Gli italiani vorrebbero gli uomini forti. Non ne potrebbero più degli impicci e degli impacci della democrazia, questo almeno è il dato che emerge in modo inquietante dall’ultimo rapporto Censis. Sembra essersi sbiadita nel tempo la forza del racconto dei nostri nonni su quando in Italia c’era un uomo solo e forte al comando.
Il tema della forza è caro alla tradizione cristiana che però ha sempre letto questa virtù in chiave paradossale, su questo Paolo di Tarso ha parole definitive: «Quando sono debole, è allora che sono forte» (2 Cor, 12, 10) ed è appena uscito un saggio del teologo Giovanni Cesare Pagazzi intitolato significativamente Tua è la potenza. Fidarsi della forza di Cristo.
Il punto è che l’approccio, direi lo sguardo, che la Chiesa fedele a Cristo e ai suoi insegnamenti, ha avuto sugli uomini in merito al tema della forza, della potenza e quindi del potere, è stato sempre uno sguardo realistico, di un realismo innervato e riscattato dal senso della misericordia.
A proposito di “uomini forti” viene in mente quello che disse Dietrich Bonhoeffer all’indomani dell’insediamento di Hitler come führer in Germania nel 1933. Chiamato a commentare alla radio il primo discorso del neoeletto cancelliere, il teologo protestante disse che non era soddisfatto dalle parole di Hitler che più volte aveva proclamato dal palco la sua volontà di “non deludere il popolo”, assicurandolo che avrebbe mantenuto tutte le promesse elettorali. Bonhoeffer disse che non si sentiva tranquillo perché lui si aspetta dal suo führer la possibilità di essere deluso, questo, dal punto di vista umano lo avrebbe confortato molto di più. Sappiamo come andò a finire: Hitler mantenne tutte le sue promesse alle quali aggiunse odio e persecuzione nei confronti anche di quel giovane teologo morto nell’aprile del 1945, pochi giorni prima del suicidio dell’uomo forte.
Lo sguardo di Cristo è diverso, è di chi conosce e riconosce la fragilità dell’uomo e prova a costruire su di essa chiedendo la libera e responsabile collaborazione dell’uomo stesso. La storia della Chiesa peraltro dimostra questo (e i cattolici dovrebbero ricordarlo sempre), come ha efficacemente colto lo scrittore inglese Chesterton quando racconta a modo suo la fondazione dell’istituzione ecclesiale da parte di Gesù: «Quando, in un momento simbolico, stava ponendo le basi della Sua grande società, Cristo non scelse come pietra angolare il geniale Paolo o il mistico Giovanni, ma un imbroglione, uno snob, un codardo: in una parola, un uomo. E su quella pietra Egli ha edificato la Sua Chiesa, e le porte dell’Inferno non hanno prevalso su di essa. Tutti gli imperi e tutti i regni sono crollati, per questa intrinseca e costante debolezza, che furono fondati da uomini forti su uomini forti. Ma quest’unica cosa, la storica Chiesa cristiana, fu fondata su un uomo debole, e per questo motivo è indistruttibile. Poiché nessuna catena è più forte del suo anello più debole».
Andrea Monda
[ L’OSSERVATORE ROMANO ]