giovedì, 28 Novembre 2024

Macron e Le Pen: due mondi, due linguaggi, due idee di democrazia

Riccardo Sorrentino [ il Sole 24 ORE ]

Due mondi, due linguaggi, due metodi. Due idee diverse di democrazia. Non potevano apparire più diversi, nel gran dibattito sul Tf1 e France2, Emmanuel Macron e Marine Le Pen. Non c’era, tra i due leader, la distanza tra chi ha già governato e chi invece prova a sostituirlo, ma qualcosa di più profondo, che segna anche l’immagine pubblica dei due avversari.

La populista…

Emmanuel Macron l’uomo d’élite, il tecnocrate. Marine Le Pen la populista. Il linguaggio dei due personaggi rivela che le etichette rivelano almeno una parte della realtà. La leader del Rassemblement nationale ha davvero sovrapposto l’uno sull’altro i cahiers de doléances dei francesi, i problemi che percepiscono, che li angustiano, soprattutto nelle campagne dove Le Pen è più forte. Ha lanciato qualche amo retorico persino verso sinistra, evocando più volta il marxiano “valore-lavoro”. Si è meno preoccupata non solo della coerenza delle diverse politiche tra loro, ma anche delle compatibilità con le risorse disponibili, con il quadro costituzionale. Con la realtà.

…e l’uomo delle élites

Il presidente uscente – considerato dai sondaggi vincente alle elezioni e anche, ai punti, al dibattito– ha avuto buon gioco a sottolineare quindi tutte le contraddizioni tra le proposte della rivale, e l’assenza di un’idea precisa delle risorse da utilizzare e delle fonti dove reperirle. Ha fatto un uso molto studiato del ragionamento, con il suo linguaggio a volte un po’ astratto che lo ha reso lontano dalle grandi masse, che lo accusano quindi di «bla, bla, bla». Più efficace è apparso le numerose volte in cui ha accusato Le Pen di non aver votato le misure che avrebbero potuto affrontare i problemi che la rivale lamentava.

Il potere d’acquisto

In un confronto dai toni civili, ma non privo di attacchi reciproci, sono stati affontati tutti i grandi temi della politica francese di oggi. Sette, tra i tanti hanno segnato il ritmo della serata, hanno fatto apparire le differenze tra i due candidati. Più l’ottavo, il più profondo: il modello di democrazia che propongono. Il dibattito è iniziato sul tema del potere d’acquisto, che Le Pen vuole affrontare tagliando l’Iva e le imposte, ma senza indicare quali «spese inutili» intende tagliare. I timori di coloro che pensano a un aumento del deficit francese, in caso di una sua vittoria, ne sono emersi con forza. Facile per Macron rispondere: il taglio dell’Iva – una imposta effettivamente regressiva – aiuta maggiormente i più ricchi, e molto meno i più poveri. A differenza dello scudo tariffario da lui introdotto che Le Pen ha vuole mantenere (anche se non lo ha votato).
Analogamente: Le Pen ha proposto di esonerare dai contributi supplementari le imprese che aumenteranno gli stipendi del 10%, e Macron ha subito provato a “smontare” il gioco retorico: è un incentivo, «lei non amministra i salari. Non vorrei che coloro che ci ascoltano pensino che, con lei, i salari aumenteranno del 10%».

«Lei dipende dal potere russo»

La guerra sull’Ucraina è stato il punto in cui Macron ha potuto incalzare Le Pen: tema molto attuale, mentre le accuse della leader della destra populista al presidente che ha diviso la Francia, l’ha mandata a protestare per le strade, per quanto vere, apparivano piuttosto datate. Le Pen «dipende dal potere russo e da Putin», ha detto il presidente citando il prestito da 9 milioni di euro, non ancora del tutto restituito, ottenuto nel 2015 da una banca russa: «Lei parla al suo banchiere, quando parla della Russia».
«Siamo un partito povero, e questo non è disonorevole», ha risposto Le Pen, che ha rivendicato il suo sostegno all’Ucraina dal 2014. Macron ha replicato indicando l’esempio di Eric Zemmour, avversario di Le Pen nella leadership della destra radicale, che non ha fatto ricorso a prestiti stranieri. «Lei è sempre stata ambigua su questo tema, perché non siete in una situazione ‘da potenza a potenza’, ma i vostri interessi sono legati a quelli della Russia».

Uscire dall’Europa senza dirlo

È sull’Europa che Macron è riuscito forse a mostrare meglio le contraddizioni di Marine Le Pen, che ha abbandonato i grandi proclami euroscettici e antieuro ed è passata alle proposte concrete per riformare l’Unione europea: il blocco della libera circolazione delle persone, la fine della prevalenza delle norme europee su quelle nazionali. «È un progetto che non dice il suo nome – ha detto Macron – ma che consiste nel far uscire la Francia dall’Unione europea». «Sono stata deputata europea e ho visto i tedeschi difendere gli interessi dei tedeschi, ma non ho mai visto i francesi difendere gli interessi dei francesi», ha detto Le Pen. «Forse non ci è andata troppo spesso», gli ha risposto Macron.
L’alternativa all’Europa, secondo Le Pen che accusa il presidente di voler sminuire la Francai, è l’Africa francofona: «La Francia non è un paese continentale e deve trovare quell’ambizione di grandeur con partner privilegiati, in particolare in Africa», ha detto.

