venerdì, 22 Novembre 2024

POLITICA ITALIANA. INCOERENZA CONTRADDIZIONI E L’ESEMPIO DEL PROPRIO AGIRE

GIUSEPPE PROCACCINI (prefetto della Repubblica)

Leggere la situazione italiana, secondo una linea coerente dall’unità d’Italia ad oggi è un’impresa difficile, forse avventata. Sicuramente diverso è il periodo dall’unità d’Italia alla prima guerra mondiale rispetto al dopo, ma soprattutto al dopo secondo conflitto.

E anche se alcuni fatti sono ricorrenti nella vita italiana prescindendo dai diversi contesti politico-sociali (così è per l’emigrazione, specie dal Sud, che è sempre stata costante, raggiungendo, in 100 anni dal 1876, ben 25 milioni di emigrati italiani; così è per la mortalità dei Governi, dei quali dal 1861 al 1922 se ne annoverano 60, e cioè 1 per anno; così è per la carenza di leaderschip, dalla quale emerge il fenomeno tipicamente italiano del Trasformismo, ritenuto da Sartori la “bestia nera dell’Italia”), molto diversificate appaiono le vicende successive ai due conflitti, influenzate via via nel tempo, da cambiamenti significativi, come l’allargamento del diritto di voto (dal 8,3 del 1909 al 23,2 del 1913, fino al suffragio universale del 1919, che escludeva tuttavia ancora le donne, incluse solo nel 1945 e nell’anno successivo quanto all’elettorato passivo), il passaggio al sistema Repubblicano, l’affermarsi di centri di riferimento nuovi  come l’Europa e le Regioni, il generale miglioramento dei livelli di istruzione e dei redditi, l’entrata in vigore della Costituzione.

Può sostenersi in verità che nel panorama italico sia anche costantemente presente la “casualità” nell’azione politica interna, spesso priva di programmazione di lungo respiro e frutto del compromesso per l’eccessiva frantumazione del quadro parlamentare e governativo;  è poi rimastoindefinibile il potenziale che il bel Paese ha permanentemente avuto e giocato nella scacchiera europea, dove è prevalsa talvolta l’aspirazione un po’ pretenziosa ad un nostro ruolo guida, ma talaltra un oppostodiritto di contestazione, spesso controproducente, dell’azione comune;  altra fastidiosa caratteristica ricorrente è il rifiuto, talora volgare,della tradizione e dell’identità nazionale, cui si associa un’incapacità adun reale cambiamento evolutivo anche attraverso un intelligente, graduale e non offensivo ricambio generazionale;  ulteriormente aggravato di recente, ma mai assente in passato, resta poi il nodo delle scelte, perché, piaccia o no, esse non sono mai del tutto libere, impaurite e forzateda un’invasiva e superficiale interferenza inquirente, giornalistica e di lobby e dalla ricerca del consenso ad ogni costo.

Le novità dell’ultimo periodo fanno prevedere un aggravamento dell’inadeguatezza di guida per l’affacciarsi di fenomenologie come: la personalizzazione del gioco politico;l’ulteriore caduta del livello dei proposti dal sistema dei partiti, spesso sforniti di bagaglio culturale, professionale, o ideologico, o senza alcun precedente incarico di successo;  lo strapotere mediatico degli strumenti di diffusione informatica, privi di affidabilità e di responsabilità per le notizie propalate, ma costruiti sulla creduloneria e su un crisma di infallibilità e di onnipotenza.

Individuerei proprio nell’incoerenza e nella contraddizione la caratteristica negativa della politica italiana, soprattutto degli ultimi anni. E non c’è verso di spingere il “potere pubblico” ad una lettura meno polemica e sterile e ad una più pacata e costruttiva azione di prospettiva lunga. La contrapposizione fa da tempoleva, come anticipavo, su una polemica personalistica e castrante, sul rifiuto del sistema democratico per l’indisponibilità ad accettare qualsiasi risultato del voto, e sul crescente impoverimento della qualità degli uomini rappresentativi, dovuto alla mancanza di un vero riconoscimento dell’eletto, aggravata dall’assenza di proposte programmaticheconcrete e verificate.Da ciò discendela rapidità delle eclissi individuali e la crescente crisi di fiducia nella classe dirigente.

Non marginale la riflessione sugli apparati pubblici: anche nei momenti di maggiore crisi o negli anni bui della contrapposizione tra i blocchi e della violenza del terrorismo, i Governi italiani, pur con percorsi brevi e con paralisi di fiducia ripetute, hanno sempre fatto affidamento e salvaguardato l’azione dell’Amministrazione e la vitalità dei percorsi normativi e giudiziari. Al punto che grandi riforme sono state realizzate in periodi di debolezza della politica e degli scenari internazionali (si pensi alle Autorità indipendenti, alla normativa sulla trasparenza, al T.U. sugli Enti Locali, al riordino della Presidenza del Consiglio, tutto definito nella seconda metà degli anni 80) . Oggi purtroppo questo rispetto istituzionale e questa attività riformatrice sono venuti meno e assistiamo alla perdita di credibilità dei tre poteri individuati nell’Illuminismo, legislativo, esecutivo e giudiziario. Mi ha molto rattristato l’aver ascoltato da più di un protagonista che riveste cariche pubbliche che oggi prevale la volontà di nascondersi, di pararsi, quando non si voglia omologarsi alle grancasse collettive, da parte di parlamentari, di vertici istituzionali, di magistrati. Posizioni correttamente ricoperte, che prima rappresentavano un traguardo nella vita pubblica dei quadri dirigenti di una Nazione evoluta, diventano oggi fattori di per sé negativi provocando reazioni di pudore, se non di vergogna immotivate. E non basta a spiegarlo la frequenza di fenomeni di malcostume, perché la colonna vertebrale del Paese resta sana e non può subire un linciaggio mediatico preconcetto di tali proporzioni senza avviarsi all’inerzia e alla demotivazione; con l’effetto paradossale di scoraggiare l’assunzione di responsabilità proprio degli onesti e capaci a vantaggio di incapaci e disonesti.

Eppure, il caso italiano ha rappresentato, affascinando i commentatori esteri fino a qualche anno fa, una singolare esperienza positiva sia nell’azione e nei risultati politici ed economici, sia nel campo imprenditoriale e sia in quello della ricerca. I profeti di sventura non hanno mai festeggiato l’esito delle nere previsioni che formulavano per l’Italia.

C’è sempre stato il colpo di coda inatteso e un rigurgito di forza interiore, che però sembra via via sbiadirsi. Il tema fondamentale parte e si incentra sulle riforme. Ma anche sull’etica dell’agire pubblico e sul rispetto dei diritti fondamentali.

Chi è nato dopo la seconda guerra mondiale, ignora fortunatamente i disastri del sangue e della sconfitta, ma si avvale di due fattori storici positivi: la stagione entusiastica della ricostruzione del Paese in un nuovo mondo in cui prevaleva l’appartenenza alle democrazie occidentali, ed inoltre il patrimonio inestimabile della Carta Costituzionale, raro esempio di abbattimento degli steccati fra forze politiche avversarie a vantaggio dei cittadini italiani. Le scelte operate dall’Assemblea Costituente segnano ancora oggi la lungimiranza democratica di una Italia che si riaffermava sul piano internazionale come la Patria del Diritto e delle regole.

Dopo poco, mentre la società civile e il mondo economico ed industriale, ma la stessa burocrazia, riuscivano a smarcarsi dalla conflittualità tra i partiti,ripresentatasi soprattutto su base ideologica e sindacale, e avviavano una grande stagione di crescita anche di grandi infrastrutture, si riproponevano sempre più le antiche problematiche nazionali: – la parziale o mancataattuazione di norme costituzionali, soprattutto quelle su Governo, libertà di impresa, regolazioni sindacali, Regioni e autonomie, tutela e limiti ai diritti individuali; – le difficoltà di rivedere alcune norme della Costituzione non relative ai principi fondamentali; – il drammatico riproporsi del divario Nord-Sud;  il declino di formazione e ricerca;  le lungaggini nel completamento di opere pubbliche;  la crisi del lavoro, soprattutto giovanile;  le ripetute difficoltà finanziarie e inflattive;  le fenomenologie criminali organizzate.

In realtà, l’attenzione al cambiamento non era mancata.

