Nelle ultime settimane, il presidente russo Vladimir Putin ha schierato oltre 100mila truppe, unite a reparti di artiglieria e carri armati, vicino ai confini dell’Ucraina. Per prevenire il rischio di un’invasione, le nazioni della Nato – l’alleanza militare che unisce Unione europea, Stati Uniti, Canada e altri Paesi occidentali – hanno minacciato pesantissime sanzioni economiche. La Russia, tuttavia, non sembra avere intenzione di ritirare le truppe e la Nato ha iniziato a prepararsi per un conflitto, spostando aerei e navi da guerra sul fronte orientale e mettendo in “stato di allerta” 8.500 soldati.
Ma quanto è reale il rischio d’invasione? “È rilevante, ma abbastanza improbabile: generalmente, chi attacca lo fa di sorpresa”, afferma Carlo Jean, ex generale di corpo d’armata ed esperto di strategia militare e geopolitica, nonché docente di Studi strategici all’università Luiss di Roma. “Chiariamoci, con 100mila uomini Putin non può occupare l’Ucraina, né realizzare un cambio di regime: questo sarebbe possibile solo inviando milioni di uomini nel Paese”.
Perché la Russia minaccia l’Ucraina? “Un obiettivo logico potrebbe essere quello di attuare un riallineamento del governo ucraino in senso meno filo-occidentale, contando sul 18 per cento degli ucraini che si sentono russa e sui parlamentari filo-russi nel parlamento. Ma facendo leva sul patriottismo, Putin vuole anche ricompattare il consenso all’interno della Russia”.
Nel caso di invasione si rischia un conflitto diretto tra truppe russe e truppe occidentali? “È difficile, i governi europei faranno di tutti perché non succeda e anche gli Stati Uniti saranno cauti. Probabilmente, la Nato si limiterebbe a qualche schieramento dimostrativo, senza contrastare direttamente un’eventuale avanzata russa”.
Nel 2014, l’esercito russo ha invaso l’Ucraina, dando supporto ai separatisti filo-russi del Donetsk, e conquistato la penisola della Crimea. Come ritorsione all’aggressione, la Russia era stata esclusa dal G8 e le erano stati inflitte pesanti sanzioni economiche.
Il punto è: oggi si riproporrà lo stesso scenario? “La situazione è diversa. Sarebbe più difficile per i Paesi occidentali imporre sanzioni all’unanimità. E, in ogni caso, potrebbero non essere efficaci perché la Russia è meglio preparata dal punto di vista finanziario per resistere a una mossa di questo tipo. In questi anni, approfittando dell’aumento delle materie prime, ha aumentato le sue riserve di dollari, arrivando a oltre 600 miliardi, mentre il suo fondo sovrano è salito da 80 a 200 miliardi di dollari”.
“La soluzione più pesante proposta dagli Stati Uniti – spiega Carlo Jean – è quella di escludere la Russia dal sistema di pagamenti internazionali Swift”. Questa, secondo gli esperti finanziari, è “l’opzione nucleare”: sia per le gravi ripercussioni sull’economia russa, sia perché costringerebbe Putin ad allinearsi alla Cina e al suo sistema di pagamenti.
Secondo un vecchio adagio militare, quando tutti si preparano e agiscono come se una guerra dovesse scoppiare, la guerra esplode. Quanto contano le decisione giuste al momento giusto? “Il problema è che mentre l’Occidente ha un sistema decisionale sparpagliato e lento, Putin può prendere rapidamente qualsiasi decisione. Il Cremlino ha il completo controllo della situazione, quindi può avanzare, ritirarsi, fare finte e così via. Una cosa che all’Occidente risulterebbe estremamente difficile perché rischia di smontare le sue alleanze, che hanno bisogno di prevedibilità e di chiarezza.
E l’Italia, in tutto questo? “Al momento siamo solo spettatori. Non sappiamo cosa farà l’Italia, perché nonostante l’escalation, non è ancora stato riunito il Consiglio supremo di difesa, cioè il massimo organismo militare italiano, presieduto dal presidente della Repubblica. In pratica, siamo immobili. E questo vuol dire contare poco”.
ARNALDO LIGUORI
[ IL GIORNO ]