Avrebbe potuto dire, come ha fatto in altre occasioni, che era troppo presto per parlare di Quirinale e che così non si rispettava il presidente Mattarella. Invece Mario Draghi ieri durante la consueta conferenza stampa di fine anno ha aperto alla possibilità di ascendere al Colle.
Ma ha anche dettato una condizione ben precisa. Ovvero che la sua maggioranza non si sfaldi. E che il governo vada avanti anche senza di lui. Il senso dell’affermazione del premier è chiarissimo: non vuole arrivare alla presidenza della Repubblica per sciogliere le Camere e portare il paese al voto. Ma vuole che l’esperienza dell’esecutivo continui. Possibilmente con la stessa «ampia» maggioranza che lo ha sostenuto finora. Riuscirà?
La strategia di nonno Mario
I retroscena dei giornali oggi fanno notare che quello di “nonno Mario” è stato prima di tutto un segnale ai partiti che sostengono il suo governo. A cui adesso lascia la scelta tra due opzioni. Ovvero votarlo per la presidenza della Repubblica, ma tenendo conto che in questo caso la sua prima mossa sarà varare un “governo Draghi bis” senza di lui a Palazzo Chigi ma nel segno della continuità. Oppure spaccarsi nella ricerca di un successore che non sia lui, mettendo in pericolo l’esperienza attuale. Ora la palla passa nel campo dei partiti. Tra i quali c’è chi aveva sicuramente altri progetti: Matteo Salvini accarezza da tempo l’idea di un presidente della Repubblica di centrodestra. E sa bene che il nome di Draghi spariglia. Per questo ieri gli ha consigliato di restare a Palazzo Chigi.
Minacciando anche in maniera molto velata che in caso contrario «del doman non v’è certezza». Il segnale del leader del Carroccio è chiaro. Se Draghi va al Quirinale mentre il centrodestra voleva un altro nome allora Forza Italia e Lega potrebbero lasciare la maggioranza e unirsi a Fratelli d’Italia nell’opposizione al governissimo bis prossimo venturo. Puntando alle urne in ogni caso. C’è anche però un altro scenario con cui fare i conti. Quello che vedrebbe Forza Italia rimanere al governo fino alla fine della legislatura, fornendo così l’appoggio anche al “nuovo” esecutivo con Draghi al Colle. Ma su tutto questo pesa un’incognita: riuscirà Silvio Berlusconi a ingoiare il rospo dell’addio al Colle (sognato) e, contemporaneamente, a mantenere i nervi abbastanza saldi per restare in maggioranza?
Chi prenderà il posto di Draghi
In attesa di capire come la prenderebbe il Cavaliere, sui giornali è già scattato il totonomi su chi prenderà il posto di Draghi a Palazzo Chigi. La Stampa scrive oggi che in queste ore tra Palazzo Chigi e il Ministero dell’Economia si fanno ragionamenti per esclusione. E uno dei primi a chiamarsi fuori, a sorpresa, è proprio quel Daniele Franco che in molti vedevano come il naturale successore del premier. Per l’antica amicizia che li lega e per la competenza indiscussa in economia. Invece Franco «non si sente tagliato» per Palazzo Chigi. Ovvero ritiene che la sfida sarebbe troppo onerosa per lui. Che in effetti non ha il carisma di Draghi né la sua fama. E sarebbe uno sconosciuto per gli italiani. Per questo il ministro rischia di rimanere a via XX Settembre, dove però sarà il custode del Pnrr. E questo ruolo gli piace e gli si addice.
Scartato Franco, tutti gli occhi sono puntati su Marta Cartabia. Che non a caso da ex presidente della Corte Costituzionale e grazie all’ottimo rapporto con Mattarella è un nome spendibile anche per il Quirinale. Sarebbe la prima donna in uno dei due ruoli. E ciò costituirebbe un bel segnale per il paese. Altrimenti c’è Vittorio Colao. Il quotidiano spiega che il ministro dell’Innovazione, che un mese fa era stato lanciato come ipotesi da fonti molto vicine al premier, sconterebbe però una non ottima sintonia con i colleghi. L’ultimo nome è invece tecnico. Nel senso che Renato Brunetta, essendo il ministro più anziano del governo, diventerebbe presidente del consiglio ad interim se Draghi fosse eletto al Quirinale.
Una vera maggioranza Ursula
Questo ovviamente soltanto per il periodo necessario a SuperMario per varare il nuovo governo. Ma per qualcuno il nome di Brunetta potrebbe essere buono anche per la successione. Se non altro perché un presidente del Consiglio di Forza Italia potrebbe costituire uno scambio appetibile per lasciare il partito di Berlusconi in maggioranza anche in caso di addio della Lega. In questo caso, è il ragionamento, il nuovo governo bis sarebbe sostenuto da una vera maggioranza Ursula, ovvero dallo stesso patto politico che ha eletto la presidente della Commissione Europea. Senza i populisti in appoggio. Ma con un esecutivo più debole sia nei numeri che nella piazza.
Alessandro D’Amato
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