Dopo l’unificazione, l’Italia intraprese un incredibile percorso di unificazione: dalla diversità tra gli Stati preesistenti si lavorò alla unitarietà linguistica, politico-militare, ordinamentale e normativa, dell’Istruzione e socio-culturale. Fu allora che lo Stato anche con rigore seppe produrre lo sforzo maggiore. Ma anche nel prosieguo non mancò la consapevolezza del cambiamento e si susseguirono negli anni, soprattutto del secondo dopo-guerra, una serie di lungimiranti iniziative di commissioni, sia parlamentari che governative:

  • Così con l’OdGPerassi del settembre 1946, si scelse la soluzione del Governo parlamentare, evitando una soluzione assemblearista (secondo alcuni elusa nei fatti);
  • Così con la scelta unitaria e di garanzia per la Pubblica Amministrazione (commissione Forti);
  • Così con la proposta dell’avvio del decentramento della commissione Medici(1963)
  • Così con l’attuazione delle Regioni e la delega attuata nel 1975;
  • Così con lo svecchiamento dell’Amministrazione, suggerito nel Rapporto Giannini del 1979, trasmesso alle Camere e intelligentemente seguito da un OdG e da una Adunanza Generale del Consiglio di Stato;
  • Così con le proposte sulla fattibilità delle leggi della commissione BarettoniArleri (si rifletta sul fatto che, nonostante le ripetute azioni di riduzione normativa, l’Italia ha sempre posseduto il poco invidiabile primato, valutato nelle stime della Funzione Pubblica e dal Parlamento, da un massimo di 150000 leggi vigenti a un minimo di circa 50000. Questo numero minimo è comunque il triplo delle leggi delle altre Democrazie Occidentali);
  • Così sull’aggiornamento Istituzionale che la commissione parlamentare Bozzi nel 1985 consegnò con proposte sulla razionalizzazione del bicameralismo e sul contrasto al cancellierato;
  • Così con le commissioni Nigro e Piga sulla trasparenza, sul miglioramento dei Ministeri e sul riordino dei controlli nei primi anni 80.

Queste capacità e queste intuizioni non hanno avuto sempre successo. Ma spesso sì e con straordinari effetti. E quando non l’hanno avuto o lo hanno ottenuto parzialmente ebbene il fermento prodotto è stato di per sé positivo ed efficace e migliorativo di un sistema che si guarda allo specchio per correggersi.

C’è da sperare che si riapra una stagione di recupero della capacità e della volontà di evolversi, assieme a una ritrovata spinta a legare le funzioni e le azioni pubbliche al soddisfacimento dei bisogni e delle attese dei cittadini. La marginalizzazione della cultura e delle classi giovani non può più essere tollerata, pena la marginalizzazione della società stessa. Ma occorre anche restituire le soddisfazioni e i meriti a chi partecipa in qualunque modo ma con consapevolezza ed orgoglio alla realizzazione degli obiettivi sociali.

Sogno una Italia nella quale il valore della giustizia sia riconosciuto alle Aule e alle sentenze, piuttosto che alle indiscrezioni delle Procure valutate da giornalisti e politicanti; desidero un Paese nel quale sia ripristinato il rispetto per il ruolo di ciascuno e per la qualità dei risultati; mi auguro che quanti operano nel mondo pubblico riacquistino l’orgoglio della funzione per gli altri, allontanando ed emarginando furbi e praticoni, mentre spero che chi opera nel settore privato si senta comunque parte di una idea di comunità nazionale e ne sia felice; mi auguro una società che rifondi anche moralmente l’insostituibile capacità innovativa dei giovani e delle nostre aree meridionali; spero che sia perseguita la posizione di chi offende le leggi e gli altri, esponendo i più deboli all’idea perversa che essere disonesti non sia una anomalia e possa essere utile; mi aspetto che si ripristini il gusto dell’innovazione e del rischio nell’imprenditoria italiana;mi arrischio infine ad invitare ciascuno ad assumersi la propria porzione di responsabilità attraverso l’esempio del proprio agire, sia quello di uomo pubblico riformatore, sia quello di cittadino qualsiasi.

*per riproduzione, anche parziale, citare fonte COME CAMBIA IL MONDO . IT


Giuseppe Procaccini (Prefetto della Repubblica e già Capo di Gabinetto del Ministero dell’Interno)

Nasce nel 1949 a Napoli dove si laurea nel 1970 in giurisprudenza presso l’ Università Federico II con lode e si specializza in diritto e procedura penale.

Abilitato alla professione forense, vincitore di diversi concorsi, entra a 23 anni al Ministero dell’ Interno quale funzionario di polizia prima e di prefettura poi.

