venerdì, 29 Novembre 2024

L’anno che verrà della battaglia contro la pandemia

MICHELE PARTIPILO [ LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO ]

Ce l’avevano detto che l’autunno avrebbe riportato l’angoscia da pandemia nelle nostre città, ma la carne viva è un’altra cosa rispetto alle previsioni. Ci eravamo illusi che il brutto sogno fosse finito e abbiamo ripreso le abitudini di sempre. Ma la realtà è purtroppo diversa. Il numero dei contagiati sta crescendo in maniera esponenziale, in Italia un po’ meno che in Francia e Spagna, ma è una magra consolazione.

Gli ospedali tornano a riempirsi di ammalati cui manca il fiato e le terapie intensive possono collassare nel giro di un mese. Chi vuol vedere il bicchiere mezzo pieno sottolinea che tuttavia il numero dei decessi resta basso: 20-30 al giorno, non le centinaia di vittime quotidiane della primavera scorsa, con le immagini incancellabili dei camion militari che all’alba portano via le bare da Bergamo.

Già, 20-30 morti al giorno, che sono? Il Covid ci ha resi così cinici che non ce ne accorgiamo. Di quale catastrofe avremmo mai accettato una contabilità a così lunga scadenza?

Terremoti, alluvioni, disastri di ogni genere hanno sempre un prezzo terribile in vite umane, però sono un evento che comincia e finisce, ancorché la tragedia sia immane. Ora noi stiamo accettando come «normale», anzi consolatorio, che ogni giorno vi sia, a parte gli altri 36mila, una carneficina di «soli» 20 o 30 morti. Si respira una sorta di eutanasia delle coscienze. Non ci si chiede, per esempio, quanta responsabilità di ciascuno vi sia in questa strage silenziosa così come non pensiamo al numero oscuro delle morti indotte, cioè a quante persone a causa del Covid non sono riuscite a curarsi, a fare prevenzione, a sottoporsi a interventi urgenti. Molti medici stanno provando ad alzare la voce, a far capire che un sistema sanitario da mesi sotto pressione, per forza di cose trascura gli altri malati. Però sembra un problema solo dei diretti interessati, che magari neppure sanno che per una radiografia rinviata hanno ipotecato un pezzo di vita.

Dal governo fioccano Dpcm e appelli all’uso costante delle mascherine. È giusto, così come è giusto fare più controlli e insistere con i giovani che all’uscita dalle scuole o nella movida serale se ne infischiano del virus. Le scene che capita di vedere in giro mostrano un’agghiacciante irresponsabilità. Un altro lockdown totale non ce lo possiamo permettere, nessuno a livello globale può permetterselo. Ci saranno «zone rosse» che coloreranno l’Italia a macchia di leopardo, come si usava dire una volta. Allo studio ci sono un nuovo blocco dei trasferimenti fra regioni e la limitazione di eventi di massa come cortei e marce varie, cosa buona giusta visto che non possiamo azzardare misure ancora più drastiche. Però serve anche coerenza, perché poi non si possono riaprire gli stadi. Abbiamo già pagato un tributo altissimo all’incoscienza sportiva quando il 19 febbraio a San Siro si è giocata la partita di Champions fra Atalanta e Valencia. Senza alcuna misura di protezione o distanziamento – tanto il virus era in Cina… – nello stadio si sono accalcati 45.792 tifosi. Una bolgia condita di baci e abbracci a ogni gol. Sugli spalti anche decine di medici e centinaia di infermieri: hanno aperto loro le porte degli ospedali al virus. A Milano sbarcano anche 2.500 spagnoli arrivati per seguire la partita: sono gli untori? O il Covid c’era già? Forse non si capirà mai, di certo c’è che dopo 20 giorni a Bergamo, a Milano e a Valencia un po’ dopo, si piangono decine di morti. Adesso c’è chi briga per riaprire gli stadi, certo con le «misure di sicurezza»: ma è davvero necessario aggiungere rischi a rischi?

L’estate scorsa, sull’onda della pressione popolare, le Regioni hanno forzato la mano al governo e sono state riaperte le discoteche, ma dopo qualche settimana sono state richiuse perché stavano diventando nuovi focolai d’infezione: quella lezione non è bastata.

In questa seconda ondata della pandemia c’è un altro elemento che deve far riflettere. Campania e Puglia – due regioni «virtuose» nella prima fase – si ritrovano oggi con un numero di contagi mai visto. Insieme con loro Liguria, Veneto e Sardegna che da ieri sono state inserite dalla Svizzera nella lista nera delle aree ad alto rischio di contagio. È solo per l’imprudenza degli abitanti? Al Sud durante tutta l’estate i casi si sono mantenuti su livelli molto bassi, nonostante i flussi turistici e la Puglia, proprio per la sicurezza offerta, ha fatto il pieno dal Gargano al Salento. Che cosa è successo allora? È successo che a settembre in tutti questi territori sì è votato anche per le regionali, con una campagna elettorale intensa, costellata da una serie di microeventi troppo spesso oltre le norme di sicurezza.

Gli esperti – non quelli che inseguono la popolarità televisiva – dicono che sì bisogna confidare nel vaccino ma che, realisticamente, comincerà a dare i suoi frutti per Natale del 2021. Abbiamo dunque davanti un anno intero di paure, privazioni, sofferenze e speriamo non altro. La «normalità» che credevamo d’aver riconquistato in estate in realtà è ancora lontana. Come cantava Lucio Dalla «L’anno che sta arrivando tra un anno passerà / Io mi sto preparando / È questa la novità».

MICHELE PARTIPILO
[ LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO ]