Conversazione con Mauro Magatti, docente di Sociologia della Globalizzazione, sul recente acuirsi di un nuovo pericolo di escalation di violenza sociale. La soluzione, secondo il professore, è lontana ma va ricercata nelle inadeguate politiche economiche
Dagli striscioni inneggianti a Mussolini, ai cartelloni di Salvini imbrattati a Bari, fino ad arrivare alla libreria romana fatta saltare in aria. Il clima degli ultimi tempi è teso e anche l’aria che si respira, sia in Italia che all’estero, riflette la rabbia sociale che si alimenta quotidianamente nello stomaco del cittadino. “Viviamo in un’epoca in cui il livello di rabbia sociale è elevato, come possiamo vedere anche in altre parti del mondo, soprattutto in Francia”, ha affermato a Formiche.net Mauro Magatti, docente di Sociologia della Globalizzazione all’Università del Sacro Cuore di Milano ed editorialista del Corsera. “Le politiche che abbiamo inseguito per anni non funzionano e quelle nuove sono troppo avventurose e non sappiamo dove stiano andando. È così che per mantenere il consenso i toni vengono esasperati. Anche se dove questo mix di elementi possa portare, ora come ora, non lo sa nessuno”, ha continuato il professore.
Più che parlare di recrudescenza della violenza dura e aspra che ha caratterizzato il passato recente, Magatti compie un percorso analitico a ritroso sugli errori pratici che talvolta hanno causato e causano il black out della coscienza civile. “Esistono tre componenti che hanno portato ad un accumulo pluriennale e internazionale di rabbia: insoddisfazione, delusione, frustrazione. In primo luogo per le promesse non mantenute nei confronti dei cittadini, promesse che si trascinano da anni”, ha sottolineato Magatti. E ancora: l’inadeguatezza, l’inefficacia delle politiche economiche tradizionali che da sole non bastano in un contesto in cui la quantità di problemi è elevata e in cui le fonti di instabilità continuano a crescere”. E infine: “Le intenzioni di alcuni imprenditori politici che cavalcano il malcontento, che non hanno saputo creare politiche economiche alternative serie e sono costretti a giocare con il fuoco”.
In generale, secondo il docente della Cattolica “bisogna prendere atto che viviamo in un’epoca diversa da quella che abbiamo alle spalle e bisogna cambiare lo schema con cui si affrontano rapporti tra economia e società. Alla base ci sono le modalità con cui si ricostruisce il legame sociale: se in modo regressivo, contrappositivo, costruendo muri e prendendosela con il migrante oppure, partendo sempre dal riconoscimento dell’importanza del legame sociale, un legame sociale per costruire qualcosa. Perché nel momento in cui si costruisce qualcosa insieme, ci si relaziona al resto del mondo”.
E se gli effetti della della frustrazione sociale negli ultimi tempi si sono riversati in veri e propri atti dimostrativi nelle strade delle città, in maniera parallela, quotidianamente, assistiamo ad un fenomeno che negli anni ha creato un vero e proprio micro (o macro) cosmo: il linguaggio virtuale e la rabbia che si sfoga online. “I social media sono un ingrediente che tende ad accentuare lo stato d’animo delle comunità. Sono un elemento che certamente aggrava la situazione ma non la causa stessa del problema”, ha commentato Magatti. “Bisogna cercare di contrastare questo fenomeno vivendo l’ambiente che ci circonda e cercando, di volta in volta di civilizzarlo. Certo è che avremo bisogno di più tempo”, ha concluso.