domenica, 24 Novembre 2024

L’INVECCHIAMENTO SECONDO UNA PROSPETTIVA DI SVILUPPO

Dr.ssa ALESSANDRA VAROTTO (MEDICITALIA)

Invecchiamento fisico

L’invecchiamento è un processo che interessa tutti gli organismi viventi e che comporta modificazioni biologiche. Precisamente, si assiste a una graduale riduzione del numero delle cellule (atrofia) e una diminuzione dell’efficienza funzionale, accompagnata da cambiamenti organici e predisposizione a una serie di disturbi. Tale processo comincia già dopo i trenta anni e comporta un progressivo adattamento psicofisico che è variabile per ogni individuo.
Per esplorare i diversi cambiamenti significativi in atto nell’uomo vi è l’Organizzazione Mondiale della Sanità, OMS. Così, la classificazione di età di una persona secondo l’OMS, dice quanto segue:
–    25-44 anni (Età giovanile);
–    45-65 anni (Età presenile): si caratterizza per l’inizio della menopausa e andropausa, rispettivamente per la donna e l’uomo, nonché per la variazione di importanti indici biologici come l’aumento dei grassi nel sangue e la predisposizione all’ipertensione arteriosa;
–  65-75 anni (Età della senescenza graduale): corrisponde all’inizio della vera vecchiaia;
–   75-90 anni (Età della senescenza conclamata): si caratterizza per la riduzione dell’efficienza psicofisica e per il graduale insorgere di malattie che tendono a cronicizzarsi e a comportare interventi assistenziali e riabilitativi.

Gli anziani sono aggi giorno sempre più numerosi e raggiungono la vecchiaia in condizioni di salute più efficienti, grazie al progresso sia delle conoscenze scientifiche (riduzione della mortalità per malattie infettive) che delle condizioni igieniche e alimentari. La rilevanza sociale di questo fenomeno ha permesso la nascita di nuove discipline scientifiche come la “geriatria”, in altre parole la branca della medicina che si occupa non solo della prevenzione e cura ma anche dell’assistenza psicologica, ambientale e socio-economica dell’anziano, la “gerontologia”,disciplina che approfondisce le modificazioni derivanti dall’invecchiamento e la “geragogia”, la scienza che si occupa della prevenzione del decadimento psicofisico dell’anziano e di come si può invecchiare bene.

Invecchiamento psicologico
Per capire i processi legati a questa fase della vita occorre considerare l’anziano secondo una prospettiva multidimensionale (o biopsicosociale). Da un lato bisogna dare conto, infatti, dei cambiamenti che avvengono con l’età a livello cerebrale, cognitivo, di personalità, emotivo-affettivo, sociale e ambientale, dall’altro identificare i tipi d’intervento attuabili per migliorare la qualità di vita e per promuovere un invecchiamento attivo e positivo.
La psicologia dell’invecchiamento è una branca della psicologia che si occupa sia dei problemi psicologici dell’anziano, sia del suo processo d’invecchiamento psicologico e neuropsicologico. Guardando l’’anziano nella sua globalità, la psicologia dell’invecchiamento pone l’accento sull’importanza dell’aspetto relazionale e affettivo, analogamente a ogni fase della vita umana, quale fattore chiave nell’influenzare il modo di risposta agli eventi della vita.

Si è visto che la vecchiaia è accompagnata da cambiamenti organici, di solito peggiorativi, e dalla predisposizione a una serie di disturbi che tendono a cronicizzarsi, ma si può altrettanto affermare che non esiste un parallelismo delle modificazionidelle funzioni tra gli individui e dunque un’omogeneità del processo d’invecchiamento (eterocronia).
Pertanto l’invecchiamento naturale non può prescindere dagli elementi psicologici, in particolare dalla personalità e dalle esperienze individuali, di cui la vecchiaia rappresenta la sintesi del significato dell’esistenza della persona. E’ nella vecchiaia che si raggiunge il culmine della maturità e della saggezza. Già nell’antichità, Catone e Seneca mostravano una visione desiderabile di vecchiaia e rilevavano l’importanza di coltivare molti interessi per contrastare il decadimento globale dell’organismo. L’allenamento delle capacità intellettuali è fonte di “frutti meravigliosi”. Gli studi neuropsicologici sull’invecchiamento mostrano evidenze di sclerosi progressiva nel cervello dell’anziano. Tuttavia esistono casi in cui non sono presenti tali modificazioni a conferma dell’ipotesi della variabilità tra individui uguali per età. Quali sono dunque i fattori che permettono nella vecchiaia di mantenere l’efficienza psichica globale?

