorranno presto diventare delle «fake democracies».

Walter Veltroni 

[ CORRIERE DELLA SERA ]