Se l’Africa subsahariana è davvero “in movimento”, gli africani non procedono in massa verso l’Europa. Questo non solo perché i tassi di emigrazione della regione (ovvero la percentuale di africani che lascia il proprio paese, sul totale della popolazione di appartenenza) sono sostanzialmente in linea con quelli globali, ma anche perché l’approdo di gran parte dei migranti subsahariani resta interno al continente.
Dei 27 milioni di emigrati che, al 2017, originavano dall’Africa subsahariana (pari a tre quarti di tutti i migranti africani, inclusi quelli provenienti dal nord Africa, e al 10,5% dei 258 milioni di migranti presenti a livello globale), solo una minoranza di 8 milioni di persone, lasciata la propria terra, si era stabilita in Europa, Nord America, Medio Oriente o in un’altra regione del globo[1]. Gran parte dei migranti subsahariani – 19 milionidi persone complessivamente – hanno sì attraversato confini, ma spesso solo per spostarsi in uno stato limitrofo, o comunque fermandosi in Africa. Per svariate ragioni – non ultime le risorse materiali e immateriali su cui contare per poter affrontare percorsi più lunghi – si tratta di migranti con una predisposizione e/o una capacità a lasciare l’Africa molto inferiori rispetto a quella dei migranti nordafricani.
La prospettiva cui siamo abituati in Italia ed in Europa – in parte legata alla necessità di focalizzarci su problematiche che ci coinvolgono più direttamente, in parte a scelte deliberate e volte a plasmare dibattito politico e opinione pubblica – trascura pertanto il fatto che i processi migratori dell’Africa subsahariana sono principalmente e anzitutto fenomeni intra-regionali.
Se proviamo a trasferirci mentalmente a sud del Sahara, possiamo immaginare un ugandese che si sposta in Kenya o un camerunense che si sistema in Nigeria, in maniera non del tutto diversa da come un italiano trova lavoro in Svizzera, o a Parigi, Londra o Berlino. Anche in Africa subsahariana, infatti, esistono marcate differenze tra i singoli paesi in termini di opportunità economiche e – temi un po’ meno direttamente familiari per noi europei, almeno nelle loro espressioni più estreme – di rischi politici e climatico-ambientali, nonché in termini di tendenze demografiche. E, come in Europa, specifici percorsi migratorivengono replicati e stabilizzati dall’esistenza di reti di contatti che facilitano e favoriscono il privilegiare, da parte dei migranti, alcune destinazioni rispetto ad altre. Si pensi, ad esempio, alla presenza di una diaspora nigeriana molto numerosa in Sudan, paese non confinante ma con affinità culturali rispetto ad alcune comunità nord-nigeriane.
I paesi che fungono da principali poli di attrazione negli spostamenti intra-africani sono in genere quelli con le economie più forti e diversificate, come il Sudafrica nella regione australe e la Costa d’Avorio in quella occidentale, seguiti da Nigeria e Kenya, e da stati – oggi soprattutto in Africa orientale – che ospitano chi è fuggito da vicine aree in conflitto, come Uganda ed Etiopia. Questo si riflette a sua volta nel consolidamento di corridoi migratori (si veda la Figura 1) diretti verso economie che offrono opportunità di lavoro – nei settori agricolo o minerario per chi muove dal Burkina Faso e dal Mali verso la Costa d’Avorio, ad esempio, così come dallo Zimbabwe e dal Mozambico verso il Sudafrica – o a contesti politici comparativamente più stabili, dalla Somalia verso l’Etiopia o il Kenya, dal Sud Sudan verso il Sudan o l’Uganda. In alcune aree, gli stessi accordi di integrazione sub-regionale contribuiscono a facilitare la mobilità interna. Tra queste spicca l’Africa Occidentale, in cui l’Economic Community of West African States (ECOWAS) ha adottato da tempo una politica di mobilità visa free.
L’Africa subsahariana è, e continuerà ad essere, attraversata da rapide e profonde trasformazioni su una molteplicità di fronti: le distinte traiettorie di crescita seguite dalle economie della regione; le pressioni demografiche che portano alcune aree ai limiti della sostenibilità, intensificando sfruttamento, competizione e frammentazione delle terre nonché i processi di urbanizzazione; le sfide connesse al cambiamento climatico, inclusa la desertificazione e il moltiplicarsi di fenomeni climatici estremi; il divario tra la relativa stabilità politica di alcune aree e la persistente o rinnovata conflittualità di altre; gli altalenanti ritmi di integrazione delle diverse comunità economiche sub-regionali e dei processi di cooperazione continentali. È solo un elenco parziale di veloci mutamenti che i paesi della regione si trovano simultaneamente ad affrontare, ciascuno di essi destinato a ripercuotersi a sua volta sull’evoluzione delle dinamiche migratorie intra-continentali. Una tematica importante ma spesso ignorata alla quale questo dossier offre un’introduzione.
[1] UNCTAD, Economic development in Africa. Report 2018 – Migration for structural transformation, 2018
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