Per superare l’impatto della pandemia e riorientare il proprio percorso di sviluppo nella parte centrale e matura di questo secolo, l’Europa punta sulla Next Generation. Il piano di investimenti per la ripresa, a cui è stato attribuito significativamente tale nome, si colloca in un momento cruciale della transizione demografica europea.
La popolazione dell’Unione, arrivata a sfiorare i 450 milioni di abitanti, ha smesso di crescere e sta entrando in fase di secolare diminuzione, nonostante l’immigrazione. Continuerà però ad aumentare, a ritmo più sostenuto degli altri continenti, la popolazione anziana. Al contrario, in continua diminuzione è il peso demografico delle nuove generazioni.
Europa: carenza di giovani
Attualmente gli under 25 nell’Unione europea sono poco più del 25% della popolazione totale. Nel mondo l’incidenza è superiore al 40% e in Africa si sfiora il 60%. Nella seconda metà degli anni Settanta, in tutta Europa (non solo nell’Unione) gli under 25 erano circa 270 milioni e anche l’Africa aveva un ammontare equivalente in tale fascia d’età. Oggi nel primo continente tale segmento risulta sceso sotto i 200 milioni ed è previsto concludere questo secolo attorno ai 150 milioni.
Viceversa, in Africa gli under 25 sono saliti a 800 milioni e sono attesi arrivare, secondo lo scenario centrale delle Nazioni Unite, attorno a un miliardo e mezzo nel 2100. Detto in altre parole, da un ammontare analogo di giovani in Europa e Africa 50 anni fa, si prevede alla fine di questo secolo un rapporto di uno su dieci. Rispetto al totale dei giovani nel mondo, gli africani saranno circa la metà (stimati oltre il 48%), mentre gli europei saranno meno di uno su venti (sotto il 5%).
Insomma, la Next Generation che va oltre il XXI secolo e porta il suo sguardo pieno di attese verso quello successivo è soprattutto africana. Se, quindi, la qualità del futuro del mondo dipende soprattutto dall’investimento in formazione e opportunità di valorizzazione del capitale umano delle nuove generazioni, dalla loro positiva e attiva inclusione nei processi di sviluppo sostenibile una buona metà di tale sfida si gioca nel continente africano. Da essa dipende buona parte del successo delle grandi transizioni di questo secolo – demografica, verde, digitale –in un mondo sempre più interdipendente.
Investire in istruzione e pari opportunità
Da un lato, come mostra un consolidato filone di ricerche, la crescita dell’istruzione e delle pari opportunità porta le giovani generazioni stesse a scelte più consapevoli. Favorisce il passaggio dalla quantità di figli all’investimento sulla loro qualità, che si associa a una minore pressione demografica in combinazione con miglioramento delle condizioni di salute ed educative dell’infanzia. Va, del resto, considerato che quasi tutta la crescita della popolazione mondiale nella seconda metà di questo secolo (con scenari che contemplano sia la stabilizzazione attorno ai 10 miliardi che la possibilità di arrivare anche oltre i 12 miliardi) dipenderà dalle dinamiche demografiche africane.
D’altro lato, sia la transizione verde che quella digitale sono molto legate alla consapevolezza e alle competenze delle nuove generazioni. Tali processi dovranno, quindi, essere in grado di coinvolgere sempre di più i giovani africani, sia per il loro peso crescente sul totale dei coetanei mondiali, sia per i maggiori margini di cambiamento in termini di livelli di formazione e stili di vita rispetto alle generazioni precedenti. Per le ricadute globali che queste tre transizioni hanno, le nuove generazioni non possono essere considerate come una questione che riguarda solo le politiche attuali di ciascun singolo Paese, ma richiedono una attenzione e una capacità di investimento e valorizzazione strategicamente più ampia e lungimirante.
I giovani risorsa per l’Africa di domani
L’elevato numero di giovani è una opportunità per l’Africa di crescere – e per il Pianeta di crescere con l’Africa e con i giovani africani – solo se queste le generazioni sono messe al meglio delle condizioni per realizzare in modo positivo il loro potenziale. Il rischio è altrimenti quello di alimentare instabilità, squilibri e diseguaglianze con alti costi umani, sociali ed economici. È necessario, pertanto, non solo aiutare i giovani a cogliere opportunità di formazione e lavoro, ovunque nascano, ma anche abilitare le loro scelte di produzione di valore nel percorso personale e nel contesto in cui vivono, oltre che includerle in modo qualificato nei processi decisionali collettivi.
Rafforzare i progressi su queste dimensioni – misurabili sugli indicatori degli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite – è particolarmente importante, ancor più dopo l’impatto negativo della pandemia, per indirizzare il percorso di sviluppo dell’Africa nel resto del secolo verso scenari di maggior benessere e sostenibilità.
Alessandro Rosina
[ ISPI Istituto per gli Studi di Politica Internazionale ]