2. Fattori d’influenza 

La maggior parte degli studi psicologici si è interessata di indagare l’incremento delle malattie degenerative (tra cui l’Alzheimer) collegate al processo dell’invecchiamento. Le ricerche hanno tuttavia tralasciato di studiare il concetto di vulnerabilità cognitiva non legato a una particolare patologia ma al puro invecchiamento fisiologico e irreversibile del sistema nervoso.
Il declino cognitivo fisiologico è influenzato da una serie di elementi tra cui i più importanti sono:
– Allenamento delle funzioni cerebrali;
– Fattori genetici, tra cui il sesso (il maschio invecchia prima della femmina);
– Fattori educativi e culturali (incidono sulle strategie di cooping, in altre parole sulle “possibilità” di vita alla pensione);
– Fattori economici;
– Comparsa di malattie invalidanti e stili attributivi negativi sulla causa della malattia;
– Eventi drammatici (es. la scomparsa del coniuge, o di altre figure di riferimento);
– Sradicamento dal proprio luogo di origine.
Per quanto l’elencazione sopra riportata sia parziale, appare tuttavia evidente il ruolo fondamentale dei fattori sociali. 
Nell’anziano la capacità percettiva si riduce. La percezione è legata essenzialmente a due fattori, ovvero l’integrazione delle informazioni sensoriali a livello centrale e l’assimilazione legata ai sensi per opera del sistema nervoso periferico.
In particolare, la funzione visiva e uditiva nel corso degli anni risultano compromesse.
Il cervello però cercare di compensare questi impedimenti funzionali attraverso le conoscenze e le esperienze apprese nella vita.

Come rilevano Markham e Aveyard nel loro articolo del 2003, le condizioni di buon funzionamento sono il risultato di componenti affettive e cognitive ma anche sono influenzate dal suo grado di adattamento all’ambiente.
Di fatto, l’ambiente esterno, e soprattutto il gruppo famigliare, può migliorare l’attività percettiva dell’anziano, dando spazio di espressione alle sue potenzialità e stimolando quei suoi sensi rimasti ancora integri.
Con l’invecchiamento altre funzioni più importanti, come la memoria e la capacità di elaborare informazioni, possono essere compromesse, causando un’involuzione che a sua volta può determinare una perdita dell’autonomia e un deterioramento della qualità di vita.
Pensiero e linguaggio possono essere conservati ma per mantenere l’interazione con l’ambiente l’anziano deve essere in grado di comunicare. Perché ciò avvenga, non si può prescindere dall’aspetto relazionale e affettivo e dal riconoscimento del suo valore all’interno del nucleo sociale in cui vive. La dimensione affettiva gioca quindi un ruolo essenziale nell’agire quotidiano della persona e ancor di più dell’anziano e del suo essere al mondo. Una delle espressioni di frequente disagio collegata ai processi d’invecchiamento è la depressione, sofferenza psicologica che si caratterizza spesso per un vissuto di rinuncia alla vita, legata sia alle attese ridotte di vita e ai messaggi d’inutilità inviati dall’ambiente. Si comprende pertanto l’importanza del legame con i propri cari, quale elemento fondamentale che afferma e sostiene la volontà di vivere dell’anziano.

