domenica, 24 Novembre 2024

PUTIN. GLI SCENARI ANALIZZATI CON LARIONOV, ESPERTO DEL CENTRO POLITICHE DI MOSCA

DANILO DELLA VALLE (l’ANTIDIPLOMATICO)

Putin ha vinto, come previsto, le elezioni Presidenziali della Federazione Russa. Il Presidente uscente si accinge a riconfermare per l’ultima volta la sua carica con il 76% dei consensi. Le cifre bulgare conquistate da Putin, candidatosi come indipendente e non come membro di Russia Unita, erano ampiamente preventivabili per vari motivi: per la situazione creatasi a livello internazionale ed interna che sembrava spingesse più per una sorta di referendum pro/contro Putin che verso una vera e propria competizione elettorale; per il ruolo che gli riconosce il popolo russo, a torto o a ragione, di aver stabilizzato e risollevato le sorti del Paese dopo gli anni di Eltsin e delle teorie dello shock economico messe in atto dal governo post sovietico sotto le indicazioni di consulenti statunitensi fedeli al Fondo Monetario Internazionale, alla Banca Mondiale ed al Dipartimento del Tesoro.

Ed è proprio questo ultimo punto, insieme ad una astensione comunque non di poca importanza, che porta il Presidente uscente a mantenere un grande vantaggio sui competitors, nonostante la Russia non viva un grande periodo dal punto di vista della politica interna, con una crisi economica che amplia sempre più il divario tra ricchi e poveri e tra regioni più o meno sviluppate con un sistema pensionistico sempre meno efficace e con una moneta, il rublo, ancora troppo debole. Neanche a dirlo, è di sviluppo delle aree più remote del Paese, di lotta alle disuguaglianze, di educazione e di “nuove tecnologie” che parla il programma del “nuovo ed ultimo Putin” lontano in apparenza dai giochi di potere di Russia Unita.

Ed è proprio in Russia Unita che si scatenerà la lotta per la “successione”. Chiunque sarà il successore all’interno di Russia Unita dovrà fare i conti con i confronti impietosi con Putin, che nel bene o nel male lascerà una impronta forte nella storia del partito e della politica russa, come leader, come immagine e come operato. Non sarà facile sicuramente, e ciò potrebbe creare nuovi equilibri all’interno della politica della Federazione Russa, ma questo sarà un problema dei prossimi anni e non certo di oggi. Se vogliamo trovare un neo alla vittoria delle elezioni di ieri è sicuramente quello dell’affluenza.

L’entourage del Presidente sperava di superare la soglia del 70% ma invece si sono recati alle urne “solo” il 67% degli aventi diritto. Mentre il “vanto” è da ricercarsi nel 92% conquistato in Crimea, tornata ad esser russa solo nel 2014 e nel 91% conquistato in Cecenia e Daghestan, territori apparentemente pacificati ma dove aleggia sempre lo spettro del “fondamentalismo” (in Daghestan più che in Cecenia). A tal proposito abbiamo contattato in esclusiva per l’Antidiplomatico Roman Larionov, esperto del Centro per le Tecnologie Politiche di Mosca, che ha dichiarato:  “Sinteticamente possiamo affermare che il clima da referendum pro/contro il Presidente ha facilitato la vittoria schiacciante di Putin. Personalmente credo che siano stati anche altri i fattori decisivi, come ad esempio il crescente patriottismo dovuto alla situazione della Crimea, alle operazioni in Siria ed al nuovo confronto con gli Usa.

Inoltre credo che i competitors abbiano totalmente sbagliato la campagna elettorale, pagandone le conseguenze alle elezioni”. Riguardo le previsioni sul futuro politico della Russia, Larionov commenta così: “E’ difficile prevedere il prossimo futuro per la Russia. Credo che due tappe fondamentali e di transito saranno le elezioni parlamentari alla Duma nel 2021 e le prossime Presidenziali nel 2024, quando Putin non si potrà più candidare. Putin cercherà di preparare un successore ma io credo che non abbandonerà del tutto la politica come Eltsin nel 2000, cedo che sarà un leader nell’ombra, senza cariche”.

