Perché l’inquinamento atmosferico è sempre più preoccupante?
Per vivere è essenziale respirare: nell’arco della nostra vita nei nostri polmoni passano circa 250 milioni di litri d’aria. Eppure, camminando in un’affollata strada urbana, si possono incamerare fino 20 milioni di polveri sottili a ogni inspirazione.
Oggi, l’inquinamento atmosferico è la causa principale di morti premature nel mondo, ed è responsabile di un decesso su nove. Uccide sette milioni di persone all’anno, molte più di quante ne uccidano l’hiv, la tubercolosi e la malaria insieme –tanto per fare un esempio. La dottoressa María Neira, direttrice del dipartimento di sanità pubblica dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che si occupa dell’inquinamento atmosferico, non usa mezzi termini: “Si tratta di un’emergenza globale in termini di sanità”.
Quanto ci costa?
Le morti e i danni alla salute provocati dall’inquinamento atmosferico hanno un costo enorme: 225 miliardi di dollari in termini di reddito da lavoro perduto nel 2013, cioè 5.110 miliardi all’anno (circa un milione di dollari al minuto) sommando anche le perdite nella previdenza sociale in base ai dati di una relazione del 2016 della Banca mondiale, che li indica come un “preoccupante campanello d’allarme”.
L’inquinamento dell’aria è in continuo aumento nei paesi meno industrializzati e, mentre in alcuni di quelli industrializzati la situazione sta migliorando, aumenta rapidamente la nostra conoscenza dei danni che esso provoca alla nostra salute, fisica e mentale.
Da secoli ormai conviviamo con l’aria inquinata – prima non ci si faceva nemmeno caso – eppure non esiste certificato di morte che riporti l’inquinamento atmosferico tra le cause di decesso. I danni per la nostra salute sono diventati chiari solo negli ultimi decenni e solo in anni più recenti questa emergenza sanitaria ha ricevuto una diffusa attenzione grazie alle scoperte nel campo della ricerca, alle battaglie legali perse dal governo e allo scandalo sulle emissioni dei diesel Volkswagen.
Tuttavia, bisogna sottolineare che le misure contro l’inquinamento dell’aria hanno un impatto positivo nel breve termine e sono efficaci nella lotta al riscaldamento climatico a lungo termine.
Chi sono le persone colpite?
Praticamente chiunque. Più del 90 per cento della popolazione mondiale vive dove l’inquinamento atmosferico è al di sopra dei livelli di sicurezza indicati dall’Oms.
L’India ospita la metà delle cinquanta città più inquinate del mondo, la Cina ne ha otto e l’Iraq tre. In Africa l’inquinamento è pesante ma poco misurato: secondo dati del 2015, nell’intero continente le centraline per misurare i livelli di smog erano un terzo di quelle della sola città di Parigi.
L’inquinamento atmosferico, tuttavia, continua a interessare anche i paesi più ricchi. “ Rispetto agli ultimi 50 anni siamo in una fase positiva, ma bisogna capire quanti decessi si è disposti ad accettare”, dichiara Neira. “In Europa continuano a morire mezzo milione di persone all’anno e questo è assolutamente intollerabile”.
Il corpo di un bambino in piena crescita è più vulnerabile degli altri, eppure 300 milioni di minori vivono dove l’inquinamento atmosferico è estremo, con livelli di emissioni tossiche che possono essere sei volte più elevati di quelli indicati nelle linee guida internazionali.
Esistono diversi tipi di inquinamento atmosferico?
Sì. Gli inquinanti più dannosi, ma anche più studiati e compresi, sono i particolatiche non solo penetrano nei polmoni, ma finiscono in circolo con il sangue. Oggi la convinzione generale è che penetrino anche negli altri organi vitali, cervello incluso, e i test di laboratorio hanno dimostrato la loro presenza in fegato, milza e reni delle cavie.
Il particolato atmosferico può contenere carbonio elementare (black carbon), nitrati, solfati, ammoniaca o polveri minerali, sostanze in gran parte prodotte dalla combustione di carburanti fossili (come il petrolio) o di legname, usata per ottenere fonti di energia per la circolazione dei veicoli, il riscaldamento, le centrali elettriche e le industrie.
Se da un lato in alcuni paesi sono stati introdotti dei miglioramenti, per esempio nelle centrali a carbone e nell’alimentazione dei veicoli, altri settori sono rimasti indietro. L’agricoltura e l’allevamento sono grandi fonti di inquinamento: l’ammoniaca nel letame e i fertilizzanti finiscono nelle aree urbane spinte dai venti e vanno a formare le polveri sottili, soprattutto nella stagione primaverile al momento della semina e della concimazione dei campi.
L’inquinamento dell’aria esterna, secondo l’Oms, è la causa di 4,2 milioni di morti premature
Il diossido di azoto, prodotto dai motori diesel, non solo emette particolato, ma è estremamente dannoso se inspirato in forma gassosa. In gran parte dei centri urbani del Regno Unito, per esempio, è ancora a livelli ben più alti di quelli consentiti, con conseguenze catastrofiche in termini di decessi: circa 23.500 morti premature.