Un fattore d’influenza rilevante nell’invecchiamento è rappresentato dall’ allenamento delle funzioni celebrali. Per invecchiare in modo desiderabile è necessario che l’anziano mantenga attiva l’espressione di sé stesso, attraverso modalità di esecuzione molteplici e possibilmente creative. La creatività è una funzione importante del processo evolutivo del bambino e va tenuta in debita considerazione lungo l’intero arco dell’esistenza. Durante la vecchiaia, è essenziale che l’anziano riconosca e sveli le proprie potenzialità creative nelle diverse condizioni di aggregazione (famiglia, gruppo di anziani e associazioni, ad esempio).
A questo proprosito risultano stimolanti le attività dell’università della terza età, dove l’anziano può trovare nel gruppo una risorsa che valorizza le sue capacità e i suoi interessi culturali. Un’altra risorsa per l’anziano è rappresentata dalla relazione nonno e nipote. Le potenzialità creative si esprimono nella peculiarità del racconto del suo interlocutore. Il nonno racconta eventi del passato e li modifica per facilitarne la comprensione, talvolta con un pizzico di fantasia per aumentarne la piacevolezza. Il racconto diventa strumento espressivo dell’anziano e veicolo di trasmissione della storia. E’ sicuramente un elemento utile sia all’anziano sia al giovane.

3. L’invecchiamento cognitivo tra crisi e processo 

Il concetto di cognitive resilience
Il mantenimento delle funzioni cognitive esprime di conseguenza un aspetto fondamentale della qualità di vita e soprattutto della qualità della vecchiaia e, accanto ad altre capacità, può contribuire a rendere l’invecchiamento un processo desiderabile.
L’anziano dovrebbe essere sempre posto nelle condizioni di sviluppare una vecchiaia potenziamente ottimale, tramite fatti e azioni concreti. Per questa ragione il rapporto pubblicato dalla National Academy of Sciences americana indica come compito imprescindibile delle strutture socio-sanitarie quello di mettere in atto provvedimenti che siano volti a sostenere la cognitive resilience dell’individuo, in altre parole le sue capacità di far fronte alle condizioni di tensione e alle avversità dell’esistenza umana.
Per comprendere meglio cosa s’intende, bisogna richiamare un altro costrutto, ovvero quello di funzionamento cognitivo che sta alla base della nuova definizione di salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, attualmente contenuta nell’ ICF, sistema di classificazione dei disturbi mentali, per lungo tempo ancorato alla dimensione medica della disabilità piuttosto che alla promozione della condizione di benessere dell’individuo. Per buon funzionamento cognitivo, nell’ambito di questa trattazione, intendiamo la capacità dell’anziano di mettere in pratica un certo numero di azioni essenziali a far fronte a bisogni fondamentali dell’esistenza.

Questioni aperte

Nelle civilità industrializzate gli anziani rappresentano sempre più una fetta rilevante della popolazione. E’ perciò fondamentale che la longevità sia caratterizzata da anni di salute e da una qualità di vita sempre più positiva. La preoccupazione maggiore per l’anziano non è tanto la sua morte, che può consapevolmente e meno accettare, piuttosto la malattia, il senso d’inutilità e perfino di abbandono delle persone con cui ha sempre vissuto.
Le scoperte scientifiche allungano sempre più la durata della vita. Se è vero che oggi si muore più tardi, è altrettanto vero che i decessi sono causati da malattie diverse rispetto al passato. C’è un calo di quelle infettive e un aumento di tumori e patologie cardiovascolari, le prime sono passate dal 5 al 16% e le seconde più che raddoppiate.
L’ invecchiamento secondo una prospettiva di sviluppo ruota attorno a quattro nodi di criticità, interrelati tra loro:

