giovedì, 28 Novembre 2024

L’Europa si fa Intelligence.

Francesco Bechis [ formiche.net ]

Intervista esclusiva di Formiche.net al prefetto del Dis e coordinatore dell’intelligence italiana Gennaro Vecchione. Da Zagabria uno sguardo al nuovo College dell’intelligence europea (Ice). E un bilancio delle sfide per la sicurezza italiana, dalla Libia al 5G…


Zagabria. “Non è una Cia europea, ma è un grande passo avanti e l’Italia è in prima linea”. Gennaro Vecchione ha un guizzo d’orgoglio. Da una poltrona della hall del Westin Hotel di Zagabria, in Croazia, il prefetto a capo del Dis (Dipartimento per l’informazione e la sicurezza) racconta in un’intervista esclusiva a Formiche.net la nuova creatura dell’intelligence europea, l’Ice (Intelligence college of Europe), l’istituzione di formazione e sensibilizzazione sui temi dell’intelligence cui hanno dato vita con la firma di una lettera di intenti le delegazioni di 23 Paesi europei.

Direttore, se non è una Cia europea allora cos’è?

Non può esserlo perché non ha una valenza operativa. Abbiamo piuttosto inaugurato una grande operazione culturale che pone le premesse fondamentali per l’analisi strategica di cui i decisori politici hanno estremamente bisogno.

Quindi è un falso mito che le agenzie di intelligence non collaborano fra di loro?

Dobbiamo contestualizzare. L’intelligence nasce dalla Guerra Fredda, dove la sicurezza nazionale aveva come traguardo lo Stato di appartenenza, lo scambio di informazioni fra Stati diversi avveniva solo al verificarsi di grave minacce comuni e comunque in un quadro di alleanze temporanee. Una volta superata la criticità l’alleanza si scioglieva. Oggi ci troviamo di fronte a minacce permanenti, ed è quindi necessaria un’osmosi nel mondo dell’intelligence, a partire dal profilo culturale.

Che tipo di osmosi?

Deve essere un dialogo tattico, incentrato su minacce specifiche. Il Trattato sull’Unione europea d’altronde colloca la sicurezza nazionale al di fuori del campo di competenza dell’Ue, che infatti non può emanare regolamenti e direttive in materia. Esiste per il momento solo uno scambio di informazioni per prevenire minacce gravi come il terrorismo o i crimini cibernetici.

Perché non inserire il college all’interno della Nato?

Questo college vuole promuovere una cultura sulla sicurezza a 360 gradi, e dunque non solo limitata al settore militare. Oggi, ad esempio, la dimensione cyber ha acquisito un ruolo primario e lo spazio cyber forma un nuovo dominio accanto ai domini di terra, cielo e mare.

In Italia esiste già un’esperienza simile?

Il legislatore si è portato avanti con lungimiranza nel 2007 con la riforma dell’intelligence, ponendo grande enfasi sulla cultura della sicurezza. Oggi abbiamo un comparto di intelligence attrezzato con programmi per diffondere la conoscenza del settore e sensibilizzare il mondo scolastico, accademico, imprenditoriale. È il caso di Asset, il programma del Dis per la divulgazione nel mondo imprenditoriale.

Il Segretariato del College sarà in Francia. Qualcuno potrebbe pensare che sia un’iniziativa dell’Eliseo…

Non è così, non bisogna essere gelosi di iniziative e idee giuste. Se ben 23 Paesi hanno dato seguito alla visione del presidente francese Emmanuel Macron significa che siamo davanti a qualcosa di più di un semplice protagonismo francese. L’Italia è promotrice di tante iniziative su altri fronti di cui non sempre è possibile dare conto al pubblico. E anche in questa occasione ha detto la sua.

Ovvero?

Il prossimo ottobre vogliamo organizzare in Italia un seminario sulle tematiche cibernetiche come il 5G, l’internet delle cose e l’IA, in occasione dell’anno della cyber-sicurezza. È un tema di cui si deve parlare di più, e il compito dell’intelligence è fornire un’analisi strategica che dia al decisore politico una visione di respiro europeo. Non è tutto.

Prego.

Ci siamo proposti per assumere la presidenza dell’Ice nel 2022 dopo un primo anno di presidenza croata seguito da un anno di presidenza inglese. Da marzo si formerà una troika che utilizzerà questo tempo per garantire il funzionamento di questo organismo.

L’Ice collaborerà anche con l’intelligence americana?

Avrà rapporti con gli altri Paesi della Nato e con gli Stati Uniti, che per una serie infinita di ragioni storiche e culturali sono nostri alleati storici. Sono sicuro che trovare un unico punto di contatto delle agenzie europee nell’Ice sarà un vantaggio anche per l’intelligence americana.

Lei ha detto che sul terrorismo si può e si deve cercare una collaborazione di intelligence. Vale anche per l’instabilità del Nord Africa e della Libia, o su quel fronte ogni Stato agisce da sé?

La stabilità del Nord Africa è un problema complesso, un mosaico che si compone di diversi tasselli, dal fronte diplomatico a quello della dissuasione militare e degli investimenti. La Libia è il tassello più critico, ma c’è un contorno geopolitico che è molto più ampio. Non a caso è definita una guerra per procura: gli interventi dei grandi player mondiali ed europei sono motivo di grande preoccupazione.

Come se ne esce?

Lo sforzo di mediazione italiano in atto in queste settimane va nella giusta direzione, che è l’unica possibile: un tavolo delle trattative. Nessuno vuole un’escalation militare, che porterebbe a grandi perdite umane e innescherebbe fenomeni migratori eccezionali. Riserverebbe al Paese un destino di lacrime e sangue che in ogni modo dobbiamo evitare.

Un altro fronte sensibile che l’Ice si propone di affrontare è quello delle nuove tecnologie. Fra queste c’è la rete 5G, che in Italia è stata oggetto di un importante aggiornamento della normativa sulla sicurezza. È sufficiente?

L’Italia ha già dimostrato di voler mantenere un grande equilibrio, evitando di assumere posizioni estreme o di mettere al bando determinati soggetti solo perché provengono da una determinata area del mondo. Abbiamo avviato un discorso oggettivo che va trascende il caso specifico e si fonda su un avanzato sistema normativo e regolamentare del settore tecnologico. Stiamo studiando con decine di gruppi di lavoro i regolamenti di attuazione del decreto Cyber per garantire la sicurezza della rete.

Quindi business e sicurezza possono sempre convivere?

Il 5G è un’opportunità unica che non può essere lasciata andare, ma di cui vanno attentamente valutati i pericoli, anche alla luce degli allarmi lanciati dal Copasir che noi teniamo in debito conto. Penso che i nostri alleati possano stare tranquilli, confido che faremo tutto il possibile per minimizzare i rischi connessi allo sviluppo di queste tecnologie.


Francesco Bechis
[ formiche.net ]