Contro «l’ecologia punitiva»

Le Pen, del resto, ha presentato un progetto economico contrario al libero scambio, contro le importazioni, orientato al «localismo» e al «patriottismo economico», che poco si conciliano con la grandeur, almeno da due secoli e mezzo. Il richiamo al localismo è stata però la chiave, per Le Pen, per affrontare il tema a lei ostico dell’ecologia, danneggiata a suo dire dal libero scambio. La sua ricetta prevede molto nucleare (e idrogeno) e la distruzione degli impianti eolici che distruggono il paesaggio delle campagne (molto caro ai francesi). Macron le ha ricordato che il nucleare è lento e non può sostituire tutto, l’idrogeno non è una fonte di energia – richiede energia per essere prodotto – e che distruggere l’eolico significa distruggere aziende e posti di lavoro. Le Pen ha parlato di «ecologia punitiva», per contestare le scelte di Macron, e vuole rallentare la transizione, mentre il presidente vuole raddoppiarne la velocità.

«Imposte nascoste» nei progetti pensionistici

Sono state le pensioni, però, il primo tema a scaldare il dibattito. Le Pen vuole abbassare l’età pensionabile dagli attuali 62 fino a 60, almeno per i lavoratori che hanno iniziato prima a lavorare, ma senza tener conto dei lavori usuranti. Al contrario di Macron, che vuole portare l’età pensionabile a 65 anni. «Io non voglio aumentare le imposte, non voglio aumentare il debito, voglio anzi iniziare a rimborsarlo», ha detto il presidente accusando il progetto pensionistico di Le Pen di contenere «imposte nascoste» per finanziarlo.

La sicurezza e l’immigrazione

Il vero grande tema è però quello della sicurezza. Le Pen alza il dito sull’«immigrazione anarchica» e vuole ridurre il ricorso al carcere domiciliare, costruendo nuove prigioni; mentre Macron ritiene un errore mettere i piccoli delinquenti a contatto con i grandi. Il presidente ha evocato come importante il tema dei femminicidi, contestato da Le Pen, e ha annunciato la costituzione rapida di 200 brigate di gendarmeria per la ruralità, oltre alla lotta al cybercrimine: «Non si fa sicurezza con le parole, con i pugni chiusi, con gli atteggiamenti: abbiamo creato 10mila posti di gendarmi, abbiamo aumentato il budget della giustizia del 30%».

Il velo e l’islamismo

Dalla sicurezza all’Islam il passaggio è breve (ed è contestato da Macron): Le Pen dichiara di essere contro – ma lo è anche Macron – l’«ideologia islamista che attacca i fondamenti della nostra Repubblica». Non è quindi contro la religione, ma intanto vuole vietare il velo in tutti i luoghi pubblici in quanto «uniforme imposta dagli islamisti» – e non, per esempio, segno di sottomissione femminile – mentre Macron ritiene che sia un simbolo religioso, da vietare nelle scuole, ma non per le strade. «Si creerebbe la guerra civile», ha detto il presidente. «È grave quello che dice», ha risposto Le Pen, riferendosi all’idea che chiedere di rispettare una legge possa portare a disordini. Per Macron è comunque «inquitante» quello che chiama il «cammino» di Le Pen dal velo, all’islamismo all’immigrazione: «Lei confonde tutto».

Democrazia rappresentativa e democrazia plebiscitaria

È sulla democrazia però la distanza più grande. Macron difende il repubblicanesimo universalistico francese, l’idea della repubblica democratica, laica, liberale, rappresentativa. Le Pen ha un’idea diversa: la democrazia plebiscitaria (quella di Orban, di Putin, di Erdogan). Vuole introdurre il referendum d’iniziativa cittadina, obiettivo dei Gilets Jaunes, con i quali vuole scardinare persino la Costituzione (che prevede però un meccanismo di revisione non lontano da quello italiano. «L’Assemblée national e il Sénat non sono rappresentativi del popolo», ha detto Le Pen, che poco prima aveva affermato di voler rafforzare l’Assemblea con una legge elettorale proporzionale. «La sua è una formula che sradica l’Assemblea nazionale», ha attaccato Macron.

Un referendum

«Questa elezione è un referendum pro o contro l’Europa, e sul legame tra Francia e Germania; è un referendum pro o contro l’ambizione ecologica; un referendum pro o contro la laicità e la fraternità nella Repubblica; e dunque un refendum pro o contro ciò che siamo profondamente, da dove veniamo e quello che dobbiamo fare», ha concluso Macron, secondo il quale al cuore del quinquennato ci sarà la protezione dei bambini.

Tranquillità e buon senso

«Voglio rivolgermi al popolo, al popolo francese che malgrado la fatica e la stanchezza di cinque anni di confronto permanente, di degrado, di privazione, compresa quella delle libertà individuali e collettive aspira, credo alla tranquillità, al ritorno del buon senso nella gestione degli affari dello Stato».

Riccardo Sorrentino
[ il Sole 24 ORE ]