I ritardi nei pagamenti esistono anche nei rapporti tra privati. Nascono dai rapporti di forza negli affari tra impresa grande e impresa piccola, tra cliente importante e professionista; li aggrava la piaga tutta italiana dell’inefficienza della giustizia civile. Ma il caso della pubblica amministrazione è molto peggiore, non soltanto per le sue enormi dimensioni.
Si constatano oggi i limiti dei pur importanti interventi compiuti dal governo Monti. Molti arretrati sono stati saldati anche dai governi Letta e Renzi. Tuttavia gli obblighi di pronto pagamento introdotti allora sono spesso elusi. La contabilità pubblica ancora non impone responsabilità chiare nelle decisioni di spesa (si può fare un ordinativo senza sapere se si potrà saldarlo).
Il grosso dei ritardi riguarda le spese di investimento degli enti locali e gli acquisti di beni necessari alle Asl per curarci. Troppo spesso i fondi disponibili nell’anno servono a pagare gli arretrati, sapendo già che le forniture e i lavori di quell’anno andranno invece a debito degli anni futuri.
È anche un modo in cui la politica locale cerca di sottrarsi ai vincoli di bilancio nazionali.
Esistono poi delle aree di inefficienza pura e semplice, in cui le amministrazioni non riescono a gestire i pagamenti in tempo anche quando i soldi ci sono. Non si trovano soltanto nelle Regioni storicamente più in difficoltà, come quelle meridionali, ma anche a Roma, dove si sospettano processi di degenerazione; e nemmeno il Piemonte se la cava tanto bene.
Per giunta, continua a mancare un quadro d’insieme. Lo stesso ministero del Tesoro ammette di non possedere dati completi, perché «non tutti gli enti pubblici sono attivi nella comunicazione dei dati di pagamento» (1/3 non ha comunicato nulla); spera di ottenerli in futuro da un nuovo sistema informatico ora in fase sperimentale nelle Regioni Lombardia e Piemonte e in alcuni Comuni.
Certo per le imprese i ritardi nei pagamenti sono meno pesanti da sopportare in tempi, come questi, di interessi bancari bassi. Ma riguarda tutti i cittadini il male che qui si rivela: un sistema di amministrazioni dello Stato poco governabile e organizzato in modo tale da rendere impossibile capire di chi è la colpa quando le cose non funzionano.
Una volta saldati per intero i debiti pregressi, sarebbe opportuno che da quel momento ogni ente sapesse all’inizio di ogni anno quanto potrà effettivamente spendere in termini di cassa, e sia in qualche modo vincolato a non fare false promesse. In altri Paesi esistono strumenti che consentono di ravvicinare le procedure burocratiche alla realtà.
In cima al groviglio sta poi una politica nazionale che ha aggravato il problema con la mancanza di coraggio e di precisione nel taglio delle spese. I «tagli lineari» e i vincoli di tesoreria imposti schematicamente a una macchina amministrativa caotica come quella che abbiamo generano negli anni successivi un contraccolpo di ulteriori debiti fuori bilancio.