Un altro agente inquinante è il diossido di zolfo, che ormai è stato eliminato dalle benzine per i veicoli su gomma, ma è ancora presente in percentuale elevata nei carburanti per barche e aerei. L’ozono troposferico, che si forma nei giorni di sole, è nocivo per le persone e per le colture: si stima che tra il 7 e il 12 per cento dei raccolti di grano vada perso per questo. In India la resa agricola è calata del 28 per cento a causa dell’ozono.
Vi sono fonti naturali di inquinamento dell’aria, come le tempeste di polvere e i fumi sprigionati dagli incendi, ma l’inquinamento causato dall’essere umano ne supera ampiamente la portata. L’inquinamento dell’aria esterna, secondo quanto dichiarato dall’Oms, è la causa di 4,2 milioni di morti premature.
E l’inquinamento degli spazi chiusi?
Anche questo è un altro fattore che causa di 3,8 milioni di morti (alcune persone sono esposte sia all’inquinamento esterno sia a quello interno). Metà della popolazione mondiale cucina su fiamme vive usando combustibili inquinanti come legno, letame o carbone vegetale; anche il kerosene contenuto nelle lampade a combustione produce fumi nocivi.
L’accesso a carburanti e stufe migliori coinvolge sempre più persone. Tra i contadini di Xuanwei, in Cina, per esempio, si è registrato un calo del 40 per cento dei casi di tumore ai polmoni grazie all’adozione di stufe dotate di canna fumaria nelle abitazioni. Dato l’aumento della popolazione mondiale, tuttavia, non si registrano cali del numero di persone esposte all’inquinamento atmosferico domestico.
Quali sono i danni causati dall’inquinamento atmosferico?
Ormai sta diventando più semplice domandarsi quali danni non causi: la ricerca sta dimostrando l’influenza dell’inquinamento atmosferico non solo su ogni parte del nostro corpo, ma anche sul cervello.
I pericoli connessi all’aria tossica sono, sorprendentemente, una scoperta recente. L’Harvard six cities study, la fondamentale ricerca che chiarisce i collegamenti tra inquinamento atmosferico e malattie respiratorie, attacchi cardiaci e ictus, è stata pubblicata nel 1993. Da allora l’aria inquinata è stata collegata a molte altre patologie, come per esempio il diabete: stando a un recente studio nel 2016 l’inquinamento ha contribuito all’insorgenza di 3,2 milioni di nuovi casi. Le patologie renali, così come la malattia di Alzheimer, sono anch’esse influenzate dall’insalubrità dell’aria; anche la pelle ne è colpita, invecchiando più rapidamente.
Le ricerche condotte su neonati e bambini rivelano dati particolarmente preoccupanti. Un recente studio su vasta scala ha dimostrato come l’inquinamento atmosferico porti a un massiccio aumento del rischio di sottopeso alla nascita e quindi a danni permanenti alla salute del bambino. I medici coinvolti nello studio hanno definito questa singola scoperta “qualcosa di molto vicino alla catastrofe sanitaria mondiale”.
Milioni di nascite premature potrebbero essere in qualche misura dovute all’inquinamento atmosferico; un altro studio lo mette in relazione alle malformazioni del feto, mentre un altro lo collega alla sindrome della morte improvvisa del lattante. Vi sono anche prove effettive della presenza di particelle inquinanti nella placenta materna. “La questione è molto seria – vi è una forte e diretta connessione tra le particelle tossiche che la madre inspira e gli effetti negativi sulla salute del feto”, dichiara il ricercatore a capo dello studio.
L’asma e la ridotta crescita polmonare, così come i problemi di apprendimento a scuola e il rischio di delinquenza in età adolescente, sono pericoli a cui i bambini sono particolarmente esposti durante la loro crescita e sono tutti in stretta relazione con l’inquinamento dell’aria.
La cifra stimata di sette milioni di decessi l’anno purtroppo è stimata al ribasso, poiché il conteggio è basato solo sull’inquinamento da particolato e le cinque cause di morte più strettamente collegate ad esso. Le prime stime ottenute applicando dei modelli più efficaci indicano un totale di nove milioni di morti dovute all’inquinamento da particolato.
E siamo solo di fronte alla “punta dell’iceberg” dei danni alla salute, stando ai ricercatori. Questo perché, anche qualora non portasse alla necessità di una visita medica, la continua e massiccia esposizione all’inquinamento atmosferico nuoce alla salute di qualsiasi persona in qualche misura.
L’Oms è chiara al riguardo: “Si prevede un aumento delle malattie dovute all’inquinamento dell’aria (esterna)”.
Posso fare qualcosa per proteggermi?
La crescente preoccupazione per l’inquinamento dell’aria ha dato il via alla creazione di una vasta gamma di prodotti di protezione. In commercio si trovano varie mascherine, ma a detta degli esperti anche queste sono di ben poca utilità se non aderiscono ermeticamente al viso, cosa che è rara.
