Lo sport, nel suo complesso, genera 1,6 per cento del prodotto interno lordo italiano. Stando ai dati, riportati nel dicembre 2019 dal Sole 24 ore, circa il 70% di esso è prodotto dal calcio che fattura 4,7 miliardi di euro l’anno, consentendo al fisco un ricavo di 1,2 miliardi ogni anno.
Tuttavia, il suo valore più rilevante è costituito dall’aspetto educativo, maieutico, di terapia e di prevenzione sul piano della salute, che esso offre al Paese.
Lo sport costituisce anche un fenomeno sociale e culturale del quale, necessariamente, l’esecutivo deve occuparsi, pur dovendone garantire l’autonomia, sia organizzativa, che sanzionatoria.
Con l’avvento del terzo millennio questa visione sembra essere stata colta dal nostro legislatore, il quale, per lungo tempo, ha voluto ignorare il fenomeno, che non ha trovato alcuno spazio nel testo originario della nostra Costituzione.
Alla luce di queste premesse, è necessario che al momento del rilancio del Paese, dopo il “tempo sospeso” della pandemia da Covid-19, venga dedicata al tema sport particolare attenzione, avendo riguardo ai molteplici aspetti di un settore complesso e variegato, nel quale il volontariato e la dedizione gratuita, di molti, costituiscono il carburante.
Per il futuro, se, da una parte, sarà necessario regolare, senza infrangimenti ed ipocrisie il rapporto di lavoro degli sportivi professionisti, individuandone la effettiva ed esatta natura; dall’altra, è indispensabile considerare la moltitudine dei dilettanti, che vanno dai praticanti (per ragione di prevenzione della propria salute) agli atleti olimpici.
Tutto ciò dovrà essere considerato prestando attenzione alle dinamiche lavoro/studio ed attività agonistica, utilizzando, al riguardo, le deleghe contenute nella legge 86 del 2019, che potranno, se necessario, essere ulteriormente ampliate, in considerazione di quanto provocato dalla pandemia.
In vista della ripresa, post virus, l’Esecutivo si è occupato dello sport, ma lo ha fatto nel modo , poco lineare e confuso, che, da tempo, caratterizza la produzione delle norme nel nostro Paese.
Pertanto, sul tema, è necessario fare ordine al fine di tentare una lettura unitaria delle regole, sparse nelle varie fonti e spesso non coordinate tra loro.
Invero, dopo le norme sulla sospensione della attività sportiva, dettate a partire dal 23 febbraio scorso (D.L. n. 6/2020, convertito nella legge n. 13/2020), che avevano, successivamente, coinvolto le palestre, i centri sportivi, le piscine, i centri natatori e disposto la sospensione degli eventi sportivi di ogni ordine e disciplina (D.P.C.M. dell’otto e del nove marzo 2020) l’Esecutivo, con il D.L. 17 marzo 2020, n. 18, si è preoccupato di individuare alcune misure “al fine di sostenere le difficoltà derivanti dalla sospensione delle attività sportive”. Si è trattato, quasi esclusivamente, di sospensioni del pagamento di tributi e balzelli vari, fino al 31 maggio, chiedendone, però, il pagamento (in un’unica soluzione o a rate) alla data del 30 giugno 2020 (art. 95 del D.L. 18/2020).
Il Governo, ha, poi, previsto, con il D.L. n. 23, dell’otto aprile 2020, che il fondo per la impiantistica sportiva possa fornire la sua garanzia, fino al 31 dicembre 2020, sui finanziamenti erogati dall’Istituto di credito sportivo, per sopperire alle carenze di liquidità di federazioni sportive, discipline associate, di enti di promozione sportiva, delle associazioni e della società sportive dilettantistiche, iscritte al registro del C.O.N.I., dotando tale fondo di 30 milioni di euro.
Ben poca cosa, anche in considerazione che i promessi prestiti da 25.000 euro, garantiti dallo Stato, si sono rivelati macchinosi da richiedere ed incerti da ottenere.
Sono stati, inoltre, previsti contribuiti per gli impianti sportivi (già presenti nelle leggi di bilancio per il 2019 ed il 2020), per le manifestazioni sportive differite (Olimpiadi, Europei di calcio) e per quelle future (Olimpiadi Milano-Cortina del 2026-Ryder Cup del 2022).
Infine, è stato esteso l’uso della cassa integrazione guadagni al settore sportivo (attraverso il FIS), il quale in precedenza non ne aveva potuto beneficiare. Al fine di alleviare i costi del personale del settore sportivo.
Sono stati, inoltre, previsti fondi per una sorta di “reddito di cittadinanza sportiva”, ma certamente non in modo chiaro, a causa della difficoltà di individuazione dei destinatari e della esiguità delle somme stanziate.