Dopo alcune sedi sul territorio ( Genova, Belluno, Rieti ), è a Roma dall’ inizio degli anni 80 che si sviluppa il suo percorso nelle diverse e poliedriche responsabilità pubbliche:

  • Al Viminale fino al 1983 all’ Amministrazione Civile e al Gabinetto del Ministro;
  • alla Presidenza del Consiglio quale vice capo di Gabinetto del vice Presidente del Consiglio, capo della Segreteria Speciale, capo della Segreteria del Sottosegretario alla Presidenza, vice capo del Dipartimento Rapporti col Parlamento e capo Servizio Commissioni Parlamentari.
  • al Ministero del Tesoro dall’ 89 al 92, segue con il Ministro ed il Sottosegretario delegato gli affari europei con presenza continua ai Consigli di Bilancio ed agli ECOFIN soprattutto durante il semestre di Presidenza Italiana della Comunità Europea del 1990.
  • completa la sua esperienza al Tesoro e alla Presidenza del Consiglio con le discussioni sul pacchetto Délors e partecipa alla firma del Trattato di Maastricht.
  • preferisce rientrare poi al Viminale dove collabora col Gabinetto del Ministro ed è capo delle segreterie dei Sottosegretari delegati agli Enti Locali e alla Pubblica Sicurezza.
  • nominato Prefetto nel 1995, è Direttore della Scuola Superiore del Ministero e, successivamente, Prefetto di Latina, dove rimane per oltre 4 anni.
  • rientrato nel 2000 al Ministero dell’ Interno assolve ai delicati incarichi di Capo della Segreteria del Dipartimento della Pubblica Sicurezza e di vice Capo della Polizia per il Coordinamento e la Pianificazione delle Forze di polizia.
  • dopo essere stato nominato al vertice del Dipartimento del Personale e delle Risorse, riceve nel 2008 l’ incarico di Capo di Gabinetto del Ministero dell’ Interno, incarico che conserverà con tre diversi Ministri, fino al suo distacco dall’ Amministrazione e dalla carriera nel 2013.

Ha sempre disimpegnato incarichi di insegnamento in Università e Scuole di Amministrazione; ha fatto parte di Commissioni di alto livello, quali quella presidenziale per la riforma della Pubblica Amministrazione;  quella per la revisione dei Controlli;  nonché la commissione mista sul riordino degli Enti Locali; presiedendo, da ultima, la Commissione Stato, Sindacati di polizia e Cocer per il “riordino normativo”.

Ha fatto parte del Comitato di redazione della rivista “Studi Sociali” e collaborato con altre, pubblicando articoli e interventi. Quale Autorità di Gestione del PON-Sicurezza ha guidato fino al 2007 una poderosa serie di interventi nel Mezzogiorno con Regioni ed Enti locali dell’ ob. 1, Forze dell’ Ordine e Magistratura.

Ha organizzato e diretto alti incontri istituzionali, poi entrati nella tradizione, quali la prima e la seconda Conferenza Nazionale dei Prefetti, alla presenza del Presidente della Repubblica e dei vertici Governativi e Parlamentari, nonché l’ incontro dei prefetti italiani con il Pontefice Benedetto XVI.

Ha ricevuto encomi per l’ azione nelle zone terremotate della Campania nel 1980, onorificenze della Croce Rossa internazionale per l’ azione umanitaria verso i profughi della guerra in Bosnia,  nonché diversi premi, tra i quali:   “Simpatia” al Campidoglio nel 1997;  “Gladiatore d’ oro” nel 2011 a Benevento;   “Wanda Capobianco” dell’ AMMIper l’ azione per gli orfani dei Sanitari negli anni 1985/86;  “borsa di studio nei servizi sociali”  dal Consiglio d’ Europa nel 1981 per verifiche e analisi nella Svizzera di lingua francese.

Ha ricevuto con deliberazioni all’ unanimità e pubbliche cerimonie ben 6 cittadinanze onorarie di Comuni italiani. E’ insignito delle onorificenze OMRI nel corso degli anni, fino a quella di Cavaliere di Gran Croce a firma del Presidente della Repubblica Napolitano nel dicembre 2010.

Dopo il distacco dall’ Amministrazione, ha svolto l’ incarico di Direttore del Centro Studi Americano, del quale è oggi Consigliere di amministrazione e componente del Comitato esecutivo.

E’ componente del Comitato d’ onore dell’ Accademia di Belle Arti di Roma;  componente del Comitato scientifico della Fondazione Foedus;  socio benemerito-fondatore della fondazione Sorella Natura, della quale è presidente dei Probi Viri;  co-fondatore di una Associazione di sostegno al Reparto di Oncologia pediatrica del Policlinico Umberto I di Roma;  socio onorario dal 2004 dell’ ANVU, che raccoglie professionalmente la polizia municipale italiana.

La sua vita è stata segnata dalla scomparsa dell’ amato figlio Fabrizio nel 2008.