sabato, 23 Novembre 2024

LILIANA SEGRE SENATRICE A VITA

(LA STAMPA)

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha nominato Senatrice a vita la dottoressa Liliana Segre per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale.

Una scelta non casuale quella del Presidente della Repubblica che ha deciso di procedere con la nomina a pochi giorni dalla celebrazione della Giornata della memoria e a 80 anni dalle leggi razziali di cui la Segre fu vittima all’età di 8 anni. Deportata ad Auschwitz, è una dei 25 sopravvissuti tra i 776 bambini italiani di età inferiore ai 14 anni che furono internati nel campo di concentramento.

“PORTERO’ IN SENATO LA VOCE DI CHI SUBI’ LE LEGGI RAZZIALI”

«Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella mi ha chiamato, comunicandomi la decisione di nominarmi senatrice a vita. Lo ringrazio per questo altissimo riconoscimento. La notizia mi ha colto completamente di sorpresa. Non ho mai fatto politica attiva e sono una persona comune, una nonna con una vita ancora piena di interessi e di impegni» dice Liliana Segre nel commentare la nomina ricevuto dal Colle.

 «Certamente, il Presidente ha voluto onorare, attraverso la mia persona, la memoria di tanti altri in questo anno 2018 in cui ricorre l’ottantesimo anniversario delle leggi razziali. Sento dunque su di me l’enorme compito, la grave responsabilità di tentare almeno, pur con tutti i miei limiti, di portare nel Senato della Repubblica delle voci ormai lontane che rischiano di perdersi nell’oblio. Le voci di quelle migliaia di italiani, appartenenti alla piccola minoranza ebraica, che nel 1938 subirono l’umiliazione di essere degradati dalla Patria che amavano; che furono espulsi dalle scuole, dalle professioni, dalla società dei cittadini «di serie A».

LA COMUNITA’ EBRAICA: GRANDE COMMOZIONE

«A nome di tutte le comunità ebraiche in Italia, esprimo la nostra commozione per la decisione del Presidente Mattarella» che «risponde esattamente alla profonda esigenza di assicurare che l’istituzione chiamata a legiferare abbia a Memoria quanto avvenuto nel passato e sappia in ogni atto associare al formalismo della legge anche l’intrinseca giustizia e rispondenza ai fondamentali principi etici, in un contesto sempre più preoccupante nel quale l’oblio rischia di divenire legge oltre che fenomeno sociale», dice la presidente Ucei Noemi Di Segni sulla nomina della Segre.


LILIANA SEGRE A 13 ANNI NELLA NEVE DI AUSCHWITZ INGRIGITA DALLA CENERE DEI FORNI: “VOGLIO VIVERE”

La neve di Auschwitz ingrigita dalla cenere che usciva incessantemente dai forni crematori. E una ragazzina italiana di 13 anni che vagava in mezzo a questo orrore dicendosi da sola una frase: «Voglio vivere», «Voglio vivere» «Voglio vivere». Una frase che la aiutò a resistere nel lager per un lunghissimo, infinito anno di prigionia dal gennaio 1944 a quello successivo.

Sono solo alcuni frammenti della testimonianza che da vent’anni Liliana Segre porta nelle scuole italiane. Il racconto della sua partenza insieme al padre Alberto dal binario 21 della stazione di Milano, diretta verso l’inferno. Un racconto così forte da restare impresso per anni in chi ha avuto il privilegio di ascoltarla: la voce calma, quasi monocorde, i dettagli precisi, il rapporto fortissimo col padre che viene spezzato subito, quando i carcerieri li separano all’arrivo ad Auschwitz. Solo in una occasione Liliana Segre alza la voce. Quando ricorda quella frase «Voglio vivere!». Stringe i pugni, per trasmettere la forza di quel sentimento che l’ha tenuta viva nel corpo ma soprattutto nell’anima.

Le parole sono quelle di una ragazzina normale, poco più piccola degli studenti che la ascoltano nelle scuole italiane, che si ritrova catapultata nel dolore. Lo stupore per tutto quello che vedeva, l’angoscia per il destino del padre. L’assoluta impossibilità di immaginare cosa accadeva davvero in quel campo.

Nel racconto di Liliana Segre ci sono anche le leggi razziali, conosciute a 8 anni, alla fine dell’estate del 1938, quando il padre e i nonni «con parole dolci e semplici» le raccontarono che era stata espulsa dalla scuola elementare. «Era la prima porta chiusa della mia vita, espulsa per la sola colpa di essere nata, mi restò addosso con una tristezza infinita. Lì sono diventata la bambina ebrea».

La storia successiva alla Liberazione è quella di una donna normale, che si sposa e ha tre figli e poi diventa nonna. Una donna che dopo 40 anni decide che è ora di iniziare a raccontare. «Prima temevo di non essere creduta perché le cose che dicevo erano troppo enormi. Avevo paura di passare per pazza».

«E’ stato l’amore di mio marito, dei miei figli e dei miei nipoti a darmi la forza di andare davanti a dei ragazzi a parlare di vita e non di morte, di amore e non di odio, mai di vendetta, per infondere a loro la forza che viene da dentro noi stessi».

La sua prima reazione alla nomina a senatrice a vita: «Non posso darmi altra importanza che quella di essere un araldo, una persona che racconta ciò di cui è stata testimone..»

di ANDREA CARUGATI  (LA STAMPA)

CODICE ETICO E LEGALE