Tutto questo, non basta, è necessario prevedere la ripresa del settore, nel periodo successivo, alla cosiddetta fase 2, ben distinguendo tra l’agonismo e lo sport con finalità didattica e di prevenzione terapeutica.
E’ auspicabile, al riguardo, che le strategie, per la necessaria ripresa del settore, consentano, in modo chiaro e definitivo, di regolare gli ambiti di competenza ed i ruoli del Comitato Olimpico e della società “Sport e Salute”, allo stato ancora indefiniti.
Invero, il tracciare una netta linea di demarcazione tra i due settori consentirà, per il futuro, di presidiare gli stessi con modalità e strategie diverse.
Il C.O.N.I tornerà ad essere il leader incontrastato dello sport agonistico italiano con il suo ruolo di controllo sulle federazioni e discipline associate e di garanzia per l’Esecutivo. Direttamente ad esso dovranno andare i fondi pubblici, stanziati, senza passare per altre mani.
Di contro la società, erede della Coni Servizi, dovrà promuovere tutto ciò che dello sport è educazione, cultura, salute ed anche dell’impiantistica, Inoltre, nel rispetto del nuovo compito, assegnato dall’articolo 2 della legge n. 86 dell’agosto 2019, promuovere e realizzare i collegamenti con la scuola e l’università.
Attuata questa prima operazione, di opportuna regolamentazione di spazi di incidenza (la cui mancanza ha, fino ad ora, fatto perdere di autorevolezza ai protagonisti), sarà necessario che l’Esecutivo intervenga massicciamente, anche sotto il profilo economico, per far ripartire una macchina alla quale sono venute meno le risorse dei centri di istruzione, di preparazione ginnica, e quelle derivanti dai, non pochi, frequentatori di impianti e palestre, anche ai soli fini terapeutici e di svago.
Dovranno essere dedicate attenzioni e risorse ai dilettanti, patrimonio esclusivo di tante federazioni e bacino di utenza importante anche per quelle (poche) federazioni, che hanno nelle loro file gli sportivi professionisti. Si pensi, ad esempio, al calcio, nel quale il settore dei dilettanti conta novemila società ed un numero pari ad un milione di tesserati a fronte delle circa cento società professionistiche.
Bisognerà erogare ai dilettanti una notevole messe di contributi a fondo perduto e prestiti, a lunga scadenza, finalizzati anche alla costruzione e gestione degli impianti sportivi.
Considerata la funzione di prevenzione e terapeutica dello sport è necessario verificare la possibilità di attingere ai fondi, messi a disposizione dell’Unione Europea, con il MES (purchè privi di condizionamenti ed a lunga scadenza) per la sanità, anche indiretta, quale quella garantita dallo sport.
E’ giunto il momento di assegnare al Ministero dello Sport uno specifico portafoglio e la sua costante e qualificata presenza nel Governo.
Esso è ancora considerato un Ministero “sport”, non sempre presente al tavolo del Consiglio dei Ministri e mai con capacità di spesa e controllo sul C.O.N.I. Invero, la normativa n. 242 del 1999, prevede che il Comitato Olimpico è controllato dal Ministero per i beni culturali.
Infine, alcune considerazioni sulla ripresa dei campionati.
E’ innegabile l’attrazione che lo sport, in generale ed il calcio, in particolare, esercitato sui tifosi e sugli spettatori e quanto su di essi abbiano puntato le televisioni (non solo a pagamento).
Io stesso mi sono sorpreso a rivedere, qualche giorno fa, trasmessa da RAI Sport, la finale dei mondiali del 1994, augurandomi che, questa volta, Baggio non sbagliasse il rigore. Tuttavia, la ripresa dei campionati dovrà essere ben ponderata, in un corretto bilanciamento tra le esigenze di salute (collettiva e degli atleti e tecnici) e la necessità di riavviare la macchina, anche economica, del sistema.
Bisognerà ben ponderare, affidandosi alla professionalità di tutti, i contratti in scadenza, la proroga dei termini, le assicurazioni e la necessità di salvaguardare gli impegni futuri, evitando eccessive e ravvicinate sovrapposizioni.
E’ necessario fare ricorso alla capacità di mediazione di tutti, evitando posizioni dettate dal relativismo egoista, a beneficio di quelle ispirate invece al bene comune.
Non si può ripartire, per capriccio mettendo a rischio la salute di tutti, ma non si può, neppure, continuare a restare nell’incertezza del futuro e soprattutto, in considerazione di una crisi economica, che, alla ripresa, rischierà di non far vedere tutti presenti ai nastri di (ri)partenza.
Infine, andranno studiate ipotesi di mutualità, anche spontanee, in virtù delle quali chi si trova nelle migliori condizioni economiche si impegni a promuovere atleti e/o società in difficoltà, in un mondo che deve riscoprire il valore della solidarietà per tornare a crescere.
PIERO SANDULLI
[ professore, avvocato ]