Sono state proposte torri giganti, panchine con un giardino verticale sopra lo schienale e muri di verde vivo per filtrare l’aria inquinata. A Southampton, nel Regno Unito, circola un nuovo autobus che filtra l’aria mentre viaggia. Anche gli alberi possono essere utili, a meno che non blocchino i venti che respingono le polveri inquinanti, nel quale caso possono addirittura aggravare la situazione.
Inoltre, esistono applicazioni in grado di monitorare l’inquinamento dell’aria, così da permettere alle persone di evitare i momenti peggiori, e che permettono di creare itinerari alternativi per camminare in città, così da tenere i pedoni lontani dalle vie più inquinate.
Le persone dentro le automobili sono spesso più esposte all’inquinamento atmosferico di chi si trova per strada a causa dei gas di scappamento che rimangono intrappolati nell’abitacolo. È certamente consigliabile mettere l’aria a circolo chiuso prima di scontrarsi con il centro della città.
Esistono prove che gli oli ricchi di omega3 e la vitamina B hanno una funzione protettiva dai danni da inquinamento atmosferico.
Ma questo non significa curare i sintomi anziché la causa?
Esatto. L’unico modo efficace di affrontare questa emergenza sanitaria mondiale è di abbattere drasticamente i livelli di inquinamento. Inoltre, vi sono dei risvolti etici, dichiara il dottor Gary Fuller, del King’s College London: “È moralmente scorretto far cambiare condotta alle vittime anziché ai colpevoli”.
Spesso sono le persone più povere a essere maggiormente esposte all’inquinamento dell’aria. “L’inquinamento atmosferico provoca delle enormi ingiustizie”, sostiene Fuller. “Contaminando la nostra aria per disfarsi dei loro rifiuti, gli inquinatori stanno distruggendo una risorsa comune evitando anche di assumersi la responsabilità e i costi delle proprie azioni”.
E adesso?
Le soluzioni sono al contempo perfettamente attuabili ed estremamente difficili, perché pur richiedendo poco in termini di nuove tecnologie implicano interventi in molte aree e in genere non sono soluzioni né allettanti dal punto di vista politico né da quello economico.
“Bisogna intraprendere due grandi transizioni”, dichiara Neira. “La prima è il passaggio a un’energia pulita. È necessario abbandonare l’uso del carbone e il massiccio uso delle auto private nei centri urbani e secondo, bisogna costruire edifici più efficienti”.
Al livello globale sta diminuendo il consumo di carbone come combustibile e la Cina ha dato un esempio di come si possa mettere velocemente un freno all’inquinamento industriale. L’inquinamento da polveri sottili è calato di un terzo in solo quattro anni dall’inizio della “guerra all’inquinamento” e solo otto anni dopo che Pechino era stata etichettata “nociva a livelli folli” quando l’inquinamento della sua aria aveva superato ogni limite. In tutto il mondo, tuttavia, le città sono in rapida espansione, con un aumento previsto dei residenti in zone urbane dai 4,2 miliardi di oggi a 6,7 miliardi nel 2050.
Per questo l’urbanistica delle città nuove o ingrandite è di vitale importanza, commentano gli esperti come Fuller: “Se agiamo male oggi dovremo pagare un caro prezzo nel futuro”. La mobilità urbana dovrebbe incentrarsi su percorsi per ciclisti e pedoni e sul trasporto pubblico – persino le auto elettriche concorrono all’inquinamento da particolato con l’abrasione dell’asfalto e la polvere dei freni. Il resto delle auto e i camion, poi, devono essere sottoposti a più stretti controlli delle emissioni inquinanti.
Si dovrebbe ricorrere solo all’energia rinnovabile per riscaldare e rinfrescare gli ambienti. I rifiuti, inoltre, non dovrebbero mai essere bruciati se non sotto stretto controllo.
Alcune città della Danimarca e dei Paesi Bassi hanno detto addio alle auto e a Seoul, in Corea del Sud, sono state demolite quindici superstrade per far posto alle linee degli autobus e a un nuovo fiume.
Neira, che è stata ministra della sanità in Spagna, sostiene che i politici devono giocare la carta della salute per avere la meglio sugli avversari: “Se riduci i casi di asma tutti ne saranno felici”. Senza contare i benefici che deriverebbero dalla diminuzione del consumo di carbone, benzina e gas, per quanto riguarda il riscaldamento globale, e la diminuzione dei casi di obesità grazie a un modo più attivo di spostarsi, come per esempio usare la bicicletta.
Il punto non è cosa sia necessario fare per porre fine all’emergenza inquinamento atmosferico, continua Neira, è la mancanza di un serio impegno politico: “ Idee e soluzioni sono moltissime. Ora serve l’impegno della classe dirigente”.
(Traduzione di Mariachiara Benini)
Questo articolo è uscito sul quotidiano britannico The Guardian.