  • Il problema metodologico
    La valutazione delle condizioni dell’anziano può subire delle variazioni significative se effettuata all’interno di strutture sanitarie oppure dentro le mura domestiche. Il rapporto pubblicato dalla National Academy of Sciences analizza quali sono gli atti che la comunità può mettere in atto per affrontare il problema della misurazione. Ovviamente, il primo problema è quello di individuare strumenti di misurazione del declino cognitivo naturale che vanno a esplorare la fisiologia di questo processo, ad esempio marcatori biologici del deterioramento neuronale e la valutazione post-mortem della struttura neuronale. Accanto a strumenti clinici, occorre definirenuovi strumenti in grado di individuare l’articolazione dei compiti quotidiani dell’individuo e capaci di catturare precocemente i cambiamenti del funzionamento cognitivo. Ancora, è da considerarsi necessario l’aggiornamento dei parametri del funzionamento cognitivo, tenendo conto dei vari fattori d’influenza sottostanti quali le malattie concomitanti, le competenze nel linguaggio, l’ etnia di provenienza, l’età particolarmente avanzata della persona e i traumi psicologici dell’infanzia e adolescenza. I cambiamenti cognitivi e i comportamenti di rischio dovrebbero potere essere analizzati in modo longitudinale permettendo cosi di tracciare delle possibili traiettorie dell’invecchiamento cognitivo.
  • Il fattore preventivo 
    La prevenzione nell’ambito dell’invecchiamento ha il compito di proteggere e mantenere le risorse psicofisiche e, in ultima istanza, di ridurre le necessità di ricorrere a un trattamento medico e alla riabilitazione. E’ necessario tracciare nuovi profili esistenziali e prospettive migliori per l’anziano di domani, dando un senso di crescita all’invecchiare. Ad esempio, attraverso progetti che valorizzano l’esperienza dell’anziano nell’ inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, oppure inserendo la materia della geragogia nel curriculum scolastico con la modalità di confronto tra popolazione giovane e non.
  • Il fattore terapeutico
    L ‘anziano presenta spesso processi degenerativi di più organi, la cui terapia consiste nella somministrazione di più farmaci.
    Attualmente si è mostrata efficace l’associazione della terapia medica con la psicoterapia sistemica. In particolare l’ottica sistemica pone enfasi sulla storia personale e sui sottosistemi in cui il soggetto è cresciuto e vive tuttora, come ad esempio il sistema della coppia o del gruppo di amici. Compito del terapeuta è di comprendere il disagio, dando un senso al quel modo di soffrire e di essere “componente” di una rete relazionale. I problemi che portano gli anziani sono solitamente dovuti alla perdita del coniuge oppure all’arrivo di una malattia fisica e ai mutamenti della rete sociale. Molto spesso, per aiutare coloro che stanno vivendo questa fase di transizione, è importante individuare alternative e modi più adattivi per pensare alla situazione, consentendo in tal modo all’individuo di regolare meglio la propria emotività e i propri pensieri negativi.
  • L’intervento riabilitativo 
    Tutte le volte che un anziano viene ospedalizzato si mette a dura prova il suo fragile equilibrio. L’allontanamento dalle mura di casa gli fa perdere il senso e i confini della realtà, il ricovero appare come un evento drastico e tavolta drammatico fino a comportare la morte. Gli anziani che necessitano di un intervento riabilitativo, dopo la fase acuta di una malattia, possono venire seguiti attraverso i servizi di assistenza domiciliare e nei casi di grave compromissione psicofisica in strutture residenziali sanitarie assistenziali. Le strutture di riabilitazione dovrebbero avere un ruolo chiave nel ridurre i tempi di degenza nei reparti ospedalieri.
  1. ConclusioneLe soluzioni per il futuro degli anziani dovrebbero essere concordate e scelte in una chiave di sviluppo evidenziando, accanto ai fattori d’influenza, le capacità residue utili al fine di esprimere se stessi. E’ chiaro che il modo in cui la società risponderà ai processi d’invecchiamento riflette non soltanto il valore attribuito all’anziano, ma anche il valore attribuito all’etica della sua autonomia e dell’indipendenza.
    Pertanto diviene importante riflettere sull’identità della persona anziana, capace di influenzare l’ambiente e di stabilire relazioni efficaci con i familiari, i vicini di casa e i rappresentanti delle istituzioni. L’anziano, come gli individui di altre fasce d’età, deve essere capace di interagire con l’ambiente, nel senso di dare e ricevere aiuto, e questo rappresenta il fattore critico per una vecchiaia il più possibile desiderabile.

CODICE ETICO E LEGALE