I rivali

Se Putin non ha disatteso i pronostici, lo stesso non si può dire per tutti i suoi competitors. Alle spalle del Presidente si è confermato, come da sondaggi, il chiacchierato imprenditore agricolo Pavel Grudinin, candidato espresso dai Comunisti del Kprf , supportati dal Fronte della sinistra di Udaltsov e da una parte di nazionalisti sotto il nome di “Forze Nazional Patriottiche di Russia”, che ha conquistato l’11.85%. L’imprenditore, ideatore della esperienza della fattoria collettiva “State Farm Lenin”, è stato al centro di vari chiacchiericci per la sua condizione economica super agiata e per il presunto legame, smentito più volte, con l’oligarca Roman Abramovich.

Tuttavia Grudinin è balzato agli onori della cronaca anche e soprattutto per il suo lavoro nella fattoria costruita sul modello “socialista”, dove i lavoratori guadagnano il triplo del salario medio della Federazione Russa e dove le moderne infrastrutture abitative, scolastiche e sanitarie costruite con parte dei profitti vengono messe a disposizione dei lavoratori gratuitamente. Insomma, una “piccola comune sovietica” che Grudinin in campagna elettorale ha promesso di poter esportare in tutta la Russia. I risultati sono stati in linea con i sondaggi, probabilmente ci si poteva aspettare qualcosa in più se non ci fosse stata la condizione di una “sorta di referendum” pro o contro Putin.

Le percentuali finali intanto confermano come il cuore del comunismo russo sia ancora la Siberia, sviluppatasi significativamente in epoca sovietica, dove il candidato del Kprf ha raggiunto percentuali che arrivano fino al 28%, ben oltre la media nazionale. Intanto ora si aprirà una nuova riflessione interna nel Partito, in vista della non candidabilità ulteriore di Putin.

Secondo  Larionov “il Kprf ha bisogno di modificare il suo approccio per diventare un forte e stabile partito di opposizione e puntare alle prossime elezioni. Credo che non possa essere ancorato solo all’idea dell’eroe Stalin. C’è bisogno inoltre di una nuova leadership- giovane, energetica e con nuove idee. Penso che la variante Pavel Grudinin sia stata buona, ma la sua campagna elettorale ha dimostrato che non è ancora pronto per esser un vero leader politico. È un buon imprenditore che non è pronto per la battaglia politica. A mio avviso potrebbero risultare ottimi candidati il governatore della Regione di Orlov, Andrey Klychkov, il governatore della Regione di Irkutsk Sergei Levchenko, oppure il giovane deputato alla Duma Denis Parfenov“.

Per quanto riguarda invece terza posizione la occupa l’eclettico Vladimir Zhirinovskji, il nazionalista del LDPR, sulla scena politica da una vita e sempre finito all’ombra dei primi due partiti. Il suo risultato, al 5.68% è bel al di sotto delle previsioni che lo davano tra il 7-8% e soprattutto ben al di sotto del risultato del suo partito alle elezioni alla Duma, dove il Ldpr aveva conteso il secondo posto, e diversi seggi in più, al partito Comunista, conquistando il 13.14%.

Menzione a parte meritano i candidati liberali, spesso sostenuti a gran voce al di fuori dei confini della Russia. Il fondatore di Yablako, Grigory Yavlinsky, ha ottenuto soltanto l’1.82% dei consensi, mentre la ex show girl Ksenia Sobchak, la Claire Underwood russa, ha ottenuto l’1.65%. La giovane neo politica, dopo aver tentato un approccio elettorale con il blogger Navalny che invece l’ha respinta accusandola di essere una creatura di Putin, si è lanciata in una campagna elettorale modello Usa, con bandierine sempre sventolanti, pianti e uno slogan, “contro tutti”, che è tutto un programma. Nelle apparizioni televisive ha più volte accusato il governo per la sua politica estera a suo modo di vedere troppo espansiva ed ha ammonito Putin a tornare sui suoi passi. Tutto ciò non è bastato a conquistare la fiducia dei russi che al contrario confermano di non essere avvezzi a personaggi troppo “poco patriottici”.

Per gli altri candidati, Sergey BaburinBoris Titov e Maxim Suraykin, solo percentuali da prefissi telefonici al di sotto dell’1%.

In fin dei conti possiamo affermare che non c’è stata alcuna sorpresa nelle elezioni russe, se non la conferma che il vuoto che lascerà Putin sarà difficile da riempire a livello politico per Russia Unita. La saga è appena cominciata, nei prossimi anni vedremo gli sviluppi e come si organizzeranno i competitors. Una cosa sembra sicura, viste le prime posizioni dei risultati elettorali: i governanti euro-americani difficilmente potranno vedere un “loro candidato” conquistare il